Stabilizzare i bilanci si deve. Lo afferma il governatore del Veneto, Luca Zaia in un’intervista a tutto campo sul sistema sanitario regionale uscita domenica sul Gazzettino. Alla vigilia dei lavori della V Commissione, chiamata ad esaminare il 2 e il 3 febbraio il nuovo Piano socio sanitario regionale per il triennio 2012-2014, il presidente del Veneto affronta molti temi, a partire dalle ventilate ipotesi di riduzione del numero delle Asl e di tagli agli ospedali. Per finire con il presunto “dualismo” tra l’assessore Coletto e il segretario Mantoan. «Accenderò la luce». Fu la prima frase che il neo governatore leghista Luca Zaia disse appena insediato a Palazzo Balbi quando gli venne chiesto come intendeva procedere in tema di sanità.
Non certo perché il sistema navigasse al buio, anzi. Fu il primo ad ammettere che il grado di professionalità e l’efficienza del “sistema sanitario veneto” fossero tra i migliori d’Italia, ma fu anche prudente nell’enunciare cosa realmente ci fosse da mettere in campo per tarare una macchina che i tagli romani, la crisi economica e le aumentate richieste di salute, stavano rendendo sempre meno governabile. Ma a ridosso del primo vagito del neo Piano socio sanitario il profilo di questa “nuova sanità” inizia a delinearsi.
Tagli da Roma, bilancio stretto e tanti sacrifici. E’ il futuro della sanità veneta?
“Non nego che fino a oggi quello che ci ha impegnato maggiormente sono stati i problemi di stabilizzazione del bilanci. Il Veneto continua a non mettere l’Irpef, incassiamo da Roma meno del previsto perché evidentemente ci sono regioni che devono essere aiutate, stiamo rateizzando un miliardo e 300 milioni per mancati accantonamenti. Eppure lo scorso anno abbiamo chiuso in attivo di 12 milioni e mezzo e quest’anno siamo su quella strada. E questo senza aver abbassato gli standard. Non dimentichiamo che il Veneto in qualità di prestazioni ha superato la virtuosa Lombardia e che dopo 16 anni ora arriva anche il Piano Socio Sanitario”.
Piano Socio Sanitario per tagli ad Asl e ospedali?
“La Regione Veneto ha dimostrato di avere il coraggio e la maturità di affrontare la stagione delle riforme. Da destra a sinistra hanno lavorato per rendere la macchina più efficiente e non si può non prendere in considerazione in questo processo di modernizzazione anche la sanità, che rappresenta l’80 per cento del bilancio regionale. Sono convinto che tutti i consiglieri e il presidente della V Commissione Padrin sappiano monitorare quale siano le virtuosità del Veneto e operare le giuste scelte”.
Quindi tagli?
“L’obiettivo è quello di dare ai cittadini il sistema di cura più efficiente. L’emergenza-urgenza deve essere vicina a casa, approfittando dei presidi che ci sono e investendo nei nuovi. Salvare la vita è il primo dovere che abbiamo. Sono convinto che i veneti abbiano la maturità per comprendere che non si può avere un ospedale generalista ogni pochi chilometri. Da Rocca Pietore a Badia Polesine l’accesso all’emergenza-urgenza deve essere uguale per tutti. Poi ci saranno i grossi poli per l’eccellenza dove si farà ricerca e innovazione”.
Quindi piccoli ospedali e pochi centri specializzati?
“Non lo dico io, ma gli esperti. Faccio un esempio per i parti. E’ meglio partorire dove c’è un neonatologo o una rianimazione pediatrica, o dove si fanno pochi parti l’anno?”.
Rete ospedaliera rivista. E le Asl?
“Personalmente vorrei l’Asl provinciale, quindi 7. Mi rendo conto che è la mia posizione, ma sono anche sicuro che il Consiglio regionale, la V. Commissione, abbiano il senso di responsabilità sufficiente per andare nella giusta direzione. Va valutata la sostenibilità provincia per provincia, si devono tenere conto delle specificità del territorio, devono essere attivati meccanismi di premialità per i più virtuosi. Oltre a questo vanno attivati assolutamente i costi standard”.
Meno posti letto?
“Noi dobbiamo fare quello che farebbe un medico: guardare i dati e agire di conseguenza, non è solo una questione di numeri. Se non facciamo noi le riforme, le farà il popolo. Si lavora per curare meglio, anche se all’inizio qualche scelta può sembrare poco popolare”.
C’è poi la grande battaglia alle liste d’attesa con tempi che rimangono ancora alti.
“Si è lavorato molto anche in questo campo, facendo un’operazione trasparenza. Direi che il nostro tallone d’Achille sta nella “prevenzione burocratica”. Il cittadino alla fine ripete sempre la stessa frase: “non mi hanno spiegato…” Questo non deve accadere. Dall’altro canto mi arrabbio quando vedo apparecchiature che lavorano tre ore al giorno”.
Quest’anno non potrete più pagare gli extra Lea (prestazioni non essenziali) con i soldi della sanità. Un crollo per il sociale?
“Gli extra Lea sono indicatori della civiltà di una regione. Li difenderemo con i denti anche se per noi sarà un salasso, senza introdurre l’Irpef e con un sistema che non ci premia. Ma il Veneto non torna indietro”.
Capitolo direttori generali: avete loro chiesto grandi sforzi e qualche poltrona è stata in bilico.
“Male non fare, paura non avere. Chi fa il suo dovere e si comporta con onestà e fa della professione una missione non ha nulla da temere. Alla fine noi chiediamo i risultati. Chi invece si chiama fuori da questa logica è nel posto sbagliato”.
Ospedale di Padova, altra grande partita. Si farà?
“Certo, Stiamo valutando sulla sostenibilità”.
Sarà un Project financing?
“Project è rapido, ma dal mio punto di vista ci sono altre strade. Se veramente ci fosse una riforma federalista, sarebbe diverso. Immaginiamo quanto sarebbe bello poter costruire un ospedale con i soldi dei nostri lavoratori, di tutti noi. Soldi che resterebbero al Veneto. Ma in un modo o nell’altro, lo faremo. A Padova policlinico di cura e ricerca, un’operazione da 650 milioni”.
L’assessore Coletto e il segretario Mantoan. Esiste un dualismo?
“Chiacchiere. Coletto è l’assessore, il mio primo collaboratore e ha la mia piena fiducia, come ho fiducia in Mantoan. La sanità è una squadra unita. E chi vuol fare confusione è fuori dalla squadra”.
Daniela Boresi – Il Gazzettino – 29 gennaio 2012