“Abbiamo dei margini di miglioramento” ma “non ci saranno interventi di riequilibro dalla sanità ad altri settori”. Così il premier ospite ieri notte a Porta a Porta. La spending review complessiva “sarà comunque sotto la responsabilità di Palazzo Chigi”. “Non ci saranno interventi di riequilibro dalla sanità ad altri settori”, con queste parole il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha gettato acqua sul fuoco dopo l’allarme tagli che ha messo in allerta il comparto, le Regioni su tutte, vista la posta in palio (Fsn e Patto per la Salute). Il Primo ministro ha specificato come sia il presidente della Conferenza della Regioni Vasco Errani, che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin gli hanno fatto “notare che la Sanità è un settore in cui aumentando l’età media, deve aumentare necessariamente la spesa”.
Certo, per Renzi “sulla Sanità abbiamo dei margini di miglioramento, non raccontiamo che non è così. La spending review la facciamo, ma i soldi li lasciamo sulla Sanità”. E fa anche un esempio: “Quello che andiamo a levare, ad esempio con la riorganizzazione delle centrali di acquisto (vedi l’acquisto delle siringhe), lo rimetteremo ad esempio sull’Alzheimer”. E sulla Spending review Renzi poi ribadisce che sarà sotto la sua responsabilità: “sarà assegnata a Palazzo Chigi”.
Una affermazione che dovrebbe tranquillizzare gli animi delle Regioni, preoccupate che gli accordi raggiunti fossero disattesi prima ancora di essere messi in pratica e che su questa base hanno frenato la messa a punto del Patto sulla salute. Che ora quindi, se tutto resterà come promesso dal premier, potrebbe riprendere la sua volata verso l’approvazione finale.
Regioni: «No money, no Patto». L’ombra dei tagli, Governatori e ministro all’attacco: i risparmi restino nel Ssn
Il fuoco di sbarramento, dal ministro Beatrice Lorenzin ai governatori, è stato bipartisan: «Giù le mani dalla sanità. Ai tagli ci pensiamo noi col Patto per la salute. E i risparmi li teniamo in sanità, altrimenti non si farà alcun Patto». All’insegna del «no money, no Patto» è ormai guerra di trincea sulla spending review versante sanità. Al di là delle (tiepide) parole spese da Carlo Cottarelli sulla sua prossima “manovra sanitaria”, come delle scarse rassicurazioni fin qui fornite da Matteo Renzi, anche sulla sanità si sta giocando infatti una partita delicatissima per il Governo, stretto tra le tenaglia della Ue e la necessità di far cassa per finanziare la sua «cura shock». Ma anche cosciente che ridurre la spesa per la salute sarebbe come sfiorare i fili dell’alta tensione con gli italiani, tanto più in vista delle elezioni europee.
Di fatto, nonostante finora Cottarelli si sia “limitato” a parlare di tagli ai ricoveri inutili e all’applicazione dei costi standard, rinviando la patata bollente delle scelte al «Patto per la salute», dal Governo nei giorni scorsi sono state fatte balenare ipotesi di lavoro nient’affatto tranquillizzanti per i sostenitori del Ssn. Una ricetta che andava dal recupero dei 2 miliardi per l’abbandono dei ticket aggiuntivi, fino a 6-800 mln in più sui farmaci, ad almeno altri 500 mln sui dispostivi medici. E poi l’intervento sui Lea (livelli di assistenza), naturalmente una spuntatona all’acquisto di beni e servizi con le centrali d’acquisto e un ruolo forte della Consip, passando per le tariffe dei privati, gli sprechi censiti certosinamente, e via dicendo. Qualcosa che fin da quest’anno potrebbe valere 4-5 mld. E naturalmente crescere nei due anni successivi.
Ma non solo. Perché a chiudere il cerchio delle intenzioni ci sarebbe anche la volontà di non lasciare nel Ssn i risparmi. Ma di levarne più di una parte, riducendo il Fondo sanitario che nei prossimi due anni è destinato a crescere di 7,6 mld. Proposta fermata finora. Ma nient’affatto sotterrata. Di qui quel «no money, no Patto» di tutta risposta arrivato a palazzo Chigi dai governatori. Che però non hanno ancora vinto. Anzi.
Il Sole 24 Ore – 14 marzo 2014