Ha una montagna di debiti, la sanità veneta. Esattamente 4 miliardi e 368,2 milioni di euro — per somme dovute a enti e aziende sanitarie pubblici, fornitori, tesoriere, dipendenti, più i mutui passivi —, calcolati al 31 dicembre 2011 dalla Corte dei Conti. Che avverte: sono aumentati del 3,8% rispetto al 2010 e dell’11,2% nel triennio 2009/2011. Le cause? «La sensibile crescita della massa debitoria nei confronti dei fornitori privati, che costituisce più del 65% dell’indebitamento complessivo e che passa da 2 miliardi e 511 milioni del 2010 a 2 miliardi e 896,7 milioni nel 2011». Un balzo di 385,5 milioni in un anno, un +15,4% sul 2010 e un +23,4% nel triennio. E del resto risale solo al marzo scorso la manifestazione di protesta organizzata a Verona dalle aziende creditrici, che lamentano ritardi nei pagamenti da parte delle Usl venete fino a 515 giorni, contro i 30 stabiliti per legge.
Tanto è vero che molte ditte hanno intentato causa per riscutere gli importi avanzati, benchè la Regione si sia impegnata a rientrare almeno nei 100 giorni.
I magistrati contabili fotografano una situazione resa ancora più disastrosa dagli interessi che la nostra sanità dovrà pagare ai fornitori, lievitati da 15,4 a 15,7 milioni di euro. L’altra faccia della medaglia è il crollo del patrimonio netto degli enti del Servizio sanitario regionale (-60,2 milioni). «Tale risultato — si legge nella relazione della Corte dei Conti — è causato oltre che da un fondo di dotazione negativo pari a -484,8 milioni, dallo squilibrio fra le perdite d’esercizio che producono le aziende sanitarie e i ripiani della Regione, parziali e solo monetari. Aumenta infatti di anno in anno lo stock di perdite da esercizi precedenti, portate a nuovo e non ripianate. Questa progressiva erosione del capitale proprio conduce inevitabilmente ad una sempre più pesante dipendenza dal capitale di terzi, con un conseguente aumento di rischio per la tenuta degli equilibri di bilancio futuri». «E infatti il disavanzo programmato 2013 è calcolabile in 270 milioni — annuncia Claudio Sinigaglia (Pd), vicepresidente della commissione Sanità —. Ma la vera preoccupazione è che per la prima volta siamo in rosso con il patrimonio, a causa delle ingenti spese di ammortamenti, di esercizio e relative alla manutenzione degli ospedali. La sanità veneta spende più di quanto produce e non fa che trascinarsi dietro debiti enormi, anche per i ritardi assurdi con cui salda i fornitori. Chiederemo di affrontare in commissione un problema che mette a repentaglio l’intero sistema».
In effetti hanno un patrimonio netto negativo 14 aziende su 24, cioè le Usl di Belluno, Arzignano Vicenza, San Donà, Venezia, Mirano, Chioggia, Cittadella, Padova, Rovigo, Verona, Legnago e Bussolengo, oltre all’Azienda ospedaliera di Padova. Le più indebitate sono l’Azienda ospedaliera universitaria di Verona (446,7 milioni da versare, di cui 361,8 ai fornitori, con un aumento dell’86,5% rispetto al 2010), le Usl di Venezia (429,9 milioni, di cui 347,9 ai fornitori), Vicenza (273,5 totale e 189,6 ai fornitori), Verona (349,5 generale e 218 ai fornitori), Padova (332,5 e 203,5 milioni), Treviso (230,7 e 134,4) e l’Azienda ospedaliera della città del Santo (429,9 e 265,8). Tutto ciò induce la Corte di Conti a «ribadire la necessità dell’immediata attuazione delle misure previste nel nuovo Piano sociosanitario (la riduzione della rete ospedaliera e il potenziamento dell’assistenza territoriale, ndr), unitamente a una sempre più penetrante azione di controllo e monitoraggio, peraltro già avviata dall’amminisrtrazione». Va però detto che nel 2011 le risorse assegnate alla aziende sanitarie dalla Regione sono scese da 7 miliardi e 895 milioni a 7 miliardi e 857 milioni, che a chiusura dell’esercizio 2011 il Veneto vantava dallo Stato un credito di 186,6 milioni e che il disavanzo nel risultato di esercizio complessivo è stato di 330,5 milioni, contro i 431,7 del 2010 e i 522,3 del 2009.
Però non passa inosservato il passivo di 31,4 milioni tra proventi e oneri finanziari, con il 78% delle perdite concentrate nelle Aziende ospedaliere di Padova e Verona. Le realtà messe meglio sono invece le Usl di Pieve di Soligo, Asolo, Bassano, Este, Bussolengo, Treviso e Arzignano. Ma dove vanno a finire i soldi, oltre che per l’acquisto di presidi sanitari? Aumentano le spese per le convenzioni con i medici di base (+4,3%), i premi di assicurazione (+40%), per riscaldamento (+21,6%) ed elettricità (+21,4%), ma scendono i costi per l’acquisto di prestazioni dai convenzionati (-9%), la farmaceutica (-9,4%), la formazione, le consulenze esterne (-3,9%) e gli acquisti di beni non sanitari (-5,1%). Nella gestione finanziaria la situazione più critica rimane quella dell’Usl 12 Veneziana: rappresenta da sola quasi il 70% del saldo complessivo regionale.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 5 febbraio 2013