I dati Inps e Istat: le donne sono più numerose degli uomini, ma hanno assegni più bassi. Quasi 900mila quelli che percepiscono oltre 3mila euro mensili. Le disuguaglianze più marcate al Nord. Due pesi e due misure. I trattamenti delle donne sono più leggeri rispetto a quelli degli uomini. Nel 2011, rileva l’Istat nell’indagine su «Trattamenti pensionistici e beneficiari: un’analisi di genere», il “gentil sesso”, pur rappresentando il 52,9% dei pensionati (8,8 milioni su 16,7 milioni) e più della metà delle pensioni, percepisce solo il 43,9% dei 266 miliardi di euro erogati (il 56,1% è, infatti, destinato agli uomini). Tanto per rendere l’idea, le pensioni medie delle donne sono inferiori del 65,6% rispetto a quelle degli uomini.
Oltre la metà (53,4%) delle donne percepisce meno di mille euro, contro un terzo (33,6%) degli uomini. L’importo medio annuo nel 2011 è stato di 8.732 euro contro i 14.460 euro dei “colleghi” maschi.
Quasi 900mila pensionati con oltre 3mila euro al mese
Ma, sorpresa, l’incubo dei “due pesi e della due misure” si replica – più in generale – nella distribuzione dei redditi pensionistici: se è vero – dati del Rapporto annuale 2012 dell’Inps – che dei circa 15,9 milioni pensionati Inps, il 73% percepisce una sola pensione per un valore medio mensile di 1.196 euro (media tra 876 euro per le donne e 1.486 euro per gli uomini) – e che il restante 27% cumula due o più pensioni con un reddito medio di 1.468 euro al mese – è altrettanto vero che un esercito di quasi 900mila pensionati italiani percepisce un assegno superiore ai 3mila euro al mese. A fornire ulteriori dettagli, in questo senso, è un parametro che viene utilizzato in questo tipo di indagini, il decile.
La prova del decile
L’anno – nel report Istat il 2011 – viene suddiviso in dieci decili. Il primo decile rappresenta il valore del reddito pensionistico medio annuo al di sotto del quale ricade il 10% più povero dell’universo dei pensionati; il nono decile segna il valore del reddito medio annuo al di sopra del quale si colloca il 10% più ricco. Ebbene? I valori più bassi del primo decile, sottolinea l’Istat, si osservano per le prestazioni di natura indennitaria (2.404 euro per gli uomini e 3.275 euro per le donne), mentre i valori più elevati corrispondono alle pensioni di tipo Ivs, invalidità vecchiaia, superstiti (7.193 per gli uomini e 6.089 per le donne), che presentano i valori maggiori anche nell’ultimo decile (35.066 per gli uomini e 25.568 per le donne).
Per le pensioni femminili gli importi più bassi
Il Rapporto dell’Inps suggerisce poi altre chiavi di lettura sulle differenze di genere che contraddistinguono la previdenza: le pensioni di anzianità sono per l’81% maschili con un importo medio di 1.610 euro mensili, mentre le donne ricevono il 63% delle pensioni di vecchiaia da, in media, 578 euro e l’88% di pensioni ai superstiti (589 euro mensili). L’ente previdenziale registra anche una notevole concentrazione di pensioni femminili nelle classi di importo più basso: 57% fino a 500 euro mensili (contro il 33% dei maschi) e 33% nella classe da 500 a meno di 1.000 euro, a fronte del 23% di pensioni maschili. Il rapporto tra donne e uomini non cambia se si guarda ai dipendenti pubblici: gli importi medi delle pensioni dirette variano da 1.611 euro mensili per le donne a 2.212 euro per gli uomini. E i trattamenti al di sopra dei 3mila euro medi mensili sono per la stragrande maggioranza destinati agli uomini. Un indizio non fa una prova. Due però fanno pensare.
Il Sole 24 Ore – 3 agosto 2013