È dall’audizione del lavoratore che decorre il termine per valutare il licenziamento disciplinare. Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza 5116 depositata il 30 marzo scorso. Coinvolto nei fatti un lavoratore licenziato per motivi disciplinari, a cui era stata addebitata una sanzione disciplinare nei termini previsti dalla contrattazione collettiva. Sia il giudice di primo grado, sia quello d’appello avevano accolto il ricorso dichiarando l’invalidità del licenziamento e, conseguentemente, condannando l’azienda alla reintegra nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. La società aveva fatto ricorso in Cassazione affermando, viceversa, la tempestività del licenziamento disciplinare nel termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito, a prescindere dall’audizione del lavoratore.
L’avviso della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, sostenendo innanzitutto che la contrattazione collettiva può prevedere termini di maggior favore al lavoratore per irrogare il licenziamento disciplinare. In secondo luogo – continuano i giudici – se il lavoratore chiede di essere ascoltato nei cinque giorni successivi alla contestazione dell’addebito disciplinare, il termine per procedere al licenziamento non decorre più dall’addebito, ma dall’audizione (o il giorno fissato per l’audizione) del lavoratore incolpato.
È solo dopo l’audizione, che il datore di lavoro può procedere a valutare le eventuali giustificazioni addotte dal dipendente e quindi può determinarsi se adottare, o no, il provvedimento disciplinare. In sostanza, il periodo di tempo tra il termine previsto dal quinto comma dell’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, perché il lavoratore possa comunicare le proprie giustificazioni, e la data eventualmente fissata per l’audizione al fine di illustrare le proprie giustificazioni, è neutro e quindi non rileva ai fini della tempestività del provvedimento disciplinare. Una lettura che si pone in contrasto con la recente sentenza 1884 del 9 febbraio scorso.
In particolare, la stessa Corte, richiamando la pronuncia delle sezioni unite 6900/2003, rigetta il ricorso del lavoratore affermando il principio per cui il provvedimento disciplinare può essere legittimamente irrogato decorso il termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito, senza che assuma rilevanza la difesa del lavoratore.
Del resto – conclude la sentenza – la legge non assegna alcun rilievo alla valutazione di tali difese da parte del datore di lavoro, e quindi al processo di formazione della sua volontà per l’esercizio del potere disciplinare, perché il controllo della legittimità della sanzione eventualmente adottata resta comunque affidato al sindacato giudiziale mediante l’impugnazione del provvedimento.
Il Sole 24 Ore – 19 giugno 2012