È stato di 2,19 miliardi nel 2011 il disavanzo di gestione delle asl e degli ospedali nelle 16 regioni a statuto ordinario. E per coprirlo sono state necessarie per il 77% le addizionali Irpef e Irap, soprattutto nelle regioni commissariate o sotto piano di rientro dai deficit. Ma neppure le maxi aliquote Irpef (+0,30%) e Irap (+0,15%) oltre il tetto massimo pagate da cittadini e imprese sono bastate in Molise, Calabria e Campania a tamponare la falla del defict sanitario nel 2011. E così in queste regioni non ci sarà scampo: le maxi addizionali resteranno in vigore. L’84,7% del disavanzo totale, tra l’altro, è concentrato nelle regioni con piano di rientro. Che dappertutto a partire dal Lazio e dalle regioni meridionali, restano in grave ritardo.
Arrivano i primi risultati dai tavoli di monitoraggio del Governo (Economia e salute) con le regioni attivati per tenere sotto controllo la spesa sanitaria, di questi tempi più che mai sotto la lente d’ingrandimento dei prossimi tagli del Governo in cantiere con la spending review. Risultati in chiaroscuro quelli dell’esercizio 2011.
Da una parte confermano, come anticipato dal Def, che la spesa sanitaria pubblica ha fatto segnare un calo dello 0,6% sul 2010; dall’altra, però, dimostrano che ormai l’affanno del contenimento dei conti si sta espandendo oltre il sud Italia, contagiando sempre di più anche regioni con i bilanci sanitari considerati da sempre (quasi) in regola. Anche se è soprattutto tra Lazio (791 milioni di rosso prima delle super tasse), Campania (332 milioni), Calabria (155 milioni) che si concentra oltre la metà dei disavanzi del 2011. Col piccolo Molise in grandissima e sempre più preoccupante difficoltà col suo deficit di 67 milioni che le maxi addizionali sono riuscite a coprire appena per il 30%. E con la Calabria sempre all'”anno zero” e ben lontana dal risanamento strutturale, in cui sembra scricchiolare la poltrona di commissario assegnata al governatore Giuseppe Scopelliti.
Tra tutte le 16 regioni passate al setaccio del tavolo di monitoraggio, intanto, sono soltanto tre quelle che hanno raggiunto un attivo, anche se soltanto minimo, senza dover ricorrere alle risorse di bilancio locale: Lombardia (22,1 milioni), Umbria (10,3 milioni) e Marche (1,5 milioni). Escluse le 8 regioni commissariate o sotto piano di rientro dal disavanzo, tutte le altre sono andate in rosso. Che hanno coperto principalmente con proprie risorse di bilancio: dall’Emilia Romagna (87,3 milioni) alla Toscana (62 milioni) alla Liguria (144 milioni) su cui pendeva una contestazione per aver fatto ricorso a una dismissione immobiliare per 76 milioni. Il bilancio complessivo già prospetta intanto la possibile soluzione della scelta delle tre regioni che dovranno fare da benchmark nel 2013: si dovrà scegliere una regione del nord, una del centro e una del sud, di cui una di piccole dimensioni. Se al nord la candidata sembra essere automaticamente la Lombardia, per il sud si farebbe largo la Basilicata (anche di piccole dimensioni) che ha i conti migliori tra le regioni meridionali. Mentre al centro (se non si scegliessero Umbria e Marche perché “piccole”) avanzerebbe la candidatura della Toscana. La rosa per il benchmark, peraltro, dovrà anche essere sottoposta al vaglio politico con le regioni, e non necessariamente la scelta finale sarà di carattere squisitamente “tecnico”.
Davanti a un deficit d’esercizio di 2,19 miliardi, dopo le manovre locali di aggiustamento e le addizionali Irpef e Irap da 2,63 miliardi, il risultato finale porterebbe addirittura a un avanzo di 430 milioni. Tutto teorico, naturalmente. E che in ogni caso lascerebbe ancora nell’inferno rosso del deficit la Campania (42 milioni), la Calabria (35,5 milioni) e il Molise (42 milioni). Sulle quali il tavolo di monitoraggio non transige: le super addizionali sono confermate. E così il blocco del turn over e il divieto di effettuare spese non obbligatorie. Una dieta che con la spending review sarà, se possibile, rafforzata.
Il Sole 24 Ore – 29 maggio 2012