«Gli animali valgono come il Biomedicale. Proteggiamo il nostro patrimonio, ma se venisse qualcuno ci farebbe piacere». Due aziende agricole mirandolesi a pochi chilometri di distanza. Una zootecnica e l’altro prevalentemente agricola, due cugini divisi da scelte di vita e di lavoro ma uniti nel disagio e nell’emergenza. Storie di difficoltà come tante altre ci sono in zona, dove l’agricoltura e la zootecnica sono quasi considerate un settore secondario: prima le imprese “pulite” poi arriverà il momento di quelli che davvero si sporcano le mani. «Abbiamo fatto subito richiesta, dopo la prima scossa, per i sopralluoghi: una doppia richiesta, presentata sia ai Vigili del fuoco che in Comune – spiega Simona Menga – Abbiamo con noi tre bimbi e due persone anziane, ma non sì è visto nessuno».
«Abbiamo avuto solo la visita del responsabile della Coldiretti. Al momento ci siamo rifugiati in una serra. La prima scossa aveva lesionato tutte le nostre strutture lavorative, la seconda scossa di martedì ci ha buttato tutto per terra. Nella serra per lavoro curavamo le piante adesso ci faccio dormire i miei frugolotti più un bimbo di soli trenta giorni di una mia parente che sta con noi. Chiediamo solo un po’ di attenzione per la gente che abita nella Valle perché abbiamo gli stessi diritti di chi sta in città, ci sentiamo abbandonati.
Roberto Menga, titolare dell’azienda zootecnica, si accontenterebbe di una visita. «Siamo sempre stati i primi a fare volontariato, i primi davanti a tutti. Noi della Cooldiretti abbiamo mandato sempre aiuti in Umbria e nelle altre zone in difficoltà: ora ci sentiamo spiazzati perché adesso siamo noi nel bisogno e ci sentiamo disarmati. Non me la prendo con l’amministrazione comunale, ma vorrei che qualcuno venisse a vedere come viviamo, il sindaco, un assessore qualcuno insomma. La seconda scossa ero nella stalla con gli animali, sono caduto per terra, mi mancava l’equilibrio, il capannone sembrava mi venisse addosso poi è crollato; le macchine si alzavano da terra quasi trenta centimetri, se viene, un’altra scossa così raderà tutto al suolo. Ci sentiamo abbandonati, qui non viene nessuno, capisco le difficoltà delle amministrazioni comunali con tutti gli sfollati da gestire, ma anche noi siamo nelle stesse condizioni. Al posto delle macchine biomedicale e dei torni (Mirandola è famosa per il distretto biomedicale che produce dispositivi medici, ndr) il nostro patrimonio sono gli animali, se li perdiamo è finita. Ecco perché non possiamo allontanarci da qui, ecco perché dormiamo in macchina e in una tenda. Ho paura per i miei figli, ma non possiamo andarcene via perché dobbiamo sorvegliare quel poco che ci è rimasto. Sono troppo attaccato al mio territorio per fuggire: nel 2003 ho combattuto la siccità, poi le banche che c’è ne hanno combinato di tutti i colori con la crisi del parmigiano, ma questa prova per noi è tremenda».
Altre aziende nei dintorni sono messe nelle stesse condizioni, ovunque fienili e case diroccate, a pochi chilometri di distanza un allevamento di maiali con più di mille capi è stata costretto a sgomberarli. La stessa cosa è toccata anche all’azienda di suini di Gianni Golinelli, a San Giacomo. Aveva appena preso in affitto una porcilaia, a ridosso della nuova tangenziale, ma tutto è crollato. E così è iniziata la lunga spola per mettere in salvo i maiali; un’operazione lunga, faticosa, costosa. Perché per permettere loro di sopravvivere va chiamato un tecnico che sistemi gli allacciamenti dell’acqua. È un artigiano, un altro colpito dal sisma, ma come tanti altri è lì, in prima fila.
Cosa sarà del mondo agricolo? Ancora nessuno lo sa, ma chi ha allevamenti di animali inizia a soffrire perché, al di là del disinteresse delle istituzioni, ci sono problemi ben maggiori come, ad esempio, il crollo dei fienili con sotto i mezzi agricoli e le balle di fieno necessarie a dare da mangiare alle bestie.
La Gazzetta di Modena – 2 giugno 2012