Sull’applicazione dell’articolo 18 sugli statali si è sviluppato «un dibattito a tratti incomprensibile se non indecifrabile». E’ quanto afferma il ministro per la funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, in una lettera al Messaggero nella quale rileva che «un pezzo d’Italia chiede di colpire i lavoratori pubblici come se ci fossero conti da regolare». Il paese anche in questo settore «ha bisogno di unità e non di divisioni». Patroni Griffi elenca quindi le motivazioni che rendono fuorviante l’applicazione dell’articolo 18 agli statali. Innanzitutto l’accesso alla Pa avviene tramite concorso. Inoltre la disciplina della risoluzione del rapporto di lavoro è in equilibrio «tra garanzie di legalità e doveri dei lavoratori aggiuntivi a quelli previsti nel settore privato». Giovedì il ministro incontra i sindacati
Da un lato il dipendente pubblico può e deve essere licenziato se commette determinati atti o se ha comportamenti scorretti previsti dalla legge. Ma al dirigente pubblico non può essere applicata la disciplina del dirigente privato che prevede la licenziabilità per il venir meno della fiducia, in quanto «nessun rapporto fiduciario può crearsi tra dirigente pubblico e vertice politico amministrativo».
Infine il licenziamento per motivi economici nel settore pubblico ha una disciplina ad hoc, «scattano una serie di procedure che portano alla mobilità dei lavoratori verso altre amministrazioni e alla eventuale collocazione in disponibilità con trattamento economico pari all’80% dell’ultimo stipendio per due annualità».
27 marzo 2012 – riproduzione riservata