Lo slittamento di due anni del blocco del turn over nella pubblica amministrazione avrà un impatto sul piano di stabilizzazione dei precari. La precedente manovra aveva fissato il turn over al 20% per il 2013 e il 2014, al 50% nel 2015, mentre scompariva nel 2016. Adesso, per effetto della legge di stabilità, il turn over sarà al 40% per il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017 per le amministrazioni statali (ad eccezione dei corpi di polizia, forze armate e Vigili del fuoco che comunque sfiorano il mezzo milione e valgono il 15% dei dipendenti), università, enti di ricerca, enti pubblici non economici. Le aspettative di precari e giovani vengono gelate – commentano i sindacati – visto che oltre a ridursi il tasso di sostituzione annuale, slitta dal 2016 al 2018 la possibilità di compensare ogni 100 uscite di dipendenti pubblici con 100 assunzioni.
Sui precari della Pa interviene il Dl 101, che dopo essere stato licenziato dal Senato passa all’esame della Camera. A palazzo Madama il presidente Pietro Grasso ha fatto sapere che se il testo dovesse tornare in terza lettura, verrà comunque approvato entro il 30 ottobre per evitare la decadenza. Peraltro, la norma che regola la mobilità per le società in house che saranno riorganizzate o dismesse è stata stralciata, e sarà introdotta in uno dei collegati che saranno varati venerdì dal consiglio dei ministri. Come ha illustrato il ministro della Pa, Gianpiero D’Alia, si prevedono due canali di ingresso: con il primo si consente a chi abbia maturato una professionalità specifica nella Pa di almeno tre anni di partecipare a un concorso di secondo livello, a copertura di un numero limitato di posti. Con il secondo si aprono concorsi liberi a tutti, tenendo conto di quei vincitori delle precedenti selezioni non ancora assunti. Le categorie del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil lanciano una mobilitazione per chiedere una proroga per «gli oltre 120mila precari dalla pubblica amministrazione» e garanzie su un percorso che «sani definitivamente questa piaga, senza dimenticare i vincitori di concorso e la qualità dei servizi offerta ai cittadini». Secondo Rossana Dettori (Fp-Cgil) il decreto «non risolve il problema, solo 3-4 mila persone riusciranno ad avere una risposta». (
Il Sole 24 Ore – 16 ottobre 2013
Stabilizzazioni, il grande bluff
Sindacati messi nell’angolo. Mentre la Stabilità consente di tagliare gli stipendi degli assunti . Solo il 5% dei 120 mila precari pubblici forse ce la farà.
Sarà probabilmente solo il 5% degli oltre 120 mila precari a farcela. In 6 mila a sperare di riuscire ad agguantare il treno della stabilizzazione. Per tutti gli altri resterà la vita precaria per molti anni ancora.
Anzi, per circa 70 mila di loro ci sarà la ricerca di un altro lavoro già a partire dal primo gennaio prossimo, quando i vecchi contratti scadranno. E questo nonostante il decreto legge sul pubblico impiego D’Alia, che ha superato in questi giorni la prima boa della sua conversione in legge con il sì del senato.
A denunciare gli effetti di una legge che era stata salutata come l’avvio di un nuovo processo di stabilizzazione nel pubblico impiego, dopo quello del governo Prodi, sono stati i sindacati del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil. Proprio nel giorno in cui il govnero Letta metteva nero su bianco una legge di Stabilità fatta di altri tagli al settore pubblico.
I paletti fissati con il dl stilato dal ministro Giampiero D’Alia rendono poco praticabile lo sblocco occupazionale nelle amministrazioni, «ci sono migliaia di contratti in scadenza a fine anno, il rischio reale è la paralisi dei servizi pubblici…Serve una svolta vera e non di facciata», accusano i sindacati.
Ma la consapevolezza che gli spazi di intervento di una volta sono oggi pressoché inesistenti è tale che gli stessi sindacalisti ammettono: «Impensabile chiedere di assumere i precari storici», a dispetto, precisa il segretario della Cisl-Fp, Giovanni Faverin, «di quanto detto da chi in parlamento ha fatto una battaglia ideologica contro il decreto».
E concorda Rossana Dettori, numero uno della Flc-Cgil: «Di tutte le nostre proposte, quella concretamente perseguibile è la proroga per tre anni dei contratti in scadenza. Così da dare modo alle amministrazioni di avviare i percorsi di selezione necessari, sperando che la situazione intanto migliori…».
Stretti tra una manovra che non solo blocca gli aumenti contrattuali fino al 2014, ma abroga la certezza per chi è assunto di conservare il proprio stipendio in caso di trasferimento, e la necessità di supportare il governo in nome della stabilità politica come leva contro la crisi, i sindacati non hanno vita facile.
E l’avvio della mobilitazione generale si annuncia come un’arma già spuntata
ItaliaOggi – 16 ottobre 2013