Il Salvagente pubblica un articolo a firma del veterinario Enrico Moriconi sulle contaminazioni volontarie e involontarie del cibo industriale destinato agli animali domestici. Lo riportiamo come spunto di riflessione. La notizia, proveniente dagli Usa, delle 3.600 segnalazioni di cani ammalatisi dopo aver mangiato delle crocchette, 58 dei quali morti, ha allarmato molto anche in Italia. E stimola alcune riflessioni. Stupisce, ad esempio, che la Fda (Food and Drug Administration), il più grande ente mondiale di sicurezza alimentare, chieda aiuto ai proprietari di animali e ammetta di trovarsi di fronte a una misteriosa epidemia. Per quanto riguarda la causa, anche se le notizie non sono chiarissime e probabilmente non tutto è stato reso pubblico, si potrebbe escludere una forma batterica o virale, perché ci dovrebbero essere sintomi più facilmente catalogabili.
E poi perché si deve presumere che nel ciclo produttivo degli alimenti vi sia una fase di sterilizzazione. L’ipotesi di inquinanti tossici invece apre la strada a pensieri diversi, perché questi possono entrare nella catena alimentare involontariamente o volontariamente. Il caso di un eventuale inquinamento involontario, per un errore produttivo, dimostra le difficoltà che si incontrano per rendere disponibili quantità di alimento sempre crescenti, che richiedono grandi volumi di materie prime di provenienza non sempre certa e sicura. E gli animali partecipano al sistema: da quando è esplosa la richiesta di “pet food”, le quantità sono aumentate in modo esponenziale. La contaminazione volontaria, invece, è un evento più comune di quanto si possa pensare, e periodicamente qualche produttore, ad esempio, utilizza diossine e Pcb, altamente tossici, per aumentare il potere calorico dei mangimi; fenomeno riscontrato più volte anche in Europa. Ancora nell’aprile del 2011 le diossine furono trovate in additivi provenienti dagli Usa destinati ai mangimi per animali. Il desiderio di guadagno facile è alla base dei tentativi di sofisticazione: chi vuole lucrare illecitamente non esita a utilizzare anche sostanze pericolose sperando di sfuggire ai controlli a campione, una tantum, insostituibili (le quantità prodotte non possono essere certo controllate a una a una). Quale ne sia il motivo, la lezione dei mangimi dei cani è la stessa dei prodotti destinati alle persone: la crescita della domanda rende difficile garantire la totale sicurezza dei cibi a fronte di errori o comportamenti illegali e irresponsabili. La sicurezza per i nostri amici a quattro zampe sarebbe la preparazione casalinga del cibo ma, con i ritmi attuali, chi è in grado di farlo? Un altro tipo di alternativa, rispetto alla preparazione familiare, potrebbe essere il rivolgersi ai cibi industriali biologici o vegetariani, questi ultimi adesso disponibili per i cani e i gatti, che dovrebbero garantire una maggiore attenzione nella scelta delle materie prime e nella metodologia produttiva.
autore: Enrico Moriconi Veterinario – Il Salvagente – 10 novembre 2013