Nuovo atto sull’anti-corruzione: in diciassette articoli e mille precetti tutti da realizzare, proprio mentre sta ormai per lasciare palazzo Chigi, il Governo lancia un’altra crociata della lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione. Il super regolamento di buona condotta, approvato oggi dal Cdm, coinvolgerà l’universo dei 3,3 milioni di dipendenti pubblici. Ma anche i gabinetti zeppi di consulenti di ministri e assessorati. di Roberto Turno. Il buon travet italiano non potrà mai più accettare (e tanto meno pretendere) regali o sconti che valgano più di 100 euro. Che però potranno valere anche meno, o addirittura di più, fino a 150 euro, se le singole amministrazioni ne avranno il coraggio. E non solo: nessun cadeaux di pari «modico valore» il dipendente pubblico potrà accettare da un subordinato o da suoi parenti fino al secondo grado, né potrà elargirlo al proprio capo. Il Testo
Pena il licenziamento. Ligio al dovere, trasparente nelle pratiche, pronto ad astenersi da procedure d’ufficio nel caso di conflitto d’interessi che tocchino lui e i suoi familiari. Riservatissimo e a prova provata di insider. Questo dovrà essere l’identikit del buon dipendente pubblico. Che non dovrà mai usare telefono, auto blu, internet d’ufficio a fini personali. E, se dirigente, dovrà rendere nota all’amministrazione situazione patrimoniale e dichiarazione dei redditi. In diciasette articoli e mille precetti tutti da realizzare, proprio mentre sta ormai per lasciare palazzo Chigi, il Governo dei professori lancia un’altra crociata della lotta alla corruzione nel corpaccione della pubblica amministrazione.
Anticorruzione, nuovo atto. La nuova puntata della lotta alla corruzione nella Pa – proprio in omaggio alla legge (la n. 190) dell’anno scorso che pure ha rivelato di avere armi spuntate e di non essere all’altezza della gravità di un fenomeno che vale 60 miliardi di euro l’anno – è il Dpr che il Consiglio dei ministri ha approvato oggi. La violazione di queste norme prevede una responsabilità disciplinare. In ogni caso il codice di comportamento individua, «così come prescritto dalla norma di rango primario, le violazioni gravi o reiterate che comportano la sanzione del licenziamento con preavviso».che forse non a caso in questi giorni sta per arrivare sui tavoli del Consiglio dei ministri. Con un titolo che è tutto un programma: «Codice di comportamento dei dipendenti pubblici». Un super regolamento di buona condotta che coinvolgerà l’universo dei 3,3 milioni di dipendenti pubblici. Ma anche i gabinetti zeppi di consulenti di ministri e assessorati.
Sancendo le regole con una fonte legislativa che va oltre quelle dei Codici varati in questi anni. Codici che vengono superati con l’aggiunta di regole spesso nuove e più stringenti, che dovranno essere recepite da tutte le pubbliche amministrazioni. Con una novità clamorosa: l’estensione degli obblighi di condotta anche a tutti i collaboratori o consulenti della Pa, qualsiasi contratto o incarico abbiano, fino ai collaboratori degli uffici «di diretta collaborazione delle autorità polituche». Tutti i collaboratori di ministri o assessori, insomma, dovranno uniformarsi. Non solo i travet, alti o meno di grado.
Stop a insider e conflitto d’interessi. Intanto i principi generali. A partire dal dovere di osservare la Costituzione, naturalmente, e di «servire lo Stato» con «disciplina e onore». Avendo come stella polare i principi di «integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza». Se mai basteranno. E comunque con richiami che vanno dal semplice travet su su, fino ai dirigenti e ai maxi burocrati. Il dipendente pubblico sopra ogni sospetto, così dovrà astenersi «in caso di conflitto d’interessi» che lo riguardino, e che andranno sempre comunicati all’amministrazione. Poi la lotta all’insider nella Pa: «Il dipendente – recita il Dpr – non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni d’ufficio». Non solo: «Evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione». Della quale, per inciso, in pubblico non dovrà mai dir male.
Regali sono di «modico valore». Col capitolo «regali, compensi e altre utilità» (sic) si entra nel vivo dei comportamenti da mettere all’indice. Primo precetto: «Il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità». Non li chiede e neppure li «accetta», ovviamente. Fatti salvi «quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia». Per «modico valore» – chiarisce il Dr – si intende regali e «altre utilità» che «in via orientativa» arrivano a valere 100 euro «anche sotto forma di sconto». Che però con i piani di prevenzione anti corruzione delle singole amministrazioni, potranno scendere anche sotto i 100 euro. O chissà, anche andare oltre: «Al massimo non superiore a 150 euro».
In ogni caso i regali sopra la soglia del «modico valore» legati ad attività d’ufficio, non potranno essere chiesti, né sollecitati, pure sotto forma di sconti o buoni acquisto. Anche da parte di un «proprio subordinato» (coniuge, convivente, parenti e affini fino al secondo grado inclusi) non potranno essere accettati doni eccessivi, né potranno esser fatti al capo, al suo coniuge o convivente. (Il Sole 24 Ore)
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di Lorenzo Salvia. D’accordo i regali, ma senza esagerare. Il Consiglio dei ministri di oggi ha approvato in via definitiva il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, un regolamento previsto dalla legge anti corruzione. Per tutti gli statali sarà vietato «accettare compensi o altre utilità, anche sotto foma di sconto, salvo quelle di modico valore» e «nei limiti delle normali relazioni di cortesia».
La soglia è fissata «orientativamente» a ioo euro con la possibilità per le singole amministrazioni di prevedere un tetto più basso. Regole più severe anche per i telefoni d’ufficio, che potranno essere utilizzati per motivi personali solo per le urgenze. Come per tutti i codici di comportamento anche quello messo a punto dal ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi è una lista di buoni propositi e le violazioni non sono saranno facili da accertare. Ma, almeno in teoria, chi non rispetterà le nuove regole potrà essere sottoposto ad un procedimento disciplinare. E subire una delle sanzioni già previste dalla legge che, sempre in teoria, vanno dal semplice ammonimento verbale fino al licenziamento.
La lista degli obblighi non finisce qui. Lo statale dovrà comunicare la sua appartenenza ad associazioni od organizzazioni e l’amministrazione avrà un mese di tempo per valutame la compatibilità. Sono esclusi dalla lista i partiti politici e i sindacati. Al momento dell’assegnazione dell’ufficio, poi, il dipendente dovrà comunicare i rapporti di collaborazione avuti con soggetti privati nei tre anni precedenti. Sul tavolo del consiglio dei ministri di domani ci sarà poi un altro decreto, che fissa una serie di incompatibilità per i soli dirigenti. Gli incarichi di vertice non potranno essere assegnati a chi ha subito condanne penali anche non definitive per reati contro la pubblica amministrazione, a chi viene da incarichi dirigenziali negli enti privati e nemmeno a chi ha appena lasciato un organo di indirizzo politico, come il governo o le giunte delle amministrazioni locali.
C’è poi da aggiungere l’incompatibilità nel caso in cui il coniuge o i parenti fino al secondo grado abbiano la carica di presidente o di amministratore delegato in enti privati. Paletti severi, questi, che sbarrerebbero la strada ad una serie di incroci familiari oggi del tutto consentiti. Per questo decreto, però, siamo ancora al primo passo, con l’esame preliminare da parte del consiglio dei ministri. Dopo l’eventuale via libera di domani sarà necessario il parere del Consiglio di stato. Poi la palla passerà al nuovo governo. (Corriere della Sera)
8 marzo 2013