Ha destato preoccupazione l’ultima “beffa” ai danni dei contribuenti italiani sul venir meno dei limiti al pignoramento presso terzi di stipendio e pensione, che in alcuni casi diventano pignorabili al 100%. Il Movimento Difesa del Cittadino lancia una petizione contro l’ennesima norma che aumenta la paura di trovarsi senza la minima garanzia di un reddito da un giorno all’altro. L’Associazione dei consumatori riassume il “combinato” di norme che ha portato a questa situazione: il Decreto Salva Italia (n.201/11) ha imposto l’apertura di conti correnti per l’accredito di somme oltre i 1.000 euro, e dall’altro lato il Decreto semplificazioni (n. 16/12) ha limitato il pignoramento di stipendi, pensioni ed indennità equipollenti a 1/10 per importi fino a 2 mila euro, 1/7 da 2 mila a 5 mila euro ed un1/5 per importi superiori.
Il problema però è che, una volta sul conto corrente, Equitalia o gli altri concessionari per la riscossione, in base alla legge (art. 72 bis dpr 602/1973) possono ordinare alla banca o alla posta di versargli gli importi sino a concorrenza del credito per cui si procede. La conseguenza è che il pignoramento può essere così intero su stipendi e pensioni.
“Alla luce di molteplici episodi che hanno visto gli enti di riscossione al centro di numerose polemiche causate dalle “cartelle pazze” pervenute ai contribuenti – dichiara MDC – e di sentenze che spesso danno torto alle pretese fiscali, gli italiani devono vivere il nuovo incubo di non trovare più sul conto corrente l’intera pensione o lo stipendio. Prosegue l’assedio alle famiglie già piegate da una imposizione fiscale senza precedenti che, dopo aver stremato le partite Iva, sembra volersi accanire sui redditi fissi cercando sempre nuovi strumenti per azzerare le minime garanzie normative esistenti.
I contribuenti non possono continuare ad essere considerati evasori fino a prova contraria e nel contempo privati di ogni tutela”. È tempo di mobilitarsi affinché l’Amministrazione finanziaria ribadisca ai concessionari la necessità di rispettare i limiti della pignorabilità posti dalla legge a tutela della dignità del cittadino e della sua famiglia e non del suo patrimonio. Sul sito www.difesadelcittadino.it è possibile firmare la petizione per contrastare l’aggiramento delle norme e tutelare la dignità dei cittadini contribuenti
Stipendi e pensioni nel mirino
Befera chiede una norma ad hoc per i sequestri bancari. Equitalia può infatti effettuare il pignoramento a saldo, cioè su tutto il conto corrente.
In mancanza di una norma che dia la possibilità alle banche di scorporare dal conto corrente lo stipendio o la pensione dalle altre voci, tutto il contenuto è pignorabile in modo indiscriminato.
A confermarlo il direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, durante le audizioni parlamentari sul decreto pagamenti, che si sono svolte ieri di fronte alla Commissione speciale per l’esame di atti del governo della camera e la Commissione speciale per l’esame di disegni di legge del senato.
Da qui la necessità, espressa da Befera, di «stabilire una regola».In sede di audizione quindi, il direttore smentisce quanto in precedenza dichiarato da Equitalia il 10 aprile scorso.
Quest’ultima infatti, quando interpellata da ItaliaOggi sull’argomento, aveva dichiarato che «Equitalia non può conoscere a priori quello che viene depositato sul conto corrente, però adotta gli eventuali correttivi del caso, in presenza di una richiesta da parte del contribuenti che comprovi che sul conto corrente confluisca solo la pensione, la stipendio o altra indennità».
Un orientamento in questa direzione da parte dell’Agenzia delle entrate viene giustificato dal Direttore stesso, tramite la presenza di una lacuna normativa.
La mancanza di una norma esplicita, che permetta agli istituti bancari di scorporare ciò che affluisce nei conti correnti, fa si che Equitalia debba mettere le mani sull’intero saldo e non solo sul quantum dello stipendio o della pensione.
Sempre in sede di audizione, è stato poi affrontato il tema della compensazione dei crediti commerciali con i debiti fiscali, ovvero la possibilità di utilizzare i debiti delle pubbliche amministrazioni per compensare le somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflattivi del contenzioso tributario.
Ad oggi, in materia di rimborsi d’imposta, il tetto previsto per la compensazione tra crediti e debiti fiscali è di 516 mila euro A questo proposito, il direttore delle Entrate ha spiegato che una volta certificato il credito tramite la piattaforma telematica messa a disposizione dall’Agenzia, nel caso in cui gli enti debitori, come le Regioni e gli enti locali, non versino all’Agenzia l’importo del credito certificato, usato in compensazione, le somme saranno recuperate a carico dell’ente stesso mediante trattenuta dal proprio gettito tributario.
In questo specifico caso poi sarà l’Agenzia a dover comunicare al ministero dell’interno e dell’economia e delle finanze, l’importo dei crediti non recuperati a carico degli enti, affinché i ministeri stessi provvedano a trattenere queste somme dai trasferimenti dovuti dallo Stato agli enti stessi a qualsiasi titolo.
A conclusione del suo intervento, il direttore delle Entrate a poi sottolineato che « L’attuale crisi di liquidità in molti casi ha impedito la definizione della pretesa tributaria derivante dall’attività di accertamento.
In questa ottica il nuovo meccanismo della compensazione, potrà contribuire ad accrescere il ricorso definitori della pretesa tributaria, anche se ad oggi è difficile quantificarne l’entità».
A conclusione del suo intervento Befera ha inoltre evidenziato che nell’esercizio 2012, circa 234 mila contribuenti hanno utilizzato gli istituti dell’adesione e dell’acquiescenza per definire circa 265 mila accertamenti emessi ai fini delle imposte dirette, dell’Iva e dell’Irap.
help consumatori e ItaliaOggi – 18 aprile 2013