Per ritenersi integrato il mobbing non basta lo “svuotamento delle mansioni”, ma deve essere provato il compimento di atti vessatori ai danni del lavoratore. Lo ha sottolineato la Cassazione con la sentenza 7985/13. Il caso. Un ex dipendente pubblico ricorre per Cassazione contro la decisione della Corte di appello di confermare la legittimità della revoca dell’incarico di responsabile di sezione. Il lavoratore ritiene di aver subito dei danni, sia per la dequalificazione professionale subita che per il mobbing messo in atto dal datore di lavoro. La Sezione Lavoro della Cassazione chiamata a pronunciarsi sulla questione afferma che il mobbing presuppone «l’esistenza» e, quindi, «l’allegazione di una serie di atti vessatori teologicamente collegati al fine dell’emarginazione del soggetto passivo».
Lo svuotamento delle mansioni non basta. In pratica – precisa ulteriormente la S.C. – «non è sufficiente la prospettazione di un mero “svuotamento delle mansioni”, occorrendo, ai fini della deduzione del mobbing, anche l’allegazione di una preordinazione finalizzata all’emarginazione del dipendente».
Fonte: www.dirittoegiustizia.it – 3 agosto 2013