Sarà un bel tiramolla tra allevatori e Avepa-Agea per recuperare i milioni di euro accantonati, adesso che il tribunale di Treviso ha dimostrato che la frode ai danni della Comunità europea non esisteva. L’inchiesta si chiamava «Pascoli d’oro» e sette anni dopo si viene a sapere che è stato tutto un abbaglio. Dopo che gli imputati hanno fatto mesi di carcere e l’azienda capofila del «distretto della zootecnia» dell’Asolano è stata decapitata. Il caso era scoppiato nel gennaio 2005. La sentenza di primo grado per gli imputati è stata pronunciata il 14 febbraio 2012: tutti assolti perché il fatto non sussiste. L’azienda decapitata è quella dell’imprenditore Emanuele Rech, 70.000 capi allevati in soccida, al quale probabilmente non è giovato il carattere descritto come altezzoso.
Ma insegnare la buona educazione con il codice penale non verrebbe in mente a nessuno. Quelli che conoscono bene i meccanismi dei finanziamenti europei avevano scommesso che Rech sarebbe caduto in piedi e così è stato. Peccato che il tempo abbia fatto più danni della galera. «Un processo analogo avviato a Trento – ricostruisce l’avvocato degli imputati Vito Danesin – con la stessa contestazione di frode alla Comunità europea e l’associazione, iniziato un anno e mezzo dopo quello di Treviso, è già arrivato in Cassazione. E tutti gli imputati sono stati assolti in appello grazie alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 2010, che si era espressa su un quesito presentato dal tribunale di Treviso, dove invece eravamo noi». E vabbè, adesso che il fatto non sussiste, uno pensa che come minimo verrano sbloccati i 3.700.000 euro dei finanziamenti contestati ai Rech. Invece no. Assistito dai suoi avvocati, il direttore di Avepa Fabrizio Stella spiega che sarà cosa automatica. Per due motivi. Primo: l’Agenzia veneta dei pagamenti in agricoltura ha trattenuto solo 100.000 euro dei 3,7 milioni bloccati da Agea, l’Agenzia nazionale per la quale in ogni caso ha agito; è ad Agea che bisognerà presentare la richiesta. Secondo: inutile farlo finché resta in piedi la sentenza 54/2011 della Corte dei Conti del Veneto, che ha confermato nel gennaio dell’anno scorso il blocco dei finanziamenti.
Non importa se alla luce della sentenza di oggi del tribunale di Treviso, quella decisione della Corte dei Conti si dimostra infondata. La Corte dei Conti non parla con il tribunale penale. «Bisogna aspettare la decisione dell’appello della Corte dei Conti – dice Danesin – che noi abbiamo già presentato e dovrebbe essere prossimo». In quel momento, se il verdetto sarà di nuovo favorevole agli allevatori, questi ultimi a dio piacendo potranno sbloccare i fondi. Si aprirà un contenzioso bis: «Altro che 3,7 milioni di euro – sostiene Danesin – con gli anni passati e gli interessi andremo come minimo a 20 milioni di euro solo per le aziende del gruppo Rech. Senza contare le spese». Non è finita. Quello di Treviso è stato un processo pilota, sotto inchiesta ci sono almeno un centinaio di altre aziende, più piccole ma indagate per lo stesso motivo. Il pm attendeva la sentenza per procedere anche contro di loro. Ne consegue che al tiramolla con Avepa e Agea parteciperà un bel gruppo di allevatori, aumentando considerevolmente l’esborso delle Agenzie. E i danni dove li mettiamo? Gli avvocati stanno aspettando il dispositivo della sentenza per regolarsi, ma l’elenco rischia di essere proibitivo. (r.m.)
La Nuova Venezia – Il Mattino di Padova – La Tribuna di Treviso – 17 febbraio 2012