Su Lancet l’esito della maxiricerca condotta su 300mila persone di 9 paesi europei, seguite per tredici anni di fila: la presenza delle polveri sottili tossiche nell’aria delle città fa aumentare drammaticamente il rischio di cancro polmonare, soprattutto per quanto riguarda l’adenocarcinoma. Per l’Italia sono stati monitorati cittadini di Torino, Varese e Roma e la situazione è risultata tra le peggiori d’Europa. Arriva la prima conferma della stretta relazione fra inquinamento atmosferico e tumori del polmone. Il risultato si deve a una ricerca europea pubblicata sulla rivista Lancet Oncology alla quale partecipa anche l’Italia con un gruppo di ricerca dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, guidato da Vittorio Krogh.
Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte nei Paesi industrializzati. Solo in Italia nel 2010 si sono registrati 31.051 nuovi casi. La ricerca mostra che più alta è la concentrazione di inquinanti nell’aria maggiore è il rischio di sviluppare un tumore al polmone. Inoltre dalla misurazione delle polveri sottili, l’Italia è risultata essere tra i paesi europei più inquinati.
Svolto su oltre 300.000 persone residenti in 9 paesi europei, lo studio è il primo lavoro sulla relazione tra inquinamento atmosferico e tumori al polmone che interessa un numero così elevato di persone, sottolinea l’Istituto nazionale dei tumori, con un’area geografica di tale estensione e un rigoroso metodo per la misurazione dell’inquinamento. E’ stato misurato in particolare l’inquinamento dovuto alle polveri sottili tossiche presenti nell’aria (particolato Pm 10 e Pm 2,5) dovute in gran parte alle emissioni di motori a scoppio, impianti di riscaldamento, attività industriali.
Lo studio ha permesso di concludere che, per ogni incremento di 10 microgrammi di Pm 10 per metro cubo presenti nell’aria, il rischio di tumore al polmone aumenta di circa il 22%. Tale percentuale sale al 51% per una particolare tipologia di tumore, l’adenocarcinoma, l’unico tumore che si sviluppa in un significativo numero di non fumatori. Inoltre si è visto che se nell’arco del periodo di osservazione un individuo non si è mai spostato dal luogo di residenza iniziale, dove si è registrato l’elevato tasso di inquinamento, il rischio di tumore al polmone raddoppia e triplica quello di adenocarcinoma.
Le attuali normative della Comunità europea in vigore dal 2010 stabiliscono che il particolato presente nell’aria deve mantenersi al di sotto dei 40 microgrammi per metro cubo per i Pm 10 e al di sotto dei 20 microgrammi per i Pm 2,5. Questo studio, tuttavia, sottolinea l’Istituto nazionale dei tumori, dimostra che anche rimanendo al di sotto di questi limiti, non si esclude del tutto il rischio di tumore al polmone, essendo l’effetto presente anche al di sotto di tali valori.
Il lavoro ha riguardato persone di età compresa tra i 43 e i 73 anni, uomini e donne provenienti da: Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Austria, Spagna, Grecia e Italia. In Italia le città interessate dal monitoraggio sono state Torino, Roma, Varese. Le persone sono state reclutate negli anni Novanta e sono state osservate per un periodo di circa 13 anni successivi al reclutamento, registrando per ciascuno gli spostamenti dal luogo di residenza iniziale. Del campione monitorato hanno sviluppato un cancro al polmone 2.095 individui. (Ansa)
Veneto ammalato di smog «Causa infarti, ictus e diabete»
Dopo la ricerca europea che correla inquinamento e cancro ai polmoni arriva l’allarme degli studi regionali. Gli esperti: «Nord più a rischio»
E’ allarme rosso per la Pianura Padana. Uno studio condotto per 13 anni su 312.944 residenti in nove Paesi europei (Italia inclusa) e pubblicato su «The Lancet Oncology» stabilisce infatti, come scrive il Corriere della Sera, la correlazione tra inquinamento e tumore al polmone. E indica le concentrazioni di polveri sottili: media di 13 microgrammi per metro cubo d’aria in Norvegia, 15/16 in Svezia e Inghilterra, 17 in Danimarca, 20 in Austria, 25 in Olanda e 46/48 in Val Padana. Un pugno nello stomaco, confermato dal fatto che, nonostante il 2013 sia finora un anno piovoso e quindi meno «inquinato», nel Veneto due città abbiano già superato la soglia d’allarme di 35 giornate con 50 microgrammi di Pm10 per metro cubo d’aria: Verona è a 46, Vicenza a 43. In bilico Mestre, con 35 «sforamenti», e Rovigo, con 33. «In effetti stiamo vedendo un aumento di casi di tumore al polmone in soggetti che non hanno mai fumato, abitudine responsabile della malattia — riflette il professor Adolfo Favaretto, dell’Istituto oncologico veneto —. Ma non siamo ancora in grado di stabilire nel singolo paziente il nesso causa-effetto e quindi di dire se l’elemento scatenante sia lo smog. E’ certo che questa neoplasia abbia una maggiore incidenza nel Nord Italia, con un indice per gli uomini di 73 casi per 100 mila abitanti contro i 65 del Sud. Tra le donne, le più colpite, si contano 22 malate su 100 mila abitanti nel Settentrione e 13 nel Meridione».
La patologia citata non è però l’unica scatenata dalle polveri sottili. Diverse ricerche firmate dall’Università di Padova attestano la relazione tra smog e malattie respiratorie e cardiovascolari. «Partecipiamo, con un focus sui territori delle Usl 12 Veneziana, 16 di Padova e 18 di Rovigo, a un protocollo italiano coordinato dal ministero della Salute che prende in esame le città sopra i 200 mila abitanti, per rilevare gli effetti a breve termine dell’esposizione all’inquinamento — spiega il professor Lorenzo Simonato, del Dipartimento di Medicina molecolare —. Le conseguenze finora accertate sono le malattie respiratorie e cardiovascolari. E cioè asma, broncopneumopatie, infarto, ictus, cardiopatie ischemiche, con un rischio di mortalità che aumenta dello 0,30% per ogni 10 microgrammi in più. Più difficile da stabilire la correlazione con il cancro, che ha un tempo di incubazione molto lungo: non si hanno dati validati sulle polveri sottili relativi a 20/30 anni fa. E quindi è arduo collegare un tumore scoperto oggi allo stato di inquinamento di allora». Il professor Semenzato ha guidato un secondo studio, in collaborazione con l’Arpav, il Comune e l’Usl 12 di Venezia, sugli effetti della vita vicino alla tangenziale di Mestre. Il risultato parla di un 12% in più di cardiopatie rispetto alla media, di un 13% in più di infarti, di un 8% in più di bronchiti e di un 14% in più di diabete. Le Pm10 incidono infatti anche sul metabolismo del glucosio, aumentando l’insulino-resistenza.
Altre tre ricerche sono frutto del lavoro dell’équipe del professor Marcello Lotti, ordinario di Medicina del Lavoro nel Dipartimento di Scienze cardiologiche. Una dimostra che Pm10, Pm 2,5 e Pm 0,25 negli ex infartuati alterano l’attività elettrica del cuore (ma ci sono farmaci che possono impedirlo); la seconda certifica l’associazione negli asmatici tra monossido di carbonio e funzionalità polmonare; la terza rileva che l’esposizione personale alle polveri sottili si associa a una peggiore percezione di salute nell’asmatico adulto. «La Pianura Padana è una depressione circondata dalle Alpi, perciò l’aria non circola e le Pm10 si distribuiscono in modo omogeneo indipendentemente dalle fonti di produzione — spiega Lotti —. Padova è una delle città con le più alte concentrazioni e il maggior numero di sforamenti della soglia di allarme, Mestre sta meglio perchè la vicinanza al mare la rende ventilata. Ma gli indici più alti si registrano in casa, dove si fuma, si cucina, ci sono animali: l’esposizione individuale è doppia».
E le istituzioni che fanno per tutelare la salute pubblica? «Abbiamo creato il tavolo delle Regioni della Pianura Padana — rivela Maurizio Conte, assessore all’Ambiente — dopo l’estate avremo dati e quadro completo per studiare azioni congiunte. Nel frattempo noi stiamo erogando incentivi per risparmiare energia sull’illuminazione pubblica, cambiare il parco autobus e passare alla geotermia». (Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto)
11 luglio 2013