«La Conferenza delle Regioni fa rilevare che il sistema sanzionatorio delineato dallo schema di decreto legislativo non sembra essere effettivamente dissuasivo ed efficace contro le infrazioni gravi sulla pesca, così come previsto dai regolamenti Ue che mirano a costruire un sistema comunitario armonizzato di controlli e sanzioni per combattere la pesca illegale». Queste le parole con cui la Conferenza ha espresso, il 21 dicembre scorso, parere favorevole – fatto salvo il ripristino delle competenze regionali – allo schema legislativo sulle misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura. L’accoglimento, è specificato, alla luce della scadenza dei termini nazionali della delega e per non incorrere in ritardi nel recepimento della normativa comunitaria.
Il Cdm ha emanato poi il provvedimento a fine 2011, dopo che questo aveva ricevuto il parere del Consiglio di Stato, della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari.
A richiedere il riordino della materia con la predisposizione di un testo unico la legge Comunitaria 2009. Il testo, 28 articoli, è ripartito in tre titoli, attività di pesca e acquacoltura, apparato sanzionatorio e disposizioni finali. E se una parte del mondo della pesca ha salutato con favore misure che definiscono le diverse attività professionali e non del settore e introducono la figura del giovane imprenditore ittico, non ha gradito l’apparato sanzionatorio.
A scendere in campo, con critiche in tutt’altra direzione, anche il mondo ambientalista: «Con norme come queste sulla pesca illegale l’ Italia rischia multe da 120 milioni». In una nota diramata da Greenpeace, Legambiente, Marevivo e Coalizione Ocean 2012 negli ultimi giorni dell’anno ricordano che il decreto «aveva come obiettivo la creazione di un sistema sanzionatorio e di controlli per combattere efficacemente la pesca illegale, e come dicono i Regolamenti europei, puntando su infrazioni gravi a cui devono essere comminate sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive». Invece «il testo base presentato al Parlamento per il parere, mostra diversi punti di difformità dal dettato comunitario, sia per quanto riguarda la lista delle infrazioni gravi sia per quanto riguarda le sanzioni, insufficienti e certamente non dissuasive».
«Si parla, infatti, di sanzionare – spiegano le associazioni – alcune fattispecie gravi di infrazioni altamente impattanti e devastanti che causano grossi danni alle risorse come la pesca senza licenza, con attrezzi vietati, in tempi e zone vietate, a specie il cui contingente è esaurito, con una bassa sanzione amministrativa. Quando invece l’Unione europea ritiene che tali casi di pesca illegale siano così gravi da compromettere tutta la gestione della Politica Comune della Pesca». Nel passaggio in Parlamento, tutte le Commissioni competenti hanno sollevato dubbi sulla conformità del testo con le richieste comunitarie di inasprire in maniera significativa le sanzioni e hanno perciò rimandato al Governo pareri con osservazioni. Lo stesso ha fatto la Conferenza Stato-Regioni che ha riconosciuto l’inadeguatezza dell’impianto sanzionatorio del Decreto legislativo, invitando dunque il Governo a modificarlo. Ma le richieste delle une e dell’altra sono rimaste inascoltate. «Le misure inadeguate di questo decreto legislativo per l’Italia – – concludono le associazioni – rischiano di aprire un altro contenzioso con la Ue, nonostante la procedura d’infrazione sulla pesca illegale con le reti derivanti notificata dalla Commissione europea lo scorso settembre»
17 gennaio 2012 – riproduzione riservata