In apparenza è una questione di lana caprina, nella realtà è una mina vagante che rischia di far deflagrare la più importante legge approvata fin qui dalla maggioranza di Luca Zaia, ovvero il Piano socio-sanitario del Veneto. In ballo c’è il ricorso alla Corte Costituzionale contro due articoli voluti dal consiglio, osteggiati dalla giunta e infine approvati grazie ad una maggioranza trasversale Pdl-Pd a dispetto della Lega. Il primo stabilisce il parere vincolante della V Commissione sulle schede di programmazione territoriale e ospedaliera, il successivo attribuisce all’assemblea dei consiglieri la nomina del direttore generale della sanità previa indicazione da parte del governatore.
Ebbene, da fonti ufficiose si apprende che la Consulta sarebbe orientata ad accogliere l’impugnazione di entrambi i punti.
Tanto da indurre il giurista Mario Bertolissi (l’avvocato di fiducia dell’esecutivo) a consigliare una revisione del testo agli amministratori regionali: oggi stesso a Venezia è stata convocata una riunione sull’argomento, ne discuteranno Zaia, il suo vice Marino Zorzato, il presidente della commissione Statuto Carlo Alberto Tesserin e il segretario generale alla programmazione di Palazzo Balbi Tiziano Baggio.
Sul fronte delle schede, lo scoglio è rappresentato dalla loro stessa natura: sono strumenti di programmazione o di gestione? Nel primo caso competerebbero al Consiglio, viceversa sarebbero di pertinenza della Giunta. In entrambe le eventualità, il parere vincolante della commissione V (sanità) appare ingiustificato e insostenibile.
Ancora più intricato, e potenzialmente paralizzante, il secondo capitolo controverso, quello che investe la nomina del direttore della sanità. Stavolta la norma del Piano è in aperto contrasto con il dettato dello Statuto che divide nettamente ruoli e compiti della dirigenza del Consiglio e della Giunta, vietando ogni commistione tra iniziative dell’autorità legislativa e dell’esecutivo. Ma a chi deve rispondere un manager designato dal governatore e votato però dall’aula? La questione non è astratta ma estremamente concreta: il vizio costituzionale – adombrato dall’autorevole Bertolissi – potrebbe invalidare gli atti compiuti e pregiudicare la stessa legittimità del Piano.
Morale della favola: occorre una modifica del testo legislativo, auspicata dallo stesso direttore generale Domenico Mantoan: il suo mandato scade il 28 febbraio ma a prescindere dalla (probabile) conferma nell’incarico, diventa urgente indispensabile metterlo in condizione di operare: il comparto sanità – 9 miliardi di spesa annua – non consente zone d’ombra nella certezza del diritto.
di Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova – 30 ottobre 2012