«Scioperare non vuol dire protestare e basta, significa mettere a disposizione dei decisori politici possibilità di cambiamento». E ci dovranno ascoltare “altrimenti la politica e i partiti del governissimo dimostreranno nei fatti di essere totalmente inservibili”. Così il segretario della Federazione veterinari e medici, Aldo Grasselli, a pochi giorni dalla protesta del mondo medico. «Noi vogliamo aprire una fase di confronto concreto e progressivo, non sulle premesse che sono retorica per convegni, ma sui passaggi tecnici di una road map che ci porti fuori da una crisi sempre più dura che si scarica su cittadini e sui sanitari». E alla politica: «Non si faccia finta di non capire e non si perda tempo».
Grasselli sottolinea come aprire i contratti di lavoro, senza costi aggiuntivi, senza risorse fresche, è una richiesta di buon senso che dovrebbe essere accolta al volo. Anche perché i sindacati stanno spendendo tutta la loro credibilità per tenere in asse il sistema: “Non si faccia finta di non capire e non si perda tempo”.
Dottor Grasselli, perché questo sciopero?
Ogni tanto occorre tornare alle parole che reggono la nostra società, al loro significato più semplice, per rigenerarle e con esse rigenerare la nostra società. Una di queste parole è “diritti” un’altra è “salute”, altre ancora sono “lotte”, “scioperi” “conquiste”.
Con le lotte e gli scioperi i lavoratori hanno ottenuto che la salute fosse un “diritto fondamentale” per la nostra Costituzione, hanno conquistato un sistema sanitario universalistico e solidale e hanno costruito un sistema di relazioni sindacali democratiche esplicitate mediante i contratti di lavoro. Queste conquiste non sono però date per sempre, e se non si presidiano, se non si difendono, andranno perdute. Il nostro sciopero è un momento di consapevolezza delle nostre professioni e da qui si riprende una lotta, si rincalza l’argine dei diritti, si riaffermano principi di cittadinanza e di democrazia. Queste motivazioni fondamentali si coniugano ovviamente con un aggravamento generale della situazione della sanità e del welfare. I problemi sul tappeto sono di una gravità straordinaria e si acuiscono giorno dopo giorno in un quadro di crescente difficoltà economiche e sociali.
Ritiene che uno sciopero unitario delle categorie sanitarie sia un segnale urgente che la politica deve saper cogliere?
La proclamazione di uno sciopero nazionale non è mai un momento di futile e pretestuosa protesta. Uno sciopero è una scelta grave e sofferta che deve essere ascoltata e capita. Uno sciopero di questo livello è sempre il sintomo di un malessere di intere fasce della società, non solo delle categorie che lo hanno proclamato.
Il blocco dei contratti ha sicuramente colpito nel vivo molti lavoratori, ma nel nostro caso si somma ad altri problemi professionali che stanno mettendo a dura prova la qualità è la disponibilità di servizi verso i cittadini che hanno bisogno di cure e di assistenza, servizi sempre più razionati e meno accessibili, tant’è che molti si orientano verso la sanità privata e tanti altri rinunciano a curarsi.
Inoltre è palese che il Ssn si regge sempre di più sul lavoro di una quantità di sanitari precari verso i quali lo stato ha un atteggiamento spaventosamente contraddittorio: sono buoni per lavorare all’infinito senza garanzie contrattuali ma non sono buoni per avere prima o poi un posto di lavoro a tempo indeterminato.
Il blocco dei contratti ci impedisce anche la rimodulazione organizzativa delle strutture delle aziende sanitarie che mancano di strumenti premiali verso le competenze e il lavoro efficiente. Altro che rivoluzione brunettiana: se non si premiano merito ed efficienza si premiano di riflesso demerito e inefficienza.
Cosa vi aspettate?
Abbiamo incontrato il Ministro della salute e gli Assessori regionali, a parte rituali conversazioni sulla difesa della sanità pubblica è uscito poco di concreto e anche le linee di indirizzo non ci sono chiare. Noi vogliamo aprire una fase di confronto concreto e progressivo, non sulle premesse che sono retorica per convegni ma sui passaggi tecnici di una road map che ci porti fuori da una crisi sempre più dura che si scarica su cittadini e sui sanitari.
Ad esempio aprire i contratti di lavoro, senza costi aggiuntivi, senza risorse fresche, è una richiesta di buon senso che dovrebbe essere accolta al volo. I sindacati stanno spendendo tutta la loro credibilità per tenere in asse il sistema, non si faccia finta di non capire e non si perda tempo.
Per quanto riguarda la prevenzione ci sono problemi particolari?
Scioperare non vuol dire protestare e basta, significa mettere a disposizione dei decisori politici possibilità di cambiamento. E qui di cambiamento ne occorre molti. La spesa sanitaria non scende, la domanda aumenta, gli sprechi permangono. Un metodo riconosciuto universalmente valido per ridurre la spesa sanitaria consiste nel non far ammalare le persone. Banale ma drammaticamente vero. Quando però si parla di prevenzione primaria (che non è la diagnostica precoce) sembra di entrare nel campo del lusso e della spesa voluttuaria. Invece dovrebbe essere noto alla politica quanto fa risparmiare e quanto valore genera una sanità pubblica medica e veterinaria orientata all’evidenza anziché alle pratiche burocratiche. Quanto sia importante una politica proattiva di sicurezza alimentare per tutelare i consumatori e le opportunità commerciali delle nostre imprese agroalimentari. Invece il 5% del finanziamento della sanità che la programmazione destina alla prevenzione per metà viene stornato su altri comparti sanitari che splafonano e che spesso rispondono a logiche più spartitorie che sanitarie.
E se le vostre richieste non dovessero essere ascoltate?
Ci dovranno ascoltare. Altrimenti la politica e i partiti del “governissimo” dimostreranno nei fatti di essere totalmente inservibili. Il Governo e le Regioni chi vogliono ascoltare sulla sanità: i sindacati dei medici dei veterinari e dei sanitari o Grillo? A settembre comincerà la stagione dei nostri congressi. Parleremo chiaro ai nostri colleghi. Diremo cosa ci è stato proposto, cosa è stato accolto e cosa invece non abbiamo ancora visto. I conti si faranno in autunno, alla prova dei fatti, dei fatti concreti. Le promesse di questa fase non ci faranno certamente ammainare le bandiere della protesta, rimarremo allertati e mobilitati sino a quando non si vedrà una via d’uscita credibile. E poi si voterà nuovamente, con la consapevolezza di quali parti politiche saranno credibili e quali no.
Quotidiano sanità – 17 luglio 2013