Nomine dei primari, scelta dei manager di Asl e ospedali, autonomia e responsabilità dei medici. Anche l’età pensionabile più alta dei camici bianchi. I governatori prima danno lo stop al Parlamento: giù le mani, fanno sapere, su tutto questo decidiamo noi, lo impone il federalismo. Poi, sottoposte a un fuoco di sbarramento con l’accusa di non voler mollare la presa dai giacimenti clientelari sulla sanità, decidono di prendere tempo. Si pronunceranno ufficialmente la settimana prossima. Storia di un disegno di legge all’apparenza come tanti altri, almeno per i non addetti ai lavori. Ma sulla cosiddetta «governance sanitaria» (o «governo clinico»), ovvero anche i modelli di reclutamento e selezione del personale sanitario di vertice oltre che di governo e organizzazione del sistema sanitario, s’è consumato ieri un nuovo scontro tra i governatori e il Parlamento. Leggi la bozza di parere delle Regioni
Col Governo che ha preferito il silenzio, salvo cercare nell’ombra una mediazione per evitare rotture clamorose.
Tutto è nato col parere della “commissione salute” delle regioni al ddl all’esame della Camera (commissione Affari sociali), un testo già più volte rimaneggiato anche dopo precedenti altolà dei governatori. Ma anche l’ultimo testo, pronto per l’esame dell’aula della Camera, dei tecnici (e non solo) è finito nel tritacarne regionale. «Invade le competenze regionali» stabilite col federalismo fiscale, hanno scritto nero su bianco gli assessori nel parere inviato ieri all’esame finale dei governatori. «Pur enunciando l’autonomia organizzativa e disciplinare delle regioni in materia – si afferma – ne vincola l’attuazione con un modello imposto dal livello centrale». Lo Stato si ritiri, insomma. Perché «non spetta al livello centrale stabilire che la clinical governance sia il modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti e dei professionisti del Ssn».
Un no secco, quello degli assessori. Accompagnato in Parlamento dalla stroncatura totale del testo da parte della commissione per le questioni regionali, ma anche della Affari costituzionali della Camera. Fatto sta che nelle ore prima che i governatori confermassero la stroncatura, dalla Camera sono piombate le accuse alle regioni. «Se le regioni pensano che lo Stato non debba mettere mano alla sanità, lo dicano a cittadini e operatori ma abbiano il coraggio di dire che così si andrà a ventuno sanità», ha attaccato il relatore Domenico Di Virgilio (Pdl). Confortato dal presidente della commissione Giuseppe Palumbo (sempre Pdl), anche più pesante: «Se la politica non vuole togliere le mani dalla sanità, lo dica». E dal finiano Pierfrancesco Dauri: «La resistenza delle regioni dimostra che non vogliono rinunciare a drenare consenso e prebende dalla sanità».
Quanto bastava almeno per una pausa di riflessione. E infatti i governatori hanno deciso di fermarsi e di chiedere un «supplemento d’istruttoria» a tecnici e assessori. (Roberto Turno da Il Sole-24 Ore – 5 aprile 2012)
Governo clinico. Nessuna posizione ufficiale dalle Regioni
“Al momento le regioni non hanno assunto nessuna posizione ufficiale riguardo al disegno di legge sul governo clinico. Abbiamo iniziato una discussione e formalizzeremo la nostra posizione la prossima settimana alla Commissione che ci sta lavorando”.
Lo riferiscono all’Adnkronos Salute fonti vicine al presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani che frenano dunque la ridda di voci che da ieri circolavano in merito ad un parere negativo delle regioni sul provvedimento licenziato dalla Commissione Affari Sociali della Camera.
Se dunque le regioni formalizzeranno la loro posizione soltanto la prossima settimana intanto c’è da registrare il parere negativo da parte della Commissione Parlamentare per le Questioni regionali e il parere favorevole della Commissione Affari Costituzionali a patto che la Commissione Affari Sociali riformuli gli articoli 3 (Funzioni del collegio di direzione), 4 (Requisititi e criteri di valutazione dei direttori generali), 5 (Incarichi di natura professionale e di direzione di struttura), 6 (Valutazione dei dirigenti medici e sanitari) e 7 (Dipartimenti), “evitando – è la motivazione della Commissione Affari Costituzionali – di disciplinare nel dettaglio le materie da essi trattate”.
5 aprile 2012