Il trasferimento per mobilità interna di un dipendente pubblico non comporta novazione del rapporto di lavoro, ma solo sostituzione del datore, con la conseguenza che il dipendente trasferito porta con sé tutti i diritti maturati presso il precedente datore, comprese le ferie non godute. Lo ha affermato il Tribunale del Lavoro di Brindisi. Il caso. Una lavoratrice, originariamente dipendente della Asl di Roma e in seguito trasferita per mobilità interna alla Asl di Brindisi, porta in giudizio davanti al Tribunale di Brindisi le due strutture, per veder riconosciuto il diritto a godere delle ferie maturate e non godute alle dipendenze della prima Asl (Roma).
Le Asl sollevano la questione dell’incompetenza per territorio del giudice adito e la competenza del Tribunale di Roma e contestano la pretesa della lavoratrice, cercando di far valere anche la prescrizione quinquennale del diritto.
Il Tribunale di Brindisi rigetta l’eccezione preliminare, dichiarandosi competente per territorio: per le controversie relative a rapporti di lavoro con la P.A., infatti, è competente il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto.
Il trasferimento per mobilità non produce novazione del rapporto di lavoro. Né può assumere rilevanza, tanto con riferimento alla competenza quanto al merito della controversia, la circostanza che le ferie oggetto del ricorso siano state maturate quando la lavoratrice era ancora alle dipendenze della Asl di Roma (tra il 2004 e il 2007): il trasferimento per mobilità interna, infatti, non comporta novazione del rapporto di lavoro, ma solo di sostituzione del datore di lavoro. Non si tratta di due distinti rapporti di lavoro ma di un unico rapporto nel quale si sono succeduti due datori, con il consenso di tutte le parti. La lavoratrice conserva tutti i diritti maturati prima del trasferimento, comprese le ferie non godute. Poiché non c’è novazione, la lavoratrice trasferita porta con sé tutti i diritti maturati presso il precedente datore di lavoro, comprese le ferie: ha diritto, quindi, ad usufruire presso la PA di destinazione delle ferie maturate e non godute presso la PA di provenienza. Il Tribunale rigetta anche l’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dalla convenuta, in quanto la ricorrente ha interrotto la decorrenza del termine, presentando una richiesta di godere le ferie in data giugno 2007.
Il Tribunale, infine, riconosce che il diritto alle ferie risulta provato, perché la ricorrente ha dimostrato i fatti costitutivi, producendo anche un documento con efficacia confessoria, in quanto proveniente direttamente dal datore di lavoro, nel quale veniva espressamente indicato che la lavoratrice ha maturato 33 giorni di ferie non godute nel periodo di riferimento. In accoglimento del ricorso, accerta il diritto a godere di 35 giorni complessivi di ferie maturate e non godute.
Lastampa.it – 16 febbraio 2012