Sono ore cruciali per la sanità veneta, che il nuovo piano sociosanitario si appresta a ridisegnare. Alla vigilia della seduta della V Commissione le voci si susseguono senza sosta. Tutte le ipotesi sul tavolo per ospedali e Usl in un articolo del Corriere del Veneto di oggi. Si parte con la «riorganizzazione della rete ospedaliera, riaggregando le strutture in modo tale da garantire efficienza, sicurezza per il cittadino e qualità professionale degli operatori sanitari». Il piano prevede inoltre «la riconversione di strutture ospedaliere dismesse, finalizzandole al potenziamento dei servizi territoriali», ma ogni operazione «presuppone un processo di concertazione con le amministrazioni locali». La base di partenza sono gli attuali 19.127 letti: il 20% va chiuso.
Come, dove e quando lo indicheranno le schede ospedaliere elaborate dalla segreteria della sanità e top secret, nonostante giovedì e venerdì la V commissione debba stabilire i criteri di riclassificazione dei nosocomi, in base all’urgenza- emergenza.
Cioè capire quali riconvertire, quali designare a due gambe per evitare doppioni e quali definire di rete o integrativi della stessa. Una prima traccia di lavoro c’è e salva una sola provincia: Treviso. Ma vediamo cosa potrebbe accadere nelle altre. A Belluno, già riconvertito in riabilitazione oncologica il presidio di Agordo, si punta a ridimensionare quello di Pieve di Cadore in punto di primosoccorso.
A Vicenza va ristrutturato l’ospedale di Asiago, riferimento per i turisti: la Regione ha già finanziato il restauro del Pronto soccorso. Thiene e Schio entro aprile si fonderanno nel nuovo polo di Santorso, così come dovrebbe accadere (ma i tempi sono incerti) per Arzignano e Montecchio Maggiore. In tale ottica Valdagno diverrebbe «centro spoke», realtà disegnate dal piano con bacino di 200 mila abitanti, Pronto soccorso, specialità di base (Chirurgia generale, Medicina interna, Oncologia, Cardiologia con Unità di terapia intensiva coronarica, Ostetricia-Ginecologia, Pediatria, Ortopedia, Terapia intensiva, Neurologia, Urologia), servizi di diagnosi e cura (laboratorio, Anatomia patologica, Radiologia, dialisi). Già ridimensionata, Noventa Vicentina avrà Riabilitazione e primo intervento: le nuove sale operatorie serviranno il San Bortolo.
A Venezia si preannunciano due battaglie durissime, perchè l’ideale sarebbe fondere i poli di Portogruaro e San Donà (ma gli abitanti sono pronti alle barricate), e quelli di Dolo e Mirano, distanti appena 7 chilometri. Diventerà ospedale di rete (in appoggio a quelli capoluogo, definiti «hub») il cittadino «Santi Giovanni e Paolo».
Passando a Padova, si fonderanno in un’unica realtà gli ospedali di Monselice ed Este, ma uguale ipotesi sarebbe allo studio per Camposampiero e Cittadella. Altra bella guerra in vista. Nella provincia di Rovigo invece si salva Trecenta, mentre si valuta se tenere l’ospedale di Adria o la convenzione con la casa di cura «Madonna della Salute» di Porto Viro, oppure creare un polo a due gambe con specialità diverse.
Ma la situazione più complessa riguarda il Veronese. L’ospedale di Bussolengo diventerà nodo di rete, cioè punto di primo intervento con bacino di 100 mila abitanti, oppure a due gambe con Villafranca, che tornerà a regime nel 2015, quando dovrà chiudere Isola della Scala. Già riconvertiti Marzana (Riabilitazione) e Caprino (ospedale di comunità destinato a trasformarsi in hospice), resta in piedi Malcesine, per la vittoria al Tar del Comune: riferimento nazionale per la cura della poliomelite (nel 2010 ha ricevuto 500 mila euro dallo Stato), sarà potenziato con la Riabilitazione. A Bovolone rimangono Day-Surgery e ambulatori, ma Medicina cederà il posto alla Riabilitazione, prevista anche per Zevio, a meno che non venga dismesso a beneficio di Bovolone. Infine Legnago passa a ospedale di rete e nel capoluogo Borgo Roma scenderà nel 2017 a 1300 letti (ora sono 1500), terrà alcuni reparti, i malati cronici, le lungodegenze e accoglierà le aule universitarie. Le altre équipe traslocheranno al Confortini. «Ogni passo sarà compiuto valutando le specificità del territorio, la viabilità, le condizioni strutturali dei presidi e la conformità alle norme antisismiche, oltre alla convenienza di mantenerli — spiega l’assessore alla Sanità, Luca Coletto —. Va analizzato lo sviluppo futuro, in termini urbanistici e di antropizzazione, e soprattutto si deve agire in accordo con gli enti locali».
Parallelamente è iniziato, in forma trasversale tra le varie forze politiche, il dibattito sull’opzione di ridurre il numero delle Usl, partendo con il metterne in comune gli Economati. Al governatore Luca Zaia non dispiacerebbe lasciarne 7 su 21, una per provincia, ma sembra la strada più difficile. Il piano individua tra i 200 mila e i 300 mila abitanti il bacino ideale per raggiungere le migliore performance perciò sarebbero condannate in 10: Belluno, Feltre, Bassano, Thiene, Arzignano, Chioggia, Este, Rovigo, Adria e Legnago.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 31 gennaio 2012