«Le coperture ci sono dal primo giorno, siete voi che non ci credete». Così il premier Matteo Renzi ha risposto ai giornalisti sul Def arrivando all’auditorium dove si svolgono gli Stati generali della sanità. «È da venti giorni – ha poi aggiunto – che sono pronte». Sui tempi del Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio, Renzi ha assicurato: «non faremo mezzanotte, faremo in tempo per i Tg». Piano dismissioni rafforzato a 12 miliardi nel 2014, 6 miliardi alle opere pubbliche. Oggi via anche alla spending review di Palazzo Chigi. Un taglio del cuneo fiscale da 6,6 miliardi nel periodo compreso tra maggio e dicembre 2014. Che tradotto su base annua diventano 10 miliardi in via strutturale. A ribadire le dimensioni dell’operazione di alleggerimento dell’Irpef sui lavoratori dipendenti è Matteo Renzi, al termine di una una giornata dedicata alla definizione del Def e del Pnr in vista del varo previsto per oggi pomeriggio.
Per sciogliere gli ultimi nodi il premier ha avuto lunghi incontri a Palazzo Chigi con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e il commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, concedendosi solo un breve break pomeridiano per una sortita in libreria.
Renzi conferma che la copertura sarà in larga parte garantita dalla spending review con interventi nel 2014 per circa 5-5,5 miliardi che riguarderanno anche la sanità con una stretta fino a 1 miliardo ma assolutamente senza ricorrere a tagli lineari: nel mirino i costi standard e gli acquisti di beni e servizi. Confermato anche il giro di vite sugli stipendi dei dirigenti e manager pubblici con un risparmio di circa 400 milioni: il premier ripete che sarà introdotto un tetto allineato alla retribuzione del capo dello Stato.
Quanto ai circa 1,5 miliardi della fetta mancante della copertura, la dote dovrebbe arrivare dalla maggiore Iva che verrà generata nei prossimi mesi dal pagamento dell’ulteriore tranche di 13 miliardi di pagamenti arretrati alle imprese. Che si andrà ad aggiungere ai 47 miliardi già previsti per un totale di 60 miliardi.
Il decreto che farà scattare da maggio il bonus Irpef da 80 euro medi in busta paga per circa 10 milioni di lavoratori vedrà la luce la prossima settimana. Ma già oggi con l’approvazione del Def e del Pnr verranno messe nero su bianco le linee guida dell’operazione taglia cuneo che si andranno ad aggiungere alla formalizzazione del nuovo quadro macroeconomico. Con una crescita del Pil per quest’anno dello 0,8%, rivista al ribasso rispetto all’1,1% stimato dal Governo Letta. Nel complesso, all’interno di un quadro programmatico in cui viene puntualmente ribadito il rispetto dei target europei, con il deficit che passerà dal 2,6 del 2014 all’1,8% del 2015, il Def indica il ventaglio sia delle misure che diverranno tra breve operative attraverso la manovra sull’Irpef, sia gli interventi potenzialmente attivabili già nell’anno in corso. In primo piano la spending review, con circa 5 miliardi di risparmi da utilizzare a copertura del taglio dell’Irpef. Vi si aggiunge almeno una parte dei maggiori incassi Iva attesi a fine anno per effetto dello sblocco dei pagamenti alle imprese fino a 60 miliardi di crediti commerciali della Pa. Poi la partita del rientro dei capitali, attraverso il meccanismo della voluntary disclosure (in via di riscrittura e da definire entro settembre 2014) da cui potrebbero affluire circa 2 miliardi di maggiori entrate, cui si aggiunge la revisione del trattamento fiscale delle rendite finanziarie, il cui gettito andrà a finanziare il primo intervento sull’Irap. Sulla questione del taglio dell’Irap il sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio, intervenendo al Tg1 afferma che «i provvedimenti partiranno da quest’anno: nell’arco dei 12 mesi ci sarà la riduzione che avevamo previsto».
Tornando alle coperture, un intervento sulla sanità è confermato ma senza tagli lineari. «Io non ne so niente di tagli alla sanità. Se non mi fanno un pacco sorpresa…»: Beatrice Lorenzin ancora ieri sera escludeva (ma non troppo) nuovi agguati, tanto più tagli lineari. Ma la preoccupazione c’era ancora tutta. Anche perché, tramontata la maxi stangata del Mef da 2-2,5 miliardi, sul tappeto c’è sempre quanto meno una stangatina per la spesa sanitaria. Una sforbiciata fino a 1 miliardo per il 2014 sugli acquisti di beni e servizi non sanitari col sistema Consip e costi standard anche sui beni sanitari. Poi (ma solo poi) si punterebbe ai risparmi del “Patto per la salute” con le regioni, che secondo Lorenzin varranno fino a 10 miliardi in 3-4 anni. Tra gli altri interventi, il giro di vite su Difesa, enti inutili, partecipate, incentivi alle imprese e tutte le forniture della Pa.
Una revisione della spesa che dovrebbe garantire altri 17 miliardi nel 2015 e 32 miliardi nel 2016 e che sarà anticipata oggi dalla “spending” in arrivo alla Presidenza del consiglio su input di Delrio. Con una sforbiciata agli uffici e agli stipendi dei dirigenti. Prevista anche la rotazione dei capi dipartimento. E tra i nomi più gettonati per approdare al dipartimento delle politiche economiche c’è quello di Ferruccio Sepe.
Def e Pnr confermano anche che il Governo punta a rafforzare il piano di privatizzazioni che nel 2014 dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 12 miliardi e altri 10-12 miliardi annuo nel 2015 e nel 2016 (lo 0,7% del Pil). Sul versante delle infrastrutture il Def dovrebbe prevedere la destinazione di 6 miliardi l’anno per finanziare piccole e grandi opere. (Il Sole 24 Ore)
Dal primo luglio rendite al 26%. Tetto ai manager, 239 mila euro. Risparmi fino a 5-6 miliardi. Fondo di 4,8 miliardi per le infrastrutture
ROMA — Il governo lavorerà anche questa mattina sulle bozze del Def, il Documento di economia e finanza. Il piano triennale sarà approvato questa sera dal consiglio dei ministri. Obiettivo: conciliare una forte spinta alla ripresa, la «terapia d’urto», con la tenuta dei conti. Palazzo Chigi ieri sera ha fatto filtrare che il taglio della spesa pubblica nel 2014 sarebbe di ben 6 miliardi di euro, una cifra superiore alle attese. Se fosse così — ma al Tesoro frenano e parlano di non più di 5 miliardi — quasi tutto il bonus in busta paga sarebbe finanziato con la spending review . I tagli principali toccheranno la spesa per l’acquisto di beni e servizi, le retribuzioni dei dirigenti, le spese dei ministeri, compresa la Sanità (ma evitando tagli lineari, assicurano) e la Difesa, i trasferimenti alle imprese, la soppressione degli enti inutili.
Cuneo fiscale
Ci saranno gli 80 euro in busta paga come risultato dell’aumento delle detrazioni Irpef per chi ha un reddito fino a 25 mila euro lordi l’anno. Ma visto «l’aumento della povertà» il governo continua a lavorare per un intervento a favore di chi è ha un reddito ancora più basso, i cosiddetti incapienti che restando sotto gli 8 mila euro lordi sarebbero esclusi dagli sgravi, ma servirebbero altri soldi. Per le imprese ci sarà il taglio dell’Irap, del 5% quest’anno e del 10% dal 2015. A finanziarlo l’aumento dal 20 al 26% del prelievo sulle rendite finanziarie (Bot esclusi), da metà 2014.
Dirigenti, tetto agli stipendi
La riforma della dirigenza comincerà dalla presidenza del Consiglio che vedrà una riduzione dei dipartimenti, la rotazione dei capi dipartimento e un taglio delle spese di consulenza. Per tutti i dirigenti pubblici e delle società non quotate è in arrivo una revisione al ribasso del tetto alla retribuzione, dagli attuali 311 mila euro al livello del presidente della Repubblica: 239 mila euro, con una maggiore articolazione della parte variabile legata ai risultati. Gli incarichi dei dirigenti dovrebbero essere a termine. La riforma verrà presentata con un provvedimento di legge tra la fine di aprile e l’inizio di maggio.
Venti miliardi per le grandi opere
Un contributo decisivo alla «terapia d’urto» per la crescita verrà dall’inserimento nel Def del vincolo di destinare almeno lo 0,3% del prodotto interno lordo (4,8 miliardi) alle grandi opere. Secondo il viceministro delle Infrastrutture, Riccardo Nencini, si potrebbe arrivare nel triennio a 18-20 miliardi. Almeno tre miliardi andranno all’alta velocità ferroviaria tra Napoli e Bari. Novità importante anche sulle infrastrutture locali: i comuni dove si sono conclusi i procedimenti autorizzativi potranno aprire i cantieri senza che la spesa venga computata a fini del rispetto del patto di Stabilità interno. In programma anche la riforma del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) e del codice degli appalti per velocizzare le procedure, oltre che del titolo V della Costituzione per superare i veti locali.
Debiti pubblica amministrazione
Ai 47 miliardi di euro già stanziati per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione se ne aggiungono altri 10-15. Viene poi introdotto un meccanismo per evitare che si accumulino altri ritardi nei pagamenti delle nuove fatture, per il rispetto della direttiva europea che fissa in 60 o 30 giorni, a seconda dei casi, il tempo massimo previsto per il saldo. Un intervento che passerà attraverso l’obbligo di registrazione delle fatture e il rafforzamento del sistema per la fatturazione elettronica. Previsto anche l’intervento della Cassa depositi e prestiti per acquistare dalle banche e dagli intermediari finanziari i crediti delle imprese
Privatizzazioni
Il documento del governo fissa poi a 12 miliardi di euro, per quest’anno, il risultato del piano di privatizzazioni. Per il periodo dal 2015 al 2017 si prevede un ricavo di 10-12 miliardi di euro l’anno, pari allo 0,7% del Prodotto interno lordo. Il piano riguarderà anche le ex municipalizzate con l’obiettivo di dare «non solo un ulteriore contributo alla riduzione del debito pubblico, ma anche per portare maggiore efficienza in interi settori dell’economia locale».
Deficit Pil sotto il 3%
Per il 2014 si prevede una crescita del Pil, il prodotto interno lordo, dello 0,8%, leggermente più bassa di quella stimata dal governo Letta, leggermente più alta di quella fissata dalle principali organizzazioni internazionali. Per il rapporto ta il deficit e il Pil, si indica il 2,6%. Secondo il documento del governo l’economia italiana è ancora «fragile» e i risultati della manovra per la crescita si vedranno «nei prossimi due-tre anni». Nessuno sforamento del tetto fissato da Bruxelles al 3%, dunque, anche se il documento sottolinea che «si valuterà con la commissione europea la migliore strategia compatibile con le riforme per garantire la regola del debito e del pareggio strutturale di bilancio». Si cercherà una strada per avere più flessibilità ma senza decisioni unilaterali, e per questo sarà decisivo il secondo semestre di quest’anno, quando l’Italia avrà la presidenza di turno dell’Unione.
Enrico Marro e Lorenzo Salvia – Corriere della Sera – 8 aprile 2014