Un’inedita alleanza (oddio, inedita, di questi tempi neppure troppo) tra il Pdl ed il Pd, col puntello dell’Udc e dell’Idv, ha sbarrato la strada ieri in consiglio regionale alla proposta del comunista Pietrangelo Pettenò di ridurre le Usl dalle attuali 21 a non più di 10, riorganizzandole su base provinciale. Un’idea che nel gioco delle geometrie variabili, tanto in voga a Palazzo Ferro Fini, ha visto invece dalla sua la Lega, che certo non poteva rinnegare nel solenne consesso l’impegno già preso a mezzo stampa dal governatore Luca Zaia. Pettenò è stato bravo, come al solito, ad appicciare lo scontro tra i partiti della maggioranza, che ormai passano più tempo divisi che insieme.
Il capogruppo dei padani Federico Caner, non potendosi tirare indietro, ci si è infilato dritto per dritto («Il mio pensiero è quello di Zaia, sotto questo aspetto il nuovo Piano socio sanitario è davvero poco coraggioso»), scatenando l’ovvia reazione del leader del Pdl Dario Bond, che ha avvertito: «Riaprire il confronto sul numero delle Usl significa sconquassare il Piano ed anzi, non volerlo fare affatto». Caner ha provato allora a proporre l’accantonamento del primo articolo (quello su cui Pettenò aveva presentato l’emendamento) ma è incocciato in un fuoco di fila che si è chiuso con la bocciatura dell’aula, dopo che neppure una sospensione di un’ora era riuscita a rasserenare gli animi. «Peccato, abbiamo perso un’occasione», ha commentato laconico il leghista, che ha però dovuto incassare anche il niet del «suo» Vittorino Cenci.
Le cose non sono andate tanto meglio, per i padani, nel voto sul primo dei tre emendamenti presentati dall’assessore alla Sanità Luca Coletto, quello che avrebbe dovuto riportare la nomina del futuro direttore generale della Sanità in capo alla giunta (gli altri due riguardano l’eliminazione del parere vincolante della commissione Sanità sulle schede ospedaliere e sulla valutazione dei dg delle Usl e l’istituzione di un Fondo per gli investimenti, finanziato con la vendita di alcuni immobili di proprietà delle Usl: dovrebbero andare al voto oggi).
L’emendamento, nonostante i leghisti abbiano votato compatti per il sì (a favore anche Bottacin di Verso Nord), non è passato, come da previsioni. I pidiellini, guidati dal presidente della commissione Sanità Leo Padrin, avevano d’altronde detto fin dall’inizio che si sarebbero schierati contro e senza di loro era impossibile che la vicenda si chiudesse in modo diverso. Per oggi è atteso il secondo round ma a dispetto dell’approdo annunciato di Zaia a Palazzo Ferro Fini, non sembra che Coletto possa aspirare a migliori fortune. Nel corso di un vertice tra i capigruppo, protagonisti ancora una volta Bond e Padrin, i due partiti di governo hanno infatti preso atto della volontà dell’assessore di non ritirare gli emendamenti della discordia (per non disattendere i pareri legali che gli danno ragione, dice lui, per dimostrare al mentore Flavio Tosi di voler andare fino in fondo, dicono i maligni) e sono giunti all’inevitabile conclusione di andare al vedo nell’aula. Coletto non si fa illusioni: «Andrò sotto anche su quelli, questo ormai mi pare chiaro».
A risarcimento della sconfitta annunciata, però, ha strappato l’impegno del consiglio alla creazione del Fondo sugli investimenti e quello dell’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti a verificare se sia possibile ottenere dalla Cassa depositi e prestiti un mutuo da 780 milioni, così da sbloccare i primi pagamenti delle Usl verso i fornitori (il debito ammonta oggi a 1,3 miliardi).
Grazie ad un emendamento presentato da Mauro Mainardi e Maria Luisa Coppola del Pdl, sottoscritto anche da Graziano Azzalin del Pd, il nuovo piano sociosanitario riconosce in modo esplicito la specificità del territorio polesano. L’azione coordinata dei tre esponenti polesani ha, infatti, modificato il comma 3 del primo articolo del piano, che indica in 200-300 mila abitanti le dimensioni ottimali delle Aziende sanitarie. Con la modifica proposta da Mainardi, Coppola e Azzalin, e approvata dall’aula con 40 voti a favore, 9 contrari e 3 astenuti, il piano “salva la specificità non solo del territorio montano e lagunare (in conformità con quanto previsto dallo Statuto regionale), ma anche del Polesine
Corriere del Veneto – 15 giugno 2012