Un esborso dalle casse statali a quelle dell’Unione europea, pari a 4,4 mld di euro. Di cui solo 2,537 mld risultano «teoricamente recuperabili». A tracciare il costo della «cattiva gestione delle quote latte» a carico dell’erario è stata la Corte dei conti – sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato. Ieri, la magistratura contabile ha diffuso una nota, che fornisce finalmente un quadro chiaro di quanto sia costata al contribuente la partita delle multe. Per la Corte dei conti, «già oggi è imputabile ai produttori, secondo Agea, la minore somma di 2,263 mld di euro». Di questa fetta rilevante, però, «il recuperato effettivo è trascurabile». Di più: «Con un importo così ingente di prelievi non pagati dai produttori eccedentari per tanto tempo l’obiettivo della legislazione Ue è ben lontano dall’essere raggiunto».
Il che produce gravi alterazioni di mercato, «a causa dello sleale confronto tra aziende rispettose della normativa e aziende la violano». La Corte attacca anche il legislatore: «Al persistere nell’emanazione di norme dilatorie (…) e provvedimenti inopportuni, che . continuano ad alimentare le aspettative dei produttori, tese alla remissione del loro debito», si legge nella nota della magistratura contabile, «si è aggiunta una prassi amministrativa non solerte nell’attività di recupero; cosa che si è manifestata nel ritardo dell’avvio delle procedure, nel procrastinare la data limite per la presentazione delle istanze di rateizzazione, nella sospensione prolungata delle riscossioni, nell’indugio nell’adozione delle azioni per il recupero delle ulteriori quote concesse agli allevatori inadempienti e nell’interpretare le disposizioni vigenti sempre a vantaggio dei produttori ecce-dentari». Ne è conseguito che «il complesso del debito è stato detratto dalla commissione Ue dagli anticipi mensili assegnati all’Italia in attuazione della Pac», originando «corrispondenti anticipazioni da parte della Tesoreria statale per mettere a disposizione degli aventi diritto le risorse dovute». Tirando le somme, l’esposizione dello stato, «attribuibile al mancato versamento del prelievo supplementare» ammonta, «a febbraio 2012, a 1.693 mln di euro». Così, chiude la Corte, «a meno che non vengano intraprese forti e decise iniziative di recupero presso i produttori inadempienti» resterà un bel cratere in bilancio. (ItaliaOggi)
La ricostruzione della Corte dei conti. Quote latte, debito-ombra da 1,7 miliardi
II caos italiano sulle quote latte ha prodotto un «debito sommerso» a carico del bilancio dello Stato, che secondo le rilevazioni più recenti viaggia poco sotto gli 1,7 miliardi di euro. Parola della sezione centrale di controllo della Corte dei conti, che nella delibera 20/2012 diffusa ieri torna sulla vicenda del mancato recupero delle multe a carico degli allevatori fuori linea con le quote di produzione e disegna un quadro di responsabilità che insieme agli agricoltori “ribelli” coinvolge la politica che li ha “assecondati” e l’amministrazione che ha mostrato enormi inefficienze. Il difetto, spiegano i magistrati contabili, è nel manico, perché il meccanismo delle quote latte è il frutto della «difficoltà nel tutelare gli interessi nazionali in sede diplomatica» quando nel 1984 furono fissate le regole del «mercato unico del latte» (il ministro dell’agricoltura era Filippo Maria Pandolfi. Fino al 1995/1996 le multe furono assunte direttamente dall’Erario, che secondo la ricostruzione della delibera ha pagato 2,54 miliardi di euro.
Dopo, però, non è cambiato molto, dal momento che le mancate riscossioni delle multe europee valgono in base ai dati dell’Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, altri 2,3 miliardi. Risorse che, con il passare del tempo, vedono ovviamente scendere le loro possibilità di recupero. Ma oltre alla «grave alterazione del mercato» prodotta dalla «sleale competizione» fra aziende che rispettano tetti ed eventuali multe e produttori che invece se ne disinteressano, i buchi nella riscossione hanno determinato un debito pubblico-ombra da quasi 1,7 miliardi. L’origine è nel meccanismo a catena ricostruito dalla Corte dei conti: le multe sono trattenute in automatico dall’Unione europea che le detrae dalla dotazione degli aiuti destinati alle aziende italiane nel nome della politica comune. L’Agea, quindi, si trova a dover versare a chi ha diritto agli incentivi risorse che l’Europa non versa all’Italia, e di conseguenza attiva una serie di anticipazioni da parte della tesoreria statale. Secondo gli ultimi dati, l’anticipazione si attesta appunto a 1.693 milioni di euro, che secondo l’analisi dei magistrati contabili hanno poche speranze di essere recuperate. L’ultima legge di stabilità è tornata a occuparsi del tema riaffidando a Equitalia la riscossione che la «disposizione incomprensibile» (se non si considerano le ragioni politiche) del 2009 aveva sottratto all’agente nazionale riesumando per il recupero delle multe le procedure farraginose scritte in un Regio decreto del 1910. Il rischio, però, è che ormai sia troppo tardi, con il risultato che «lo stallo delle procedure conduce a una probabile traslazione dell’onere finanziario dagli allevatori inadempienti alla generalità dei contribuenti».
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 30 gennaio 2013