Gianni Trovati. La Corte costituzionale dovrà tornare a occuparsi dell’intricata vicenda sul Tfr degli statali, dopo aver cancellato per illegittimità con la sentenza 223/2012 il tentativo di “riforma” operato con la manovra estiva 2010. A investirla del nuovo incarico è il giudice del lavoro del tribunale di Reggio Emilia, che con un’ordinanza depositata il 5 marzo richiama in causa la Consulta in un ricorso avanzato da 25 dipendenti dello stesso tribunale assistiti dalla Confsal-Unsa (quarto sindacato nella Pa centrale). Il problema nasce ancora una volta dalla “riforma” del 2010, che in realtà costituiva un tassello nel mosaico di interventi per tagliare i costi del lavoro pubblico, ma ne rappresenta un’evoluzione. L’ordinanza del tribunale di Reggio Emilia
Esame-bis alla Corte costituzionale per il Tfr degli statali. La vicenda torna sui tavoli dei giudici delle leggi che, con la sentenza 223/2012, avevano cancellato per illegittimità il semi-allineamento con il trattamento dei dipendenti privati previsto dalla manovra estiva del 2010.
A chiedere alla Consulta di tornare sul tema è il giudice del lavoro del tribunale di Reggio Emilia, che con un’ordinanza depositata il 5 marzo richiama in causa la Consulta in un ricorso avanzato da 25 dipendenti dello stesso tribunale assistiti dalla Confsal-Unsa (quarto sindacato nella Pa centrale).
Per capire il problema, bisogna riassumere le ultime tappe di questa vicenda intricata. Prima del 2010, i dipendenti pubblici erano soggetti a una doppia disciplina: quelli assunti prima del 2001 erano in regime di Tfs, con un accantonamento a carico della Pa (9,6% dell’80% della retribuzione) e una “rivalsa” a carico del dipendente (2,5% dell’80% della retribuzione); quelli assunti dopo seguivano invece le stesse regole dei privati (aliquota obbligatoria del 6,91%, senza “rivalsa”). La manovra del 2010 ha allineato i vecchi assunti della Pa al regime dei privati, senza togliere la rivalsa, e per questo è stata bocciata dalla Consulta in virtù della disparità di trattamento che creava.
Il Governo Monti ha cercato di rimediare con tre commi nell’ultima legge di stabilità (articolo 1, commi 98-100 della legge 228/2012) che hanno ristabilito la situazione precedente; impedendo però il recupero delle trattenute effettuate nel periodo in cui è stata in vigore la manovra 2010 e dichiarando estinti d’ufficio i ricorsi avanzati dai lavoratori per ottenere la restituzione.
Parte da qui la questione di legittimità ora sollevata dal Tribunale di Reggio Emilia, che vede il rischio di vanificare «il diritto del cittadino alla tutela» (articoli 3 e 24 della Costituzione) e un’interferenza della legge con le funzioni giudiziarie (articoli 101-103).
Ma c’è dell’altro: il ripristino tout court del vecchio regime, si legge nell’ordinanza, ri-determinerebbe una disparità di trattamento fra i dipendenti privati (e gli assunti nella Pa dal 2001) e quelli pubblici; fra questi ultimi, poi, lo stop d’ufficio ai ricorsi aprirebbe un’ulteriore disparità fra chi ha fatto in tempo a vincere la causa per la restituzione della trattenuta prima della legge di stabilità 2012 e chi non ce l’ha fatta o non ha neppure presentato il ricorso.
Il Sole 24 Ore – 8 marzo 2013