Sarà l’estate rovente delle tasse per i contribuenti che, nel giro di due mesi, giugno e luglio, tra saldi, acconti, Imu, Tares, Irpef e Iva dovranno tirare fuori delle tasche in media 1.386 euro, 121 in più rispetto ai due mesi critici dello scorso anno, pari ad un rincaro del 9,6 per cento. Ma l’ingorgo fiscale, che è stato al centro della campagna elettorale, sarà un rogna anche per il nuovo governo. Appena nato si troverà di fronte cittadini infuriati perché dovranno versare allo Stato complessivamente 31,8 miliardi. L’antipasto della stangata siè avuto in questi giorni che girano attorno al fatidico «27» quando si ritira la busta-paga. I contribuenti pagano subito il costo delle più alte imposte comunali e regionali. E senza interventi correttivi è destinata a salire anche l’Iva.
Il contribuente medio, come ha calcolato l’Osservatorio Uil servizio politiche territoriali, considerando una famiglia con due figli e un reddito di 36 mila euro lordi, si è trovato a pagare 68 euro di Irpef, comunale (22 euro) e regionale (46 euro): un rincaro del 13,3 per cento rispetto al 2012 quando la «bolletta» di sindaci e governatori fu di 60 euro medi. La causa? Circa 2.661 Comuni hanno elevato le aliquote e alcune Regioni hanno dovuto rincarare l’addizionale per il «rosso» sanitario.
Il piatto forte tuttavia arriverà il 18 giugno quando si dovrà mettere mano al portafoglio per il secondo anno consecutivo e pagare la prima rata della SuperImu che rispetto al 2012 peserà sulla prima casa il 9,80 per cento in più. L’acconto sarà più caro dello scorso anno perché nel 2012, quando i Comuni non avevano ancora deliberato le nuove aliquote si decise di far pagare l’aliquota base del 4 per mille. Oggi le aliquote ci sono e, a conti fatti, la media è il 4,23 per cento. Di conseguenza l’acconto medio (per la famiglia citata, presa in esame dall’Osservatorio Uil servizio politiche territoriali, con una casa di 80 metri quadrati calpestabili) costerà 112 euro contro i 102 del 2012 (9,8 per cento in più). Stesso discorso per l’Imu seconda casa: l’aliquota media del sistema dei Comuni è salita dalla base di 7,6 per mille all’8,78 e di conseguenza in sede di acconto si pagheranno 368 euro invece di 319: stangata di 49 euro (pari al 15,30 per cento). L’amara sorpresa di quest’anno è la Tares, la nuova tassa sui rifiuti introdotta da Berlusconi e confermata da Monti.
Scatterà, se non sarà rinviata come chiede il Pd, a luglio e costerà addirittura più dell’Imu: la prima rata in media sarà di 152 euro (l’Imu è 112) in pratica il 35,7 per cento in più rispetto alle vecchie Tarsu-Tia. La differenza sta nel fatto che ci sono 30 centesimi al metro quadrato da pagare in più non per i rifiuti ma per i cosiddetti «servizi indivisibili» (illuminazione pubblica, anagrafe, polizia urbana).
Non dimentichiamoci inoltre dell’Iva, il cui aumento è oggetto di rinvii e toppe da tre anni: se non sarà scongiurato, dal 1° luglio passerà dal 21 al 22 per cento con un impatto di 1,8 miliardi. Ciò significa che in un solo mese per la famiglia media ci sarà un costo di 264 euro, 12 in più rispetto ad oggi (e all’estate dello scorso anno). Un costo del 4,8 per cento in più per acquistare molti beni di beni di consumo assai diffusi e popolari.
Estate di fuoco, come al solito, per il saldo dell’Irpef: lo pagano lavoratori autonomi e dipendenti. Lo scorso anno costava 454 euro per la famiglia media: quest’anno per via delle aliquote locali, perché l’Irpef «statale» non è stata toccata, il rincaro sarà del 2,4 per cento (si pagheranno 465 euro).
Totale: l’estate di fuoco porterà in due mesi, in media, un aumento di 121 euro che si vanno a sommare ai 1.265 dello scorso anno e che portano l’assegno del contribuente all’erario a quota 1.386 con un balzo del 9,60 per cento. (ROBERTO PETRINI – La Repubblica)
Tra Imu e Tares lacrime e sangue per famiglie e imprese nell’estate 2013
La voce sta diventando un coro che cerca di scongiurare almeno una delle componenti dell’ingorgo fiscale a cui assisteremo nell’estate 2013. E lo slittamento al 2014 dell’entrata in vigore della nuova Tares (il tributo sui rifiuti che dovrà consentire ai Comuni di coprire integralmente i costi della raccolta e dello smaltimento) ormai arriva all’unisono dal mondo delle autonomie, della politica e dei consumatori e delle aziende di raccolta e smaltimento. Anche perché oltre ai rincari (sino al 25% per le famiglie ma oltre il 600% per gli esercizi commerciali nel passaggio dalla Tarsu alla Tares) la scadenza dei pagamenti per le imposte locali e quelle nazionali creerà tra giugno e luglio un conto decisamente alto. Infatti, a meno di interventi correttivi auspicati ormai a 360 gradi, la Tares debutterà a luglio, subito dopo gli acconti Imu (che quest’anno non si pagherà con le aliquote standard ma con quelle, in genere più alte, decise dai Comuni), Irpef e Ires e in contemporanea con l’eventuale aumento Iva ormai fifficile da scongiurare. Il saldo sarà invece in calendario per fine anno, e anche in quel caso sarà accompagnato nel giro di pochi giorni dalle scadenze Imu, Irpef e Ires.
In questo ingorgo fiscale, la Tares peserà di più rispetto alla Tarsu o alla Tia pagata nel 2012 per due ordini di motivi. Il primo con i rifiuti non c’entra e nasce dalla maggiorazione obbligatoria da 30 centesimi al metro quadrato che i Comuni dovranno applicare per finanziare i servizi indivisibili (dall’illuminazione pubblica alla sicurezza passando per manutenzione delle strade e cura del verde pubblico). I Comuni non potranno decidere sconti su questa maggiorazione, che a livello nazionale vale un miliardo di euro, anche perché queste risorse sono già state tagliate dall’Erario. I sindaci potranno però decidere di aumentare ulteriormente il carico, facendo passare la richiesta da 30 a 40 centesimi al metro quadrato: una scelta che, alla luce delle condizioni in cui si trova la finanza locale e dei tagli aggiuntivi (2,25 miliardi) già previsti dal decreto di luglio 2012 sulla revisione di spesa, potrebbe portare il conto a 1,33 miliardi. Senza dimenticare che la Tares dovrà garantire la copertura integrale dei costi del servizio rifiuti, in base a un parametro che oggi era vincolante solo per i Comuni della Campania e per quelli (1.300 su 8.094) che adottavano la tariffa (Tia) invece della vecchia tassa (Tarsu). In un Comune come Milano, che nel 2012 registrava una “scopertura” del 5,4%, l’insieme dei due fattori potrebbe portare ad aumenti fra il 9 e il 20,5% a seconda degli utenti. (ROBERTO TURNO – Il Sole 24 Ore)
30 marzo 2013