Una mini-deroga alla riforma Fornero, vincolata a penalizzazioni dei trattamenti pensionistici, per favorire l’uscita degli statali, a cominciare dai dirigenti, vicini alla soglia dei 60 anni di età. È una delle ultime opzioni allo studio dei tecnici del Governo per arricchire il pacchetto pubblico impiego che sarà inserito nel decreto sui tagli alla spesa. Il provvedimento dovrebbe essere varato lunedì pomeriggio dopo i due incontri mattutini già fissati con le parti sociali e le Regioni. Per il pubblico impiego sul tavolo la riduzione degli organici che dovrà essere del 20 per cento per i dirigenti e del 10 per il resto del personale. I dipendenti che risulteranno in soprannumero potranno essere riassorbiti oppure pensionati con le regole precedenti alla riforma Fornero. Leggi anche Caccia allo statale sull’Espresso
Ma in questo caso la liquidazione sarà loro riconosciuta solo al conseguimento dei nuovi e più e più stringenti requisiti. Per coloro che non potranno essere salvati con queste soluzioni scatterà la messa in mobilità e dopo due anni la risoluzione del rapporto di lavoro. È confermato fino al 2014 ed esteso a tutta la pubblica amministrazione il vincolo in base al quale la spesa per nuove assunzioni non potrà superare il 20 per cento di quella sostenuta per i dipendenti in uscita. Come già previsto per il ministero dell’Economia, le assunzioni si concentreranno su personale munito di laurea. Altre novità riguardano l’obbligo per i dipendenti di fruire delle ferie, senza possibilità di percepire trattamenti economici sostitutivi. È previsto un nuovo taglio di permessi e distacchi sindacali nella pubblica amministrazione, dopo quello già applicato da Brunetta: dovranno essere ridotti del 20 per cento
Il premier Monti ha già invitato i ministri, a partire da quelli di spesa, a tenersi pronti per un’eventuale riunione già domenica. Il Governo, in caso di necessità, è pronto a prendere subito eventuali contromisure. A cominciare da un’accelerazione del piano dei tagli che potrebbe anche essere irrobustito e salire a 8-10 miliardi anticipando anche la manutenzione dei conti pubblici in calendario per l’autunno (una sorta di manovrina).
Tra i tecnici circolano anche voci di altri interventi di accompagnamento, una sorta di piano B sulla falsariga di quello proposto dall’ex premier Giuliano Amato, finalizzati a dare un segnale concreto ai mercati sulla capacità del nostro Paese di abbattere il debito pubblico, che però non trova conferme ufficiali nella compagine di governo.
La “guardia”, dunque, è alta. Basti pensare che Palazzo Chigi ha inviato un’informativa sulla necessità di garantire i servizi essenziali (quindi personale al lavoro) della presidenza del Consiglio e dei ministeri anche oggi, giornata festiva nella capitale per la ricorrenza dei santi Pietro e Paolo.
Al momento, comunque, l’obiettivo prioritario resta la definizione del piano di riduzione della spesa. Un piano che, alla fine, potrebbe essere meno agganciato alla spending review (per la quale si dovrebbe entrare nel vivo in autunno) e maggiormente improntato ai tagli lineari.
Nelle scorse settimane Monti, anche in qualità di ministro dell’Economia, ha inviato una lettera a tutti i ministri per chiedere di inviare entro il 22 giugno al Tesoro le loro proposte di taglio accompagnate dalle relazioni illustrative. Sulla base di questi dossier, del pacchetto preparato dal commissario Enrico Bondi e del “menù” dei tecnici del Tesoro sta prendendo corpo il decreto.
Anche ieri i tecnici si sono confrontati su varie misure. Due le ipotesi di intervento: un provvedimento light da 5-7 miliardi, modellato in gran parte sul piano Bondi; un intervento rafforzato da 8-10 miliardi. In entrambi i casi è previsto un pacchetto pubblico impiego. I buoni pasto saranno allineati a 7 euro per tutti i lavoratori, le consulenze saranno drasticamente ridotte così come le auto blu, sarà avviata una stretta sul personale dirigenziale comandato e saranno ridotte le piante organiche: 20% per i dirigenti (in primis quelli generali) e 5-10% per gli altri statali. Per gli esuberi che non saranno ricollocati (circa 10mila nelle amministrazioni centrali) scatterà la mobilità per due anni (80% dello stipendio), eventualmente prorogabile a quattro. Uscita garantita a chi avrà maturato la pensione con i vecchi requisiti entro il 31 dicembre scorso.
Ma per favorire gli esodi (e anche il ricambio generazionale) si stanno valutando varie ipotesi alternative, tra cui quella di una mini-deroga alla riforma Fornero (pensionamento con le vecchie regole anche per chi ha maturato i requisiti nei primi mesi di quest’anno) accompagnata da alcune penalizzazioni.
Qualche novità potrebbe esserci anche sul versante della riduzione delle Province: tra le ultime ipotesi c’è quella di far sopravvivere al taglio non più 42 enti ma una sessantina convincendo le Ragioni a statuto speciale e inserendo le 10 città metropolitane.
Le misure in arrivo
PUBBLICO IMPIEGO Dal pacchetto pubblico impiego dovrebbero arrivare 10mila esuberi nei ministeri ma il numero potrebbe crescere con una mini-deroga alla riforma Fornero sulle pensioni
BUONI PASTO Si va verso una stretta dei ticket restaurant per i dipendenti pubblici. Si arriverà a buoni pasto da 7 euro per tutti. Attesi anche una riduzione delle consulenze e una stretta sulle auto blu
PROVINCE Nel Dl dovrebbe esserci spazio anche per una riduzione del numero delle Province. Dalle 42 immaginate in un primo momento si potrebbe salire a una sessantina
MINISTERI L’intervento è sulle piante organiche della amministrazioni centrali e prevede, come per l’Ecomia e palazzo Chigi, il taglio del 20% della dirigenza e del 10% del personale
Tagli: il lunedì degli statali. Mini-deroga sulle pensioni: esuberi in mobilità
Non sarà un lunedì come tutti gli altri nei ministeri e negli uffici pubblici: circola l’ipotesi di una mini-deroga alla riforma Fornero sulle pensioni per favorire l’uscita degli statali. I più in apprensione sono i dirigenti sulla soglia dei 60 anni. Domenica sera è già convocato un vertice di governo, lunedì pomeriggio il Consiglio dei Ministri licenzierà le misure (tagli, accorpamenti, gestione degli esuberi, mobilità) sul pubblico impiego. Recepirà e darà attuazione alla famosa spending review di Enrico Bondi. I sindacati saranno ascoltati la mattina, insieme alle altre parti sociali e alle Regioni.
Finora si pensava a un numero di 10 mila esuberi nei ministeri, ma la mini-deroga potrebbe aumentare sensibilmente la cifra degli statali coinvolti dai nuovi esodi programmati. Molto dipende anche dalla reazione dei mercati ai provvedimenti calma-spread presi al Consiglio Europeo. Per ora sembra positiva, il differenziale tra Btp e Bund è sceso ma non si sa mai. Comunque, lunedì sarà il giorno della verità nei vari ministeri, nelle prefetture, in tutti i distaccamenti della Publica Amministrazione e non solo per l’annunciato taglio di due euro sui buoni pasto o l’addio alle telefonate extra-urbane.
Ministero dell’Economia e Presidenza del Consiglio hanno dato l’esempio: drastica riduzione di personale, un dirigente su 5 se ne andrà, seguiti da un funzionario su 10. Dei duecento prefetti, 40, se il criterio è questo, sono dati in uscita. L’accompagnamento alla porta non sarà traumatico, è previsto un esodo dolce, ma sempre esodo è. “Se ci saranno eccedenze di personale, ci sono già gli strumenti per gestirle e non in maniera traumatica” annuncia il ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi. Confermando eccedenze e tecniche di ricollocazione/allontanamento. Mobilità territoriale, questa è la parola chiave. Funzionari e dirigenti in esubero dovranno fare le valige, spostarsi nelle sedi dove c’è bisogno di loro, da una città all’altra. “Aspi” è però lo spettro che spaventa gli impiegati.
E’ l’acronimo di assicurazione sociale per l’impiego partorito dal ministro del Welfare Fornero. Significa un assegno pari all’80% dello stipendio, valido per due anni se l’impiegato messo in mobilità non riesce a ricollocarsi all’interno della Pubblica Amministrazione. Scaduti i due anni, c’è il licenziamento, il tabù del posto fisso infranto. C’è la preoccupazione, fondata, che quell’80% valga molto meno, perché si applica solo allo stipendio base che non comprende le tante voci aggiuntive. Fra indennità fisse, legate per esempio alla responsabilità su posizioni organizzative, indennità variabili, legati ai premi di produzione, ai turni, agli straordinari. Quell’80% dell’entrata lorda così calcolato, diventa allora mediamente il 62% e in molti comparti il taglio effettivo arriverebbe al 50%.
Da Sole 24 Ore, Messaggero e Blitz quotidiano – 29 giugno 2012