Verona pigliatutto. Gli esempi si sprecano, soprattutto se si parla di sanità, ma la sintesi ultima è che Flavio Tosi, in un contesto che parla di grave crisi economica e di ridefinizione degli equilibri politici, sta giocando da protagonista assoluto le partite strategiche che attraversano il Veneto. Anticipatore del pragmatismo leghista, il sindaco di Verona sta spostando l’asse regionale verso ovest. Qualcuno, e non senza ragioni, già vede in riva all’Adige il nuovo “centro di gravità” del Veneto: che si parli di sanità o di eccellenze universitaria, di fiere o di logistica, di enti lirici o di finanza, l’ago della bilancia regionale si sposta sempre più spesso verso la meno veneta della sette province. L’ultimo caso, quanto mai evidente, parla dell’apertura di un nuovo ospedale a Valeggio sul Mincio.
Un centro di addestramento, in realtà, al posto di un ex ospedale mai terminato, una delle incompiute venete. Servirà a formare chirurghi, anestesisti, ortopedici, medici e operatori dell’urgenza ed emergenza, tecnici e infermieri professionali del sistema sanitario regionale. La commissione regionale sanità ha dato il via libera su una delibera della Giunta veneta approvata con la sola astensione di Massimo Giorgetti. Tutto questo mentre la politica di revisione della spesa sui conti pubblici dettata dal governo Monti imporrà allo stesso esecutivo guidato da Luca Zaia la riduzione di circa 3.500 posti letto (tra pubblici e privati) tra le province di Venezia, Rovigo, Verona e Vicenza. Qualcuno giura che, alla fine, Verona ne uscirà indenne.
«Le schede scioglieranno i nodi gordiani» assicura, invece, il presidente della commissione sanità Leonardo Padrin, «si taglierà quello che si deve tagliare». Intanto Verona si gode il primato regionale quanto al numero di strutture di ricovero presenti nel suo territorio provinciale. «Certo il policlinico universitario scaligero è un’eccellenza» commenta Massimo Malvestio, avvocato e autore del riuscitissimo ritratto della decadenza veneta Mala gestio. «Ma poco eccellente è la difesa, a spada tratta, degli ospedali di periferia. Vogliamo parlare di Caprino o di Malcesine, punto di riferimento nazionale per la lotta contro la poliomelite. L’ultimo caso è datato 1972».
Eppure la difesa «del territorio» alzata da Verona e da Tosi non mostra, fin qui, falle. Le spiegazioni si sprecano, figure di spicco del Pdl parlano di alleanza nella sanità tra Tosi e Galan. Una prova starebbe anche nell’ultima campagna elettorale del sindaco di Verona, che ha visto Davide Bendinelli (Pdl) schierarsi pro-Tosi. «Il futuro del Veneto è nelle persone come Bendinelli» il commento di Galan.
Sempre in ambito sanitario, vanno ricordate le battaglie aspre e spesso vincenti condotte dal sistema Verona per quanto riguarda le scuole di specialità mediche. Certo, l’Università di Padova, con ogni probabilità, ci ha messo del suo, ma sommando gli esiti del tiro alla fune tra atenei per Cardiochirurgia, Reumatologia, Dermatologia e ancora i posti e gli assegni legati a Medicina di comunità e Biochimica clinica non ci sono dubbi su chi abbia avuto la meglio sottraendo lustro e contratti all’eccellenza medica padovana.
Discorso analogo, anche se con contendenti in parte differenti, può essere tranquillamente fatto se si mettono sotto la lente gli enti lirici regionali, Fondazione Arena e La Fenice. La tradizione e la storia veneziana messa in discussione, quanto a rilevanza nei trasferimenti del Fondo unico per lo spettacolo, dal dinamismo scaligero. Altra prova di come il sistema Verona-Tosi funzioni. «Tosi, a Verona, raccoglie l’eredità e l’impostazione di fondo data da Zanotto che in dieci anni ha fatto cose formidabili» ribatte Malvestio.
Tant’è. La finanza bianca continua a tessere le sue trame anche se un po’ sfilacciate dalla crisi e Tosi si mette in gioco da protagonista nelle partite che contano. «Noi siamo prontissimi a collaborare con tutto la regione: farsi i dispetti all’interno del Veneto sul fronte delle fiere non è utile dato che abbiamo una concorrenza feroce con Milano e in prospettiva anche con Roma. Se la Regione vuole fare la cabina di regia nella consapevolezza che la fiera più grande del Veneto è a Verona, una volta stabilito chi è il pivot della situazione, può essere una operazione intelligente».
In quelle dove “rischia” di non giocare in attacco, come in quella per l’aeroporto Catullo, fin qui ha però preferito guardare fuori dal Veneto. Venezia-Treviso, con Save, è polo aggregante.
Matteo Marian – Il Mattino di Padova – 14 luglio 2012