Blocco della contrattazione esteso fino al 31 dicembre 2014 con la possibilità di riaprire le trattative però sulla parte normativa dei contratti. Due anni in più di vincolo sul turn over, che terminerà nel 2018. Taglio del 10% degli straordinari (5% per comparto difesa e sicurezza) e dilazione da sei a 12 mesi del pagamento del Tfr ai lavoratori in uscita. Eccole le novità principali in arrivo dalla legge di stabilità 2014-2016 per il pubblico impiego. L’estensione dal 2013 al 2014 del blocco della contrattazione, peraltro già previsto nel Dpr della scorsa estate non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, insieme all’indennità di vacanza contrattuale che nel biennio 2015-2017 resta congelata ai livelli del 2010, produrrà secondo una stima dell’Ufficio studi dell’Aran fatta per il Sole 24Ore circa 5 miliardi di risparmio cumulato.
Il blocco dei contratti viene questa volta esteso a tutte le amministrazioni e gli enti dell’elenco Istat, che comprende anche numerose controllate in house. Anche sul blocco del turn over si prevede una stretta: la manovra precedente nelle amministrazioni centrali lo aveva fissato al 20% per il 2013 e il 2014, al 50% nel 2015, mentre scompariva nel 2016. Ebbene il testo della legge di stabilità prevede invece che per le amministrazioni statali (ad eccezione dei corpi di polizia, forze armate e Vigili del fuoco), università, enti di ricerca, enti pubblici non economici, sarà al 40% per il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017. Solo dal 2018, ogni 100 uscite di dipendenti pubblici potranno essere compensate da 100 assunzioni.
Dal 2014, inoltre, scatta un taglio del 10% del compenso per il lavoro straordinario delle amministrazioni statali, compresa la Presidenza del consiglio, le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, università ed enti di ricerca, che si riduce al 5% per i corpi di polizia, le forze armate ed i vigili del fuoco. Per il comparto Stato si prevede un risparmio di 67 milioni per il 2014. Vengono anche estesi a tutte le amministrazioni e alle società controllate i limiti nel trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici, compresi i componenti degli organi di amministrazione. Altra misura confermata riguarda il pagamento degli integrativi salariali, che saranno garantiti solo per il personale presente negli uffici. Sul fronte delle altre spese si riducono poi del 50% gli onorari spettanti agli avvocati della Pa per il patrocinio reso per le cause favorevoli all’amministrazione, misura che produce 50 milioni di risparmi per lo Stato. Salta, invece, il contributo per il reclutamento del personale tramite concorsi mentre resta il contributo di 50 euro per l’accesso all’esame di stato per gli avvocati e al concorso per la magistratura
Pubblico impiego. Quel taglio pesante non si vede ma c’è
Davide Colombo. Il nuovo blocco della contrattazione per un altro anno e la proroga dello stop al turn over, sia pure a “maglie allargate” fino al 2018, daranno un contributo decisivo all’azione di contenimento della spesa corrente. Un contributo in parte già iscritto nei tendenziali che il Governo ha diffuso con la Nota di aggiornamento del Def di fine settembre ma che vale la pena sottolineare al momento del varo della nuova legge di Stabilità. Il blocco dei contratti, secondo una prima stima dell’Ufficio studi di Aran realizzata per il Sole 24Ore, garantirà nel biennio 2013-2014 risparmi cumulati per circa 5 miliardi. Il calcolo è stato effettuato prendendo in considerazione l’indice Ipca depurato dai prodotti energetici, la cui variazione dovrebbe essere del 2% quest’anno e dell’1,8% nel 2014. Un risparmio maggiore rispetto a quello del biennio 2012-2013 perché questa volta andrà perduta anche l’indennità di vacanza contrattuale. Da quando è iniziato lo stop totale al rinnovo dei contratti, vale a dire dal 2010, i risparmi cumulati salgono così a 11,5 miliardi di euro e nel 2014 i redditi da lavoro dipendente si fermeranno a 161,9 miliardi (10,1% del Pil). Si tratta di un taglio tanto importante quanto invisibile, perché già iscritto nella legislazione vigente, ove non si prevedono i rinnovi contrattuali se non a consuntivo.
Ma il contributo del pubblico impiego non si ferma qui. Il turn over pieno arriverebbe solo nel 2018 stando al testo del Ddl entrato in consiglio dei ministri. Con un decalage che prevede, dopo il blocco dell’anno prossimo, il 40% di possibili nuove assunzioni rispetto ai ritiri per l’anno 2015, che sale al 60% nel 2016 e all’80% nel 2017. Come si tradurrà questo ulteriore filtro ai reclutamenti sulle dotazione organiche complessive? Secondo gli ultimi dati Aran fermi al 2012 sappiamo che dal 2006 il blocco del turn over ha prodotto un calo in termini assoluti di 279.100 dipendenti, con riduzioni di organico medie dell’1,5% sul totale ogni anno. Da qui al 2018 il trend si dovrebbe un poco ridurre, sia perché le facoltà assunzionali sono un po’ più estese sia per effetto della riforma delle pensioni, che impone una maggiore permanenza in organico del personale anziano. Ma simulando un calo tra l’1% e lo 0,5% l’anno, tra il 2013 e il 2017 possiamo immaginare che i dipendenti pubblici si ridurranno di ulteriori 180.763 unità; per un calo cumulato 2006-2017 pari a circa 459.860 addetti. In quell’anno i dipendenti pubblici complessivi dovrebbero aggirarsi attorno a 3 milioni e 176mila unità, contro i 3.635.900 del 2006. A funzioni, servizi e perimetro invariato, la cura dimagrante delle Pubbliche amministrazioni non è da poco. Messa a regime quella manovra bisognerà ora saper affrontare e risolvere il problema del precariato della Pa (122mila addetti, scuola esclusa; 10mila in più del 2007, l’anno della stabilizzazione targato Prodi-Padoa-Schioppa).
La stretta sugli statali. Liquidazione rimborsata a rate e taglio del 10% degli straordinari
Liquidazioni a rate, meno straordinari, tetti alle maxi retribuzioni, stretta sul turn over, regole più severe per gli affitti della pubblica amministrazione. Il settore del pubblico impiego sarà probabilmente chiamato a dare un contributo pesante alla legge di Stabilità. E ieri sera i sindacati, di fronte alla conferma di molte indiscrezioni sui tagli per la pubblica amministrazione, hanno definito inaccettabili le misure prospettate. Eccole, in sintesi. Le linee guida della legge di Stabilità dicono che, in tutto, il taglio della spesa pubblica dovrà valere 16 miliardi. Anche se non è detto che le cose nelle prossime ore non siano destinate a cambiare di nuovo.
Il provvedimento a più ampio raggio, nel senso che interessa tutti i dipendenti pubblici, sarebbe quello del blocco delle contrattazioni fino alla fine dell’anno prossimo, oltre ad un tetto che limiterebbe l’indennità di vacanza contrattuale, quella cifra in busta paga che compensa il mancato rinnovo del contratto. Dunque stipendi fermi ancora per un po’, ma anche congelamento del ricambio: in caso di pensionamento la possibilità di rimpiazzare chi va via verrebbe ulteriormente ridotta. Accorata la protesta di Raffaele Bonanni, segretario della Cisl: «Abbiamo perso 350 mila dipendenti negli ultimi cinque anni perché non si è fatto più turn over». Secondo Rossana Dettori (Fp-Cgil) il mancato rinnovo del contratto, scaduto nel 2009, è costato finora alla categoria dei dipendenti pubblici 7 miliardi, mentre altri 14 si possono riferire alle mancate assunzioni. Diverse sigle che rappresentano i lavoratori dello Stato hanno poi fatto sapere che sarebbe invece necessaria «una proroga per tutelare gli oltre 120 mila precari» . A fine anno, avvertono i sindacati, con migliaia di contratti in scadenza «si rischia la paralisi dei servizi pubblici».
Meno risorse anche per gli straordinari: rispetto ai livelli del 2013, verranno tagliati del 10%, solo le forze dell’ordine e i vigili del fuoco patiranno una riduzione pari al 5%. Altre misure riguarderebbero invece la rateizzazione del Tfr, che verrebbe corrisposto non in un’unica soluzione dopo sei mesi ma in due tranche in capo a 12 mesi se l’importo supera i 50 mila euro. È la revisione di una regola già applicata per ora solo alle liquidazioni che superano i 90 mila euro.
L’intento del governo è quello poi di mettere un limite agli stipendi e agli emolumenti pubblici più in generale: non si potranno superare i 300 mila euro lordi l’anno. E infine si parla di austerity per le sedi: altri risparmi dovrebbero saltare fuori dall’obbligo di scegliere per gli uffici locazioni che non comportino affitti eccessivi per la pubblica amministrazione.
Il Sole 24 Ore e Il Corriere della Sera – 16 ottobre 2013