«Ci saranno tagli e accorpamenti nei reparti ospedalieri ma ad ogni chiusura corrisponderà l’attivazione di un presidio medico sul territorio: l’obiettivo è razionalizzare le risorse per garantire ai veneti la continuità delle prestazioni sanitarie su standard elevati». All’indomani del riparto regionale che ha stanziato otto miliardi alle Ulss, l’assessore Luca Coletto guarda avanti. Sa che dietro l’angolo incombe la madre di tutte le riforme, cioè la ristrutturazione del circuito degli ospedali, una partita che coinvolge interessi poderosi il cui primo assaggio si avrà venerdì, al vertice di maggioranza che riunirà a Padova i big della Lega e del Pdl. Coletto è un veronese di fede tosiana ma nega che a telecomandarlo sia il sindaco-segretario lighista.
«È una barzelletta, sul riparto non mi ha detto una parola e io, al contrario di altri, durante la seduta di giunta non mi assento per ricevere direttive o benedizioni dall’alto».
Altro sassolino: le Ulss sono 21. Tante. Troppe. Il governatore Zaia vorrebbe ridurle a 7 ma l’assemblea veneta ha sonoramente bocciato la riduzione del loro numero proposta da Pietrangelo Pettenò (Sinistra) e condivisa dal capogruppo “padano” Federico Caner. «Forse abbiamo affrettato i tempi ma la prospettiva era corretta, intendo perseguirla cercando un ampio consenso», rivela l’assessore. «Quello dei confini delle Usl è un problema che non esiste né interessa ai cittadini», fa eco a distanza Leonardo Padrin, il presidente della commissione sanità. Unico baluardo pidiellino a uno strapotere leghista altrimenti senza rivali, Padrin attende di conoscere le cifre esatte del riparto (ancora soggette a limature) ma esprime fin d’ora una critica di merito: «Io credo nella democrazia sanitaria e questa si traduce nell’eguaglianza di diritti per i cittadini. È inaccettabile che in Veneto la forbice della spesa annua procapite spazi ancora da 2 mila a 1300 euro, questo squilibrio va corretto eliminando gli sprechi che assorbono risorse in eccesso a scapito di chi amministra in modo virtuoso». L’allusione corre alle “specificità territoriali” (montagna, laguna, Polesine) ancora una volta privilegiate? «Riguarda tutti. Il punto è questo: vanno finanziati i bisogni e i servizi necessari non la spesa storica. E tutto va documentato a priori, basta con i pagamenti a piè di lista».
Ma esistono margini consistenti di risparmio? «Nel Veneto l’attenzione all’equilibrio finanziario è prassi consolidata», commenta Daniele Donato, direttore sanitario dell’Ulss di Padova, una delle più popolose d’Italia «oggi credo che potremo conseguire ulteriori economie nella spesa farmaceutica, accentuando la scelta di privilegiare il ricorso ai medicinali “equivalenti” con brevetto scaduto e perciò più convenienti». Ma il peso dei tagli si avverte? «Nelle prestazioni erogate ai cittadini direi proprio di no. Specialistica ambulatoriale, ricoveri, servizi di protesi e assistenza domiciliare sono rimasti inalterati. Abbiamo agito sul fronte della riduzione dei costi correnti improduttivi e continueremo a farlo». Sullo sfondo, ma neanche tanto, la rivalità Padova-Verona. In ballo c’è il primato medico nella regione (ma non solo) e l’ultimo braccio di ferro riguarda le malattie metaboliche rare, con i due centri ospedalieri che si contendono il servizio di screening neonatale di massa.
Il potente Flavio Tosi sostiene gli scaligeri, l’abile Padrin ha a cuore i padovani. E Coletto? «A chi mi rinfaccia i natali veronesi, rispondo che abbiamo stanziato 3 milioni per la ricerca al centro di Padova e 300 mila euro a quello di Verona», fa sapere l’assessore. Che ieri ha incontrato primari pediatrici, direttori generali e associazioni per dirimere la contesa. Conclusione? «È stata costituita una commissione incaricata di una relazione scientifica sulla questione. A settembre ne prenderò visione e assegnerò lo screening».
Il Mattino di Padova – 2 agosto 2012