La voragine si è aperta e difficilmente verrà colmata nei prossimi anni. Dopo la perdita per 9 miliardi subita dall’Inps nel 2012 e resa nota nei giorni scorsi, anche il 2013 dovrebbe chiudere in profondo rosso per l’istituto. La previsione è contenuta nella prima nota di variazione del preventivo 2013 a cura del Civ (Il Consiglio di vigilanza) dell’Inps approvata poche settimane fa. Ebbene il Civ stima una nuova perdita per 9,2 miliardi. Se queste stime saranno confermate nei prossimi mesi, l’Inps finirà quindi per cumulare una perdita di 18 miliardi nel biennio 2012-2013. Non solo. Questo trend dovrebbe proseguire inalterato anche nei prossimi anni con le stime di perdite per 10 miliardi all’anno anche nel 2014 e 2015.
Patrimonio a rischio E quindi con l’azzeramento del patrimonio contabile dell’istituto che è ora di 15 miliardi. Tra l’altro le previsioni sono fatte sulla base delle stime macro-economiche contenute nei documenti di economia e finanza del Governo che si sono rivelate assai ottimistiche. L’unica possibilità di invertire il profondo rosso dell’Inps saranno gli effetti della riforma Fornero che spostando in avanti l’età pensionabile dovrebbe vedere calare la spesa pensionistica futura. La riforma comincerà a produrre i suoi effetti pieni dopo il 2015, anche se già nei primi sei mesi del 2013 i nuovi pensionati hanno subito un calo del 38%. Un primo risparmio, ma compensato dalle migliaia di lavoratori finiti licenziati o in cassa integrazione e che quindi non versano più contributi.
La forbice tra entrate e uscite Ed è proprio la forbice tra entrate e uscite, ormai strutturali, a pesare sui conti dell’Inps. Basti pensare che le entrate contributive per il 2013 sono stimate in 213 miliardi, mentre le uscite per le prestazioni pensionistiche saranno di 266 miliardi. Una forbice che accompagna da sempre i conti dell’istituto e che vede lo Stato contrubuire pesantemente con trasferimenti correnti alla previdenza e assistenza che valgono ogni anno una cifra che supera i 90 miliardi.
Il buco strutturale dell’ex Inpdap Ma il buco attuale dell’Inps, al di là delle ragioni strutturali di disequilibrio tra entrate e uscite, si è creato per l’incorporazione dell’Inpdap nell’Inps. La cassa dei dipendenti pubblici è stata fusa nell’Inps a inzio del 2012 e ha portato un virus dentro le casse dell’istituto. Il virus è il deficit permanente della ex cassa pensione pubblica che perde a rotta di collo da anni ed è stata portata nell’Inps per evitarne la bancarotta. Ebbene il passivo di bilancio dell’ex Inpdap è di 7,6 miliardi con un buco patrimoniale per 23 miliardi. Ora con la fusione nell’Inps le perdite e i disavanzi patrimoniali sono stati trasferiti e hanno provocato la maxi-perdita del 2012. E provocheranno anche le perdite future. La storia dell’Inpdap è una lunga teoria di perdite. Negli ultimi 20 anni almeno il saldo tra contributi e prestazioni non è mai stato positivo. Nel 2010 e 2009 il deficit è stato rispettivamente di 16 e 14 miliardi. Se si aggiunge il contributo dello Stato il deficit si riduce a circa 7 miliardi. Meno. Ma sempre perdite sono. La ragione è che i contributi non sono mai stati sufficienti a coprire le spese per pensioni che tra l’altro rispetto al comparto privato sono assai più elevate come importo. Il boomerang del costoso e iniquo sistema di calcolo retributivo è ben descritto dalla gestione dei dipendenti pubblici. Prestazioni che salgono a una velocità ben maggiore della crescita dei contributi. Un dato aggravato dalla crisi economica e dal taglio del numero dei dipendenti pubblici. Fatto sta che se si mettono in fila i bilanci dell’ex Inpdap si scopre che le perdita sono state di ben 110 miliardi negli ultimi 10 anni. Un colabrodo. Con lo Stato che ogni anno interviene a ripianare il buco miliardario.
Ecco tutte le gestioni in rosso Ma non c’è solo l’Inpdap a vivere costantemente in perdita. Molte gestioni confluite negli anni nell’Inps sono perennemente in perdita. Eccole. Il fondo degli ex dirigenti d’azienda, l’ Inpdai , ritornato sotto le ali pubbliche pena il fallimento presenta un disavanzo di ben 3,7 miliardi; l’ ex fondo telefonici è in deficit per 1,2 miliardi; quello degli ex lavoratori elettrici è in rosso per 1,9 miliardi. Infine l ‘ex fondo trasporti perde 1 miliardo. In totale il deficit dei quattro fondi sfiora gli 8 miliardi. Poi sono in rosso anche le gestioni degli artigiani per 5,6 miliardi e quella dei contivatori diretti per 5,5 miliardi. Il paradosso? I giovani salvano gli anziani Tra i pochi fondi in attivo c’è quello dei lavoratori parasubordinati , i giovani essenzialmente che versano contributi e non riscuotono dato che la loro età non è da pensione. Ebbene il saldo attivo è di 8,7 miliardi. Una cifra che copre l’intero disavanzo dei fondi dei dirigenti d’azienda; e degli altri fondi speciali in rosso cronico. Senza l’apporto dei contributi dei giovani lavoratori per l’Inps la campanella d’allarme sarebbe suonata ben prima. Un paradosso, ma non più di tanto in un sistema che per anni ha premiato non gli effettivi contributi versati, ma solo la dinamica delle retribuzioni.
Il Sole 24 Ore – 29 luglio 2013