di Stefano Ambu. Una Sardegna con tanti puntini rossi. Non è il morbillo, ma la rappresentazione grafica della diffusione della nuova ondata di lingua blu, la febbre catarrale degli ovini. Non è trasmissibile all’uomo, ma sta seminando morte e distruzione negli ovili. I puntini sono i 2543 focolai registrati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna. 2543 aziende colpite dal morbo secondo le ultime rilevazioni dei veterinari aggiornate al 5 settembre. I casi di malattia confermati sono 869 (intorno allo 0,7 per cento), mentre i sospetti sono 1.764. Più di 5.400 gli ovini morti finora su oltre 770mila capi colpiti dalla blue tongue. La prima epidemia, quella che nel 2000-2001 aveva seminato il terrore nelle campagnei, ma ora la blue tongue è tornata a colpire con la stessa virulenza.
Le zone più colpite. Le province più colpite sono quelle di Nuoro (700 casi), Oristano (670) e Sassari (420). Giusto per rendere l’idea dei disastri già provocati, proprio martedì prossimo sarà discusso dal Consiglio regionale il disegno di legge approvato dalla Giunta un mese fa sui frisarcimenti per le aziende danneggiate. Si parla di 10 milioni di euro per l’indennizzo dei capi morti e per il mancato reddito e aiuti per lo smaltimento delle carcasse.
La prima epidemia, quella che nel 2000-2001 aveva seminato il terrore nelle campagne la ricordano ancora tutti, ma ora la blue tongue è tornata a colpire con la stessa virulenza. Quasi giocando d’astuzia, usando come armi lo spazio e il tempo. Lo spazio perché, l’hanno spiegato bene gli esperti riuniti a Cagliari per fare il punto della situazione in un convegno organizzato dall’Istrituto zooprofilattico nella sala Thun dell’Ospedale Microcitemico, la malattia è rimasta in agguato, come in attesa del momento propizio per colpire. E infatti è spuntata fuori all’improvviso, colpendo a macchia di leopardo: dal Medio Campidano alla Gallura, alla Nurra, all’Oristanese. Toccando tutta l’isola. La distribuzione degli episodi clinici risparmia in parte soltanto le coste del Nord e del Nord-Ovest e la provincia di Carbonia-Iglesias, la meno colpita, dove i casi di malattia che si sono verificati l’anno scorso hanno forse favorito una risposta immunitaria più forte degli animali. E infatti in quella zona, la cartina della Sardegna è piena di puntini gialli: focolai estinti.
Fattori climatici. Ma c’è anche il fattore tempo. «La manifestazione della malattia è avvenuta con caratteristiche originali, perché è emersa contemporaneamente in tutta la Sardegna – ha spiegato il direttore sanitario dello Zooprofilattico, Paola Nicolussi –. L’esplosione dei sintomi a luglio ha anticipato di un mese le attese dei picchi epidemici, che di solito si verificavano ad agosto inoltrato». Un anticipo che, come ha poi spiegato Sandro Rolesu, responsabile del Centro di sorveglianza epidemiologica dello Zooprofilattico, ha complicato il piano di reazione con i presidi immunizzati. «Difficile fare un raffronto – ha detto Rolesu – con l’epidemia degli inizi del Duemila. Al momento stiamo osservando la crescita di questa nuova ondata, con una mortalità che per ora non arriva all’un per cento. Ma per un confronto vero, bisognerà ancora aspettare».
Le analisi. Il pericolo non è mai venuto meno e quindi si combatte. L’Istituto zooprofilattico della Sardegna ha eseguito oltre 37mila analisi per la ricerca del virus e degli anticorpi negli animali, segno di contatto con l’agente patogeno. Dai test di laboratorio è stato accertato che il responsabile della nuova epidemia di lingua blu è il sierotipo 1 (BTV1), già riscontrato in passato, ma circolano anche il 16 e i sierotipi 2 e 4 responsabili delle vecchie epidemie, avvertono i veterinari dell’Izs.
Territorio a rischio. «Il ricorso al vaccino, disponibile per i sierotipi 1 e 8, è indispensabile ma non basta a vincere questa nuova ondata – ha detto Rolesu –. I sierotipi della blue tongue sono 24 e trovano terreno favorevole in Sardegna, dove sono presenti i fattori scatenanti della malattia: l’insetto vettore Culicoides imicola, la circolazione del virus e un patrimonio ovino enormee. Il risultato è che ci troviamo esposti alla circolazione di tutti i sierotipi e all’introduzione di nuovi ceppi delle cosiddette malattie emergenti, favorite dalle alte temperature e dalla globalizzazione dei commerci. Dunque la forma più efficace, insieme alle strategie sanitarie di contrasto già in atto, è sicuramente la riduzione dei fattori di rischio ambientali e la limitazione della densità e del contatto fra insetto vettore e animali».
La Nuova Sardegna – 12 settembre 2013