Galline ovaiole, nella Legge europea le norme per evitare il procedimento aperto formalmente dalla Ue nei confronti dell’Italia alla fine di aprile con il deferimento alla Corte di giustizia europea. L’articolo 16 del disegno di legge Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013, modifica infatti le sanzioni amministrative di cui all’articolo 7 del Decreto Legislativo 267/2003. L’Italia non ha correttamente applicato la direttiva 1999/74 che vieta le “gabbie non modificate” per le galline ovaiole, pur disponendo di dodici anni per assicurare una transizione morbida verso il nuovo sistema e attuare così la direttiva.
La direttiva 1999/74/CE prescrive che a decorrere dal 1° gennaio 2012 tutte le galline ovaiole siano tenute in “gabbie modificate” con spazio per fare il nido, razzolare e appollaiarsi, ovvero in sistemi alternativi
La piena ottemperanza da parte di tutti gli Stati membri è essenziale per evitare distorsioni del mercato e una concorrenza sleale. La mancata attuazione del divieto di gabbie “non modificate” mette in situazione di svantaggio le aziende che hanno investito per adeguarsi alle nuove misure. Adeguamento costoso che ha comportato anche una contrazione della produzione di uova: in Francia, primo Paese produttore, il taglio è stato del 20%.
Per bloccare la procedura è stato inserito nel Ddl “Legge Europea” (che ha sostituito la Legge Comunitaria) le norme che allineano il nostro Paese alle richieste dell’Europa. La Legge europea ha ottenuto il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni (con prescrizioni non condizionanti il parere) e il provvedimento di legge verrà ora essere presentato alle Camere.
L’articolo 16 (Capo IV Disposizioni in materia di sanità pubblica) della Legge Europea 2013 modifica le sanzioni amministrative di cui all’articolo 7 del Decreto Legislativo 267/2003 che viene sostituito dal seguente:
«ART. 7 (Sanzioni amministrative)
I. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il detentore che viola i divieti di cui all’articolo 3 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.100 a euro 18.600 per ogni unità produttiva trovata non conforme e al divieto di esercizio dell’attività di allevamento nelle medesime unità produttive, fino all’avvenuto adeguamento delle stesse.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il detentore che viola i requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, ad esclusione della lettera b), è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da curo 3.100 a curo 18.600 per ogni unità produttiva trovata non conforme.
3. Nel caso di ripetizione della violazione di cui al comma 2, anche in presenza del pagamento in misura ridotta, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata fino alla metà ed è disposta, a fine ciclo produttivo, la sospensione dell’esercizio dell’attività di allevamento da uno a tre mesi per ogni unità produttiva trovata non conforme, fermo restando che in tale periodo di sospensione dell’attività non vanno computati i periodi di vuoto biologico e di vuoto sanitario.
4. L’Autorità sanitaria competente, valutata la gravità delle carenze riscontrate nel corso dei controlli di cui all’articolo 5, in caso di tempestivo e puntuale adeguamento alle prescrizioni dettate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b), può sospendere l’applicazione delle sanzioni di cui al comma 2. Tale sospensione è automaticamente revocata in caso di ripetizione della violazione e non può essere concessa in caso di recidiva.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il detentore che viola le disposizioni di cui all’articolo 4 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.030 a euro 6.180 e al divieto di esercizio dell’attività di allevamento fino all’avvenuta registrazione, che consegue d’ufficio con spese a carico del soggetto interessato, determinate ai sensi dell’articolo 4, comma 7.
6. Il proprietario o il detentore che viola il divieto di esercizio dell’attività di allevamento di cui ai commi 1 e 5 o la sospensione dell’esercizio dell’attività di allevamento di cui al comma 3 è soggetto alla pena prevista dall’articolo 650 del codice penale, alla revoca, se in possesso, della registrazione di cui all’articolo 4, al ritiro delle uova immesse sul mercato durante i relativi periodi di restrizione. Le uova prodotte in tali periodi sono destinate alla distruzione o all’industria non alimentare.
7. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’adempimento dei compiti derivanti dall’attuazione del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».
15 maggio 2013 – riproduzione riservata