Il Piano socio-sanitario del Veneto imbocca la dirittura d’arrivo: nel tardo pomeriggio, la quinta commissione ha approvato i primi cinque articoli del documento di programmazione quinquennale e il voto finale è annunciato per giovedì 5 aprile. Soddisfatto il presidente Leonardo Padrin, che ringrazia tutti i commissari per «la coesione e il grande senso di responsabilità manifestati», sottolineando il valore “strategico” delle novità introdotte: dal ruolo ampliato e rivalutato del direttore ai servizi sociali e al territorio (potranno accedervi anche gli infermieri in possesso di laurea) al rafforzamento della figura del segretario della sanità, che d’ora in poi sarà indicato dalla giunta ma eletto dal consiglio regionale.
«Lo ribadisco: è indispensabile approvare il Piano in tempi brevi, pena il collasso della nostra sanità e l’esplosione della spesa», conclude. Ma i passi avanti compiuti non cancellano la tempesta scatenata dalla presa di posizione del governatore Luca Zaia, che si dichiara favorevole a una drastica riduzione del numero delle Usl, fino a farle coincidere con i 7 capoluoghi di provincia. Tanto basta a suscitare l’irritazione del capogruppo pidiellino Dario Bond: «Abbiamo già visto questo film in occasione dell’approvazione dello Statuto, quando Zaia ha scompaginato il lavoro della commissione con la sua proposta di dimezzare il numero dei consiglieri. Non lasciamoci condizionare dalle sue “uscite” ed evitiamo di rallentare il percorso di riforma. Anzi, approviamolo il prima possibile, per il bene dei nostri concittadini e della sanità veneta». A rincarare la dose, un altro esponente azzurro, Clodovaldo Ruffato: «Zaia non può sollecitarci a fare scelte strategiche in mancanza di idee chiare da parte della giunta», scandisce il presidente dell’assemblea regionale «il piano che stiamo esaminandonon prevede alcuna modifica della geografia attuale di Usl e ospedali. Forse, nel frattempo, la giunta ha maturato un diverso convincimento, se così è, se ne assuma la responsabilità». Musica per le orecchie dell’opposizione (Pd, Udc, Idv, Verso Nord, Sinistra veneta) compatta nel contestare a Zaia un atteggiamento sfacciatamente propagandista: «Mentre infuria la polemica sul possibile taglio degli ospedali, Zaia, ancora una volta, distoglie l’attenzione e invita a guardare il dito e non la luna. Da chi è a capo della nostra Regione questi trucchi di bassa lega non sono accettabili», la requisitoria democratica, rilanciata con toni polemici dagli altri gruppi. Sul fronte opposto, la difesa solitaria affidata al capogruppo leghista, Paolo Tosato: «Di fronte alla scarsità di risorse e alla necessità di garantire servizi ai veneti, credo che ognuno di noi debba fare un passo indietro ed interpretare il sentimento dei cittadini, ai quali più dell’apparato sanitario interessa la qualità delle prestazioni erogate. Il governatore ha interpretato, come sempre, il sentire della gente». Fibrillazione tra gli alleati e sospensione dei lavori, alla ricerca di un compromesso capace di evitare la clamorosa rottura con conseguente naufragio dell’iter. Alla ripresa, Lega e Pdl si guardano in cagnesco ma l’idea che sblocca l’empasse arriva dal vicepresidente Claudio Sinigaglia (Pd) che propone la votazione, come primo articolo del Piano, della norma (già prevista nelle lineeguida) che fissa in 2-300 mila abitanti la dimensione ottimale delle Usl, con deroga limitata alla montagna e alla laguna: «Una garanzia contro lo smantellamento di un sistema di azienda sanitarie che ci ha consentito di primeggiare, e non solo in Italia», sostiene il democratico e la sua proposta è stata accolta all’unanimità dalla commissione (Lega inclusa) che l’ha inserita nel documento. Sul valore effettivo dell’articolo «salva-Usl, le opinioni restano discordi. Se il centrosinistra lo considera una linea del Piave contro i tagli, il «rosso» Pettenò raccoglie il guanto di sfida ed esorta l’esecutivo a procedere «rapidamente» allo sfoltimento dell’apparato burocratico-amministrativo della sanità, purché le risorse liberate finanzino «Migliori servizi e cure primarie alla popolazione». Negli ambienti vicini a Zaia, infine, si fa notare che l’indice demografico «ottimale» approvato in commissione coincide con quello suggerito dall’esecutivo: se applicato alla lettera – è la tesi di Palazzo Balbi – limiterà il numero di unità sanitarie ad un paio per provincia. Lo scontro sul futuro del welfare è appena iniziato.
Approvati anche gli articoli che definiscono i requisiti e i criteri di selezione e di nomina dei direttori generali e della ‘terna’ (direttore sanitario, amministrativo e dei servizi sociali e territoriali) che dovrà guidare le aziende sanitarie. I ‘managers’ delle Ulss avranno un incarico triennale, che potrà essere rinnovato, ma non nella stessa azienda. Più contestata la figura del direttore sociale, che con il nuovo piano assomma in sé anche le funzioni di responsabile delle funzioni territoriali: Antonino Pipitone (Idv), d’intesa con Pietrangelo Pettenò, avrebbe voluto sopprimerne la figura, affidandone le funzioni al direttore generale. Ma alla verifica del voto la commissione ha scelto di conservarne il ruolo: a Pipitone e Pettenò si è associato solo Carlo Alberto Tesserin, mentre il presidente Padrin ha preferito astenersi. Stralciati infine i due articoli che, nella bozza iniziale, riguardavano le Ipab: la commissione ha scelto all’unanimità di rinviare tali norme al futuro progetto di legge di riforma delle Ipab che dovrebbe prendere forma nei prossimi mesi. Per ragioni di orario e per definire meglio alcune modifiche tecniche all’enunciato normativo il voto sui nove articoli restanti e sul provvedimento nel suo complesso è stato dunque rinviato alla prossima seduta del 5 aprile.
Il Mattino di Padova – 30 marzo 2012