Frode con la carne equina, l’Unione Europea ordina il test del Dna nei 27 Paesi dopo lo scandalo. Da marzo sarà varata una serie di indagini a tappeto sui piatti pronti. Una parte delle spese verrà coperta dai fondi comunitari. Obiettivo: garantire che i prodotti a base di carne bovina non contengano carne di cavallo o di altri animali misteriosamente trattati. La Commissione europea ha chiesto a tutti gli Stati membri dell’Unione europea di effettuare dei test del dna sui prodotti a base di carne bovina, nell’ambito di un piano per fronteggiare lo scandalo della carne equina ritrovata in prodotti surgelati pronti. Il piano raccomanderà a tutti gli Stati membri di condurre dei test del dna sui prodotti, la cui etichetta riporta carne di bovino, ha indicato il commissario incaricato della Salute dei consumatori, Tonio Borg, al termine della riunione dei ministri europei a Bruxelles. Il comunicato stampa della Presidenza irlandese del Consiglio dell’Ue
La Commissione ha suggerito – secondo Borg – che i 27 compiano dei controlli riguardanti il “fenilbutazone”, un farmaco veterinario che può essere pericoloso per l’uomo, utilizzato nel trattamento delle carni equine. La proposta, accolta con favore dai ministri presenti al consiglio straordinario, verrà presentata venerdì in una riunione straordinaria del comitato permanente Ue sulla catena alimentare: se la maggioranza darà parere favorevole, allora verrà adottata come raccomandazione della Commissione. Infine verrà presentata al prossimo Consiglio Agricoltura in programma il 25 febbraio.
I test dovrebbero iniziare in marzo, con i primi risultati attesi per aprile. «Una prima fase di test durerà 30 giorni e i primi risultati verranno pubblicati dopo sei settimane», ha spiegato Borg. Tra il primo e il 30 marzo dovranno essere effettuati 4mila test: 2.500 negli Stati membri e 1.500 sui cibi importati nell’Ue.
Considerando il costo del test, 400 euro l’uno, la Commissione è pronta a cofinanziare il 50% della cifra. I test verranno poi protratti per ulteriori 2 mesi e tra le novità messe a punto dalla riunione di crisi tra i ministri di Francia, Gran Bretagna, Romania, Svezia e Irlanda con la Commissione europea c’è anche la proposta che sia ‘Europol’ a coordinare la lotta alle frode alimentare accentrando in un unico organismo tutti i dati a disposizione nei vari Stati membri. I test verranno condotti in maniera proporzionale: gli stati più grandi, ad esempio, dovranno svolgere più indagini, e questo vale anche per l’Italia che è la maggiore produttrice di carne di cavallo.
Intanto, prodotti “contaminati” sono stati trovati anche in Germania. In Gran Bretagna le autorità hanno sospeso la produzione in due centri di produzione in Galles e in Inghilterra sospettati di avere usato carne di cavallo per hamburger “di manzo”, spiedini e kebab destinati a ristoranti fast-food.
Tutte le imprese coinvolte nella lunga catena di produzione dei prodotti contaminati sono sotto accusa, ha dichiarato Borg prima del summit. Il commissario ha difeso le norme europee già in vigore, sostenendo che sono valide e rigorose, ma che spetta alle autorità di ogni singolo Paese accertarsi che siano rispettate. «Il nostro sistema è uno dei più sicuri del mondo – ha detto Borg -. Grazie a questo sistema che permette di rintracciare le origini dei prodotti, le autorità nazionali possono indagare e arrivare alle cause del problema. Possiamo comunque migliorare e rafforzare le regole in vigore». È importante ricordare, ha sottolineato il commissario, che fino a prova contraria si tratta di una questione di frode o di attivitá criminale ma non di salute pubblica.
In Germania il portavoce del ministero dell’Agricoltura ha detto che lasagne di manzo congelate contenenti carne equina potrebbero essere state trovate nel Land del Nordreno-Vestfalia e le autorità hanno subito ordinato che vengano ritirate dal mercato, mentre diverse catene di supermercati tedesche le hanno tolte dagli scaffali per precauzione. Le lasagne provenivano dal Lussemburgo, altro Paese coinvolto insieme a Francia, Romania, Svezia, Olanda e Cipro.
In Gran Bretagna, dove lo scandalo era scoppiato venerdí scorso con l’ammissione da parte di Findus che le sue lasagne congelate contenevano tra il 60% e il 100% di carne equina, i consumi di carne bovina sono crollati del 45%, secondo un sondaggio di Icm per Retail Week. Anche se le autoritá hanno ribadito che non ci sono rischi per la salute, per gli inglesi mangiare carne di cavallo è tabù.
La crisi ha assunto dimensioni tali che è sceso in campo anche il cancelliere dello Scacchiere George Osborne. «Dobbiamo assicurarci di avere controlli adeguati in modo che ogni famiglia sappia esattamente cosa sta mangiando», ha detto. Il premier David Cameron ha assicurato che i responsabili della frode «saranno severamente puniti».
LA NORVEGIA RITIRA I PRODOTTI A RISCHIO – Nel frattempo l’Autorità per la sicurezza alimentare norvegese ha disposto il ritiro dagli scaffali dei prodotti surgelati della Findus etichettati come carne bovina nel timore che, appunto, l’indicazione risulti fasulla. «Surgelati che potrebbero contenere carne di cavallo sono stati esportati in Norvegia», ha comunicato l’autorità: «Tutte le principali catene di supermercati e la Findus hanno confermato all’autorità che i prodotti sono stati ritirati e non sono più sugli scaffali norvegesi». In Norvegia la carne equina è consumata di rado. Nel paese nordico vengono macellati solo 1.500 cavalli all’anno. Sulla stessa lunghezza d’onda della Norvegia si è mossa una delle più note catene di prodotti surgelati francese.
LA SVIZZERA «POSITIVA» – Il gruppo di distribuzione svizzero Coop ha confermato con un comunicato che un’analisi esterna delle lasagne surgelate e ritirate martedì dalla vendita ha trovato tracce di carne di cavallo. Si tratta di un marchio di lasagne prodotte dalla stessa società francese, la Comigel, che ha causato lo scandalo in Gran Bretagna. Comigel, da parte sua, già nei giorni scorsi si era dichiarata vittima e aveva annunciato l’intenzione di chiedere i danni alla Spanghero (francese), che a sua volta aveva diffuso una nota in cui spiegava di non avere nulla a che fare con la «trasformazione dei prodotti», e di aver «sempre agito nel rispetto delle regole».
Il Sole 24 Ore e il Corriere della Sera – 14 febbraio 2013 – riproduzione riservata