Il presidente del Consiglio in conferenza stampa: «Raggiunte intese, ddl trasmesso al Parlamento. Con la riforma riduzione permanente della disoccupazione». Fornero: «Per manifesta insussistenza del licenziamento per motivi economici il giudice può decidere il reintegro. Art. 18 grande conquista del passato ma il mondo è cambiato». E ancora: le imprese non hanno più alibi sull’articolo 18. Per il pubblico impiego, si farà un Ddl delega ad hoc. Il presidente del Consiglio: testo vagliato dai tre leader politici, mi auguro un iter sereno e rapido. Ma imprese e banche bocciano le modifiche. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha controfirmato questa mattina il testo che gli è stato sottoposto ieri dal governo. Leggi il testo del Ddl e la relazione sulla riforma del ministro Fornero.
Tutte le novità
Una riforma a 360 gradi del lavoro in 72 giorni. È quella che il Governo ha messo nero su bianco dal 23 gennaio, quando ha avviato il confronto con le parti sociali, a ieri, quando il testo del disegno di legge Fornero è giunto al Quirinale dopo l’ultima trattativa notturna con i partiti della maggioranza. I cui effetti si vedono in più punti dei 70 articoli che compongono il Ddl. Tra le novità delle ultime ore spiccano il ritorno del reintegro del lavoratore nei licenziamenti economici «insussistenti», la fissazione a 24 del numero di mensilità indennizzabili in caso di allontanamenti disciplinari, la riduzione al 30% per i prossimi tre anni delle stabilizzazioni per l’assunzione di nuovi apprendisti, l’applicazione della stretta sulle partite Iva solo a partire dal prossimo anno, la limitazione del giro di vite sui co.co.pro ai nuovi contratti. Insieme alla scoperta che i temi su cui serviranno i “tempi supplementari” della delega all’Esecutivo saranno quattro: politiche attive, tirocini formativi, apprendimento permanente – già inserite nel testo – e pubblico impiego (per cui sarà approvato un Ddl ad hoc).
Nonostante le ultime riscritture l’Esecutivo continua a individuare nell’articolato inviato al Colle uno strumento utile a ridurre le rigidità del sistema Italia e aumentare la sua produttività senza peraltro intaccare le tutele dei lavoratori. Anzi l’obiettivo esplicito del Governo è quello di aumentarle. Ad esempio attraverso i “paletti” imposti alla flessibilità in entrata che – sebbene attenuati rispetto agli annunci contenuti nel documento di policy varato dal Consiglio dei ministri di due settimane fa – continuano a non convincere le imprese.
Nella duplice ottica di trasformare il contratto a tempo indeterminato nella regola e fare dell’apprendistato la porta principale di accesso all’impiego il testo inserisce una serie di vincoli a quasi tutte le tipologie di rapporti flessibili. A partire dal tempo indeterminato che vede il tetto dei 36 mesi trasformarsi in inderogabile e la contribuzione da versare per ogni lavoratore aumentare dell’1,4 per cento. A fronte di questo appesantimento l’ultimo restyling ha consegnato alle aziende uno “sconto” sugli adempimenti riguardanti il primo contratto sotto forma della scomparsa del cosiddetto «causalone» in cui vanno inserire le ragioni dell’assunzione.
Buone notizie per gli imprenditori anche sul fronte dell’apprendistato visto che la quota di apprendisti da stabilizzare per inserirne di nuovi scende dal 50 al 30% nei prossimi tre anni. Più graduale rispetto alle previsioni sarà la stretta sulle false partite Iva, che troverà applicazione solo un anno dopo l’entrata in vigore della legge Fornero, e sulle collaborazioni a progetto, che vedono il giro di vite limitarsi ai nuovi co.co.pro.
Ma la novità di maggior peso il disegno di legge la riserva nella parte in cui rimodula l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Dopo il confronto serrato degli ultimi giorni tra governo, partiti e parti sociali, il testo uscito da Palazzo Chigi sembra aver assunto una forma che mette d’accordo tutti. Due le novità principali: da una parte, l’ampliamento dei casi in cui è previsto il reintegro del lavoratore licenziato (punto sul quale forte è stato lo scontro) e, dall’altra, la diminuzione a 12 e 24 mensilità dell’indennizzo minimo e massimo previsto nei casi in cui invece il giudice nega il rientro sul posto di lavoro. È evidente come le due misure vadano in direzioni diametralmente opposte: la prima amplia la tutela a vantaggio dei lavoratori, la seconda è invece la contropartita pagata alle aziende.
Al centro del dibattito era finito il licenziamento per motivi economici che, nelle intenzioni originarie, a differenza di quello per motivi disciplinari, non contemplava l’ipotesi del reintegro. Oggi, invece, il testo presentato a Napolitano accomuna le due ipotesi (licenziamento disciplinare e licenziamento economico) quantomeno nella parte relativa alla tutela per licenziamento illegittimo. Nel caso in cui accerti la «manifesta insussistenza» del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (economico), il giudice, oltre al risarcimento pari a 12 stipendi, «può» infatti disporre anche il reintegro. Resta salva la facoltà del lavoratore di optare per l’indennizzo.
Negli altri casi di annullamento del licenziamento economico per il datore di lavoro resta solo la condanna al pagamento dell’indennità tra 12 e 24 mensilità. È qui l’altra novità della giornata: infatti, la precedente bozza di modifica dell’articolo 18, nella parte in cui prevedeva l’indennizzo per il licenziamento annullato, anche quale alternativa al reintegro, lo fissava nella misura variabile tra 15 e 27 mensilità. Invariata, in sostanza, la disciplina del licenziamento discriminatorio. Qui il reintegro resta praticamente d’obbligo, salvo il caso il lavoratore non opti per l’indennizzo.
Chiude il cerchio degli interventi il cambio di registro sugli ammortizzatori sociali, a regime nel 2017. L’Aspi, assicurazione sociale per l’impiego, è destinata a sostituire le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire anche apprendisti e artisti. Nel frattempo scatterà la fase transitoria per il passaggio della durata dagli 8 mesi attuali (12 per gli over 50) ai 12 dell’Aspi (18 per gli over 55). Il tetto massimo dell’Aspi è fissato a 1.119 euro. Resta il sistema della cassa integrazione, con limitazioni all’uso della «straordinaria» mentre per le aziende non coperte dalla Cig straordinaria arriva un fondo di solidarietà (ilsole24ore.com – 5 aprile 2012)
La cronaca della conferenza stampa
La riforma, ha detto Monti, garantirà “crescita sociale ed economica” e la “riduzione permanente del tasso di disoccupazione” e con la quale ”crediamo di aver raggiunto un punto di equilibrio”.
Quanto alla flessibilità, ha spiegato il presidente del Consiglio, «tema molto discusso, esce da questa riforma in modo molto equilibrato e sereno». Il giudice potrà intervenire a tutela dei lavoratori in caso di “licenziamenti ingiustificati di carattere discriminatorio” ma, ha avvertito il professore, c’è “la necessità che i giudici del lavoro non entrino troppo in valutazioni che appartengono alla responsabilità del datore del lavoro”. Con la riforma, ha poi aggiunto, «si è anche cercato di lottare contro forme di precarietà per quanto riguarda la flessibilità in entrata».
Al ddl ha “veramente collaborato in modo collegiale tutto il governo” ha rimarcato il presidente del Consiglio. E il ddl “viene trasmesso oggi al Parlamento essendo state raggiunte, dentro il governo, quelle intese tipiche di un ddl approvato ‘salvo intese'”. La riforma è anche passata “al vaglio attento di Bersani, Casini e Alfano. Abbiamo raccolto la loro adesione e credo che questo, data l’autorevolezza dei tre leader, assicuri pur nel grande rispetto dell’insieme dei parlamentari un percorso sereno e per quanto possibile rapido”. L’auspicio infatti è di ”un iter approfondito ma anche spedito. In una riunione avvenuta ieri il governo si è assicurato la condivisione delle linee del progetto e anche delle linee dettagliate su alcuni aspetti sensibili, da parte dei leader politici che sostengono il governo e adesso guardiamo con rispetto e speranza” ai lavori del Parlamento.
“No” ha poi risposto Monti a chi gli chiedeva se intendesse commentare le affermazioni di Antonio Di Pietro secondo cui il governo avrebbe suicidi sulla coscienza. Per evitare al massimo ogni rischio di tensione sociale occorre “senso della misura da parte di chi ha responsabilità pubblica. Questo sta dietro al mio secco no” sono state le parole del professore che ha però replicato alla dichiarazione del leader dell’Idv secondo il quale il premier ha detto bugie sostenendo che la crisi è finita. ”Non ho mai detto che la crisi è finita” ha puntualizzato il presidente del Consiglio. ”Quello che ho detto parlando a un pubblico internazionale – ha spiegato riferendosi ai suoi interventi nel corso del viaggio in Asia – è che la crisi nell’eurozona è quasi finita e che l’Italia ha contribuito”.
Nel corso del suo intervento il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha evidenziato che il dialogo sulla riforma ”è stato sincero, anche di diverse ore a tu per tu con i leader sindacali”, replicando anche a Luigi Angeletti che ieri aveva parlato di licenziamento per la titolare del Welfare: “Gli italiani vedranno se questo ministro merita il licenziamento per giusta causa…”. Argomento sul quale anche Monti è tornato rispondendo a una domanda dell’Adnkronos. “Sulla base della Costituzione vigente della Repubblica italiana, una persona che presiede questo governo di cui il ministro Fornero fa parte, potrebbe neppure se preso da follia licenziarla” ha dichiarato il presidente del Consiglio.
Durante la conferenza stampa c’è stata una piccola gaffe del ministro che ha confuso ddl con dl, nella presentazione del provvedimento. ”Bisogna farlo vedere. Il decreto legge esiste, esiste” ha detto Fornero. Il disegno di legge, ha quindi spiegato mostrando il testo, è all’esame del Presidente della Repubblica che ”lo firmerà se gli piace”.
La riforma riguarda tutto il Paese ”nel medio lungo periodo. Non è scritta per il 2013 e per il 2014 ma è scritta per gli anni futuri”. Con la riforma, ha poi aggiunto, ”non blindiamo più il lavoratore a quel particolare posto di lavoro, per cui, una volta conquistato è tuo per sempre, ma ci sono circostanze in cui c’è un distacco tra lavoratore e datore di lavoro”. E ha spiegato le ragioni per le quali il contratto a tempo determinato ”costerà un po’ di più”. ”Il lavoro temporaneo è un fattore produttivo e i fattori produttivi si pagano sempre” ha scandito.
Quindi l’articolo 18, che ”è stata una grande conquista” del passato ma è necessario ”adeguarsi ai cambiamenti del mondo anche traendo vantaggi ed evitando svantaggi, senza chiuderci” ha affermato Fornero. ”Le economie più fossilizzate hanno il più alto tasso di disoccupazione” ha rilevato, mentre ”tutte le economie che hanno un basso tasso di disoccupazione strutturale sono economie in cui i flussi in entrata e in uscita sono molto più rilevanti”.
Entrando nel dettaglio, il ministro ha spiegato che per i licenziamenti economici sarà previsto un indennizzo pari a 12/24 mensilità e in caso di “manifesta infondatezza” o meglio, come suggerisce il premier Monti, per “manifesta insussistenza” del licenziamento per motivi economici “il giudice può decidere il reintegro”.
La nuova riforma del mercato del lavoro prevede inoltre ”una procedura di conciliazione nella quale si cerca di vedere se c’è una ragionevolezza nel licenziamento e le parti si accordano” e ”il sindacato avrà un ruolo”, ha assicurato.
Mentre gli imprenditori non avranno più ”l’alibi” dell’art. 18 per non investire in Italia. Quanto alle risorse per gli ammortizzatori sociali ammonteranno fino a 1,8 miliardi di euro ”negli anni di scansione della riforma”. Fornero ha poi riferito di aver ricevuto ”un invito dalla Fiom per un dibattito. Credo lo accetterò” ha fatto sapere, confermando la volontà di andare in ”giro per l’Italia” a illustrare i contenuti della riforma.
adnkronos – 4 aprile 2012