Traballano i conti dell’Inps. Il presidente dell’Istituto, Antonio Mastrapasqua ha scritto una lettera ai ministri dell’Economia e del Lavoro, Vittorio Grilli ed Elsa Fornero, esprimendo preoccupazione sui conti dopo l’incorporazione dell’Inpdap, ente di previdenza dei dipendenti pubblici. I minori trasferimenti dalle casse statali, la riduzione dell’avanzo patrimoniale e la contrazione strutturale delle entrate contributive della gestione pubblica, ex Inpdap mettono a rischio la tenuta dei conti e compromettono “la più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico”. Per questo Mastrapasqua ha chiesto ai ministeri vigilanti d’intervenire con ogni utile iniziativa. L’allarme del capo supremo testimonia che la situazione è persino più grave del previsto. La lettera del presidente ai ministri Fornero e Grilli.
Non ci sono solo i debiti verso le imprese. Per molti anni, la pubblica amministrazione non ha versato i contributi previdenziali all’Inpdap, con un buco stimato in 30 miliardi. Che ora, dopo la fusione, si riversa sulla previdenza dei lavoratori del settore privato.
Guardate che l’Inps è messo male, fate qualcosa quanto prima. È il 22 marzo quando il presidente Antonio Mastrapasqua – certo, in termini più gentili – mette nero su bianco il concetto in una lettera ai ministri dell’Economia e del Lavoro, Vittorio Grilli e Elsa Fornero. La storia è in parte nota, ma l’allarme del pluripoltronato capo supremo del più grande ente previdenziale d’Europa testimonia che la situazione è persino più grave del previsto, tanto più che sia Mastrapasqua che Fornero hanno sempre sostenuto in questi mesi che i conti dell’Inps non destano alcuna preoccupazione.
Invece, il nostro comincia la sua missiva – di cui Il Fatto quotidiano è in possesso – riportando alcuni passaggi della relazione della Corte dei Conti sul bilancio preventivo 2012 in cui si sostiene quanto segue: l’inglobamento di Inpdap ed Enpals (rispettivamente l’ente che si occupa degli statali, in perdita per miliardi, e quello che serve i lavoratori dello spettacolo) sta affossando i conti dell’Inps: “Il patrimonio netto… è sufficiente a sostenere una perdita per non oltre tre esercizi” (fino al 2015, per capirci) e il governo continua a tagliare i trasferimenti; se le amministrazioni dello Stato rallentano ancora un po’ i pagamenti avremo “ulteriori problemi di liquidità con incidenza sulla stessa correntezza (sic) delle prestazioni”. Tradotto: rischiamo a breve di non pagare le pensioni in tempo. Conclude Mastrapasqua: “Minori trasferimenti, riduzione dell’avanzo patrimoniale, strutturale contrazione delle entrate contributive della gestione pubblica (ex Inpdap)” stanno mettendo a rischio “la più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico”.
Volendo, si può tradurre l’allarme del presidente Inps nei numeri impietosi – e per di più destinati a peggiorare – del bilancio di previsione 2013 approvato a fine febbraio dal Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps: 10,7 miliardi il disavanzo di competenza; 23,7 miliardi il disavanzo patrimoniale complessivo dell’ex Inpdap; un patrimonio netto sceso dai 41 miliardi del 2011 ai 15,4 previsti per quest’anno; 265,8 miliardi le prestazioni previdenziali da erogare contro un incasso in contributi stimato in 213,7 miliardi (ovviamente al netto delle compensazioni statali). Numeri che, peraltro, dovranno essere rivisti in peggio visto che sono stati calcolati sul Def di settembre, quello che prevedeva una recessione per il 2013 solo dello 0,2%, mentre su quello nuovo c’è scritto -1,3.
Com’è stato possibile tutto questo? Le magagne più grosse, come si sarà capito, sono nel bilancio dell’ex ente degli statali e sono dovute a una sorta di paradosso italiano: la Pubblica amministrazione (tanto locale, quanto centrale) per lunghi anni – e in parte ancora adesso – non ha pagato i contributi previdenziali per i suoi dipendenti. Oltre ai debiti fantasma nei confronti dei fornitori, insomma, ci sono anche quelli dello Stato nei confronti di se stesso: stime non confermate parlano di un buco di almeno trenta miliardi di euro che si riversa di anno in anno, man mano che i lavoratori vanno in pensione, dentro i bilanci ufficiali del nuovo SuperInps.
Roba nota, che però ora interagisce con un nuovo contesto e sta creando una voragine nel sistema previdenziale pubblico italiano. Ecco perché: gli ultimi governi non si sono limitati a tagliare i trasferimenti agli enti, ma tra blocco del turn over e prepensionamenti hanno tagliato anche il numero dei dipendenti statali, cioè di chi – coi contributi – paga l’assegno di chi è già in pensione. Per questo Mastrapasqua chiede a Grilli e Fornero di darsi una mossa, ovvero nel suo linguaggio che “sia opportunamente approfondita e valutata ogni più utile iniziativa”.
“Noi ci eravamo opposti fin da subito all’integrazione tra i due maggiori enti previdenziali”, dicono i sindacalisti dell’Usb, “perché è funzionale al disegno di smantellamento del sistema previdenziale pubblico, avviato con la riforma Dini del 1995 e perfezionato nel tempo, da ultimo con la riforma delle pensioni targata Monti-Fornero”. Per l’Unione sindacale di base, che sta pensando a uno sciopero per denunciare la situazione drammatica dell’ente previdenziale, la faccenda è molto semplice: “La fusione Inps-Inpdap non è utile a rilanciare la previdenza pubblica, ma ad affossarla: hanno semplicemente voluto scaricare sull’Inps (che gestisce i contributi dei lavoratori del privato, ndr) i debiti delle amministrazioni statali”. Chissà se stavolta il ministro Fornero potrà ripetere la secca risposta che diede a ottobre: “La fusione non determina nessun problema sui conti Inps. I dati erano conosciuti”.
La nota dell’Usb
«L’allarme era già stato lanciato dalla Corte dei Conti rispetto al bilancio di chiusura 2011 dell’Inpdap, che presentava un patrimonio netto in passivo di oltre 15 miliardi di Euro, mentre nel bilancio preventivo 2013 dell’Inps il passivo della gestione ex Inpdap è arrivato alla preoccupante cifra di 23,7 miliardi di euro. La magistratura contabile ha inoltre sottolineato che, di questo passo, il patrimonio netto dell’Inps sarà esaurito in poco tempo. Da subito L’Usb si era opposta all’integrazione dei due maggiori enti previdenziali, perché funzionale al disegno di smantellamento del sistema previdenziale pubblico, avviato con la Riforma Dini del 1995 e perfezionato nel tempo, da ultimo con la Riforma delle pensioni targata Monti-Fornero. L’accorpamento dell’Inpdap con l’Inps non è utile a rilanciare la previdenza pubblica ma semmai ad affossarla. Si sono voluti scaricare sull’Inps i debiti delle amministrazioni statali. Il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego e il contemporaneo incremento del numero di pensioni, insieme ai mancati trasferimenti statali, hanno prodotto un passivo della gestione Inpdap che ora pesa sui conti Inps. Oltre a finanziare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese private, il Governo dovrebbe finanziare il pagamento dei debiti tra pubbliche amministrazioni».
Fonti: Il Fatto quotidiano e ItaliaOggi – 13 aprile 2013