Il Ministero della Salute ha emanato lo scorso 3 dicembre una nota con le indicazioni operative per il controllo della peste europea e la corretta applicazione del Regolamento di polizia veterinaria, nota che va ad aggiungersi a quelle già emesse per la Peste americana, per il Nosema e per la Varroa. Al fine di evitare interpretazioni e interventi difformi sul territorio, e per approfondire il significato di alcuni termini utilizzati nel Regolamento di polizia veterinaria, la Direzione generale della sanità animale ha richiesto un parere al Centro di referenza nazionale per l’apicoltura. La nota definisce il “caso” di peste europea ai fini della denuncia all’Autorità sanitaria e indica al Veterinario ufficiale la procedura da adottare nei casi dubbi. La peste europea è una malattia condizionata, che di solito compare nel periodo primaverile e interessa pochi alveari dell’apiario a cui segue una regressione spontanea dei sintomi.
Tuttavia in particolari condizioni ambientali e in funzione di fattori ancora non ben conosciuti, come quelli di natura genetica, la malattia può assumere carattere epidemico, con interessamento di molti alveari nello stesso apiario, un più lungo ed altalenante decorso clinico e possibili ricadute accompagnate a riacutizzazione dei sintomi clinici. Considerato però che nei primi stadi della malattia il decorso non è prevedibile si ritiene necessario un rapido intervento a fini preventivi.
Sulla base di questa premessa si definisce “caso di peste europea” la conferma da parte del Veterinario ufficiale della presenza in apiario di forme cliniche tipiche di malattia (presenza contestuale di covata a mosaico, presenza di larve morte in celle non ancora opercolate di colore opaco grigio, giallo o marrone, covata con odore acido o di putrefazione a seconda dei germi opportunisti che si associano a Melissoccoccus plutonius, batterio non sporigeno, agente eziologico della peste europea.)
Nei casi clinicamente dubbi il veterinario ufficiale, per supportare la conferma clinica, dovrà avvalersi di kit di campo o del supporto diagnostico degli Istituti zooprofilattici (esame colturale eventualmente seguito daindagini molecolari) mentre nei casi di sospetto evidenziati a seguito di segnalazione clinica o sulla base di referti di prove di laboratorio che confermino l’isolamento di Melissococcus plutonius, dovrà effettuare un sopralluogo in apiario al fine di confermare o escludere la presenza di forme cliniche di malattia.
Si ritiene che i controlli debbano esser effettuati prioritariamente negli apiari in stretta vicinanza con il focolaio primario e negli apiari in cui l’indagine epidemiologica abbia evidenziato connessioni a rischio.
Per la cura della Peste Europea non sono disponibili farmaci e la distruzione della covata ammalata o delle famiglie irrimediabilmente compromesse risulta l’unico metodo di lotta e contenimento dell’infezione. Questo termine è da intendersi come “trattamento degli alveari” nel focolaio e non delle “arnie”.
Per le altre famiglie con sintomi clinici ma non compromesse deve essere effettuata la messa a sciame (eliminazione dei favi del nido) associata a sostituzione della regina, aggiunta di api adulte provenienti da famiglie sane, appropriata nutrizione da realizzarsi su famiglie con sintomi in forma lieve, altre pratiche apistiche ritenute dal veterinario ufficiale efficaci per il superamento della malattia.
Nell’apiario in cui saranno adottate tali pratiche il sequestro dovrà durare almeno 9 giorni e comunque il tempo strettamente necessario per consentire la verifica da parte del veterinario ufficiale che negli alveari “con messa a sciame” non vi siano sintomi clinici di malattia nelle larve nate dopo la ripresa della deposizione da parte della regina. Qualora i sintomi clinici dovessero persistere, il sequestro dovrà essere mantenuto fino alla scomparsa dei sintomi clinici.
Qualora si proceda alla distruzione di tutte le famiglie che presentano sintomi clinici tipici di malattia su richiesta dell’apicoltore la misura del sequestro viene revocata una volta effettuata la distruzione delle famiglie.
La nota fornisce anche ulteriori precisazioni in merito all’applicazione della ordinanza ministeriale 7.02.1995 recante norme per la profilassi della varroasi in aggiunta a quelle già emanate con la precedente nota 3975 del luglio scorso. A tale proposito con detta nota è stato definito come “caso di varroasi” la presenza di forme cliniche caratterizzate dalla contestuale presenza di api con varroe in fase foretica, ali deformi e addome piccolo etc.
Occorre però precisare che dette forme cliniche devono essere accompagnate da segni di gravità tali da mettere a rischio la sopravvivenza delle famiglie, nonché essere causa di reinfestazione degli apiari circostanti. Ciò è particolarmente vero negli apiari dove i trattamenti antivarroa non sono stati eseguiti da parte dell’apicoltore ovvero dove questi pur essendo stati effettuati non hanno conseguito la dovuta efficacia.
Nel processo decisionale finalizzato all’adozione o meno delle misure previste dall’ordinanza in questione il veterinario ufficiale dovrà tener conto non solo degli esiti dell’esame clinico con particolare riferimento alla gravità clinica dell’infestazione, ma effettuare anche una valutazione più complessiva sulle modalità di implementazione di tutte le misure di contrasto a questa parassitosi da parte dell’apicoltore.
A cura Sivemp Veneto – 5 dicembre 2013