Problematiche analoghe ricorrono nei servizi svolti sul territorio. Questa sentenza della Cassazione, quindi, aldilà dello specifico caso, può rappresentare un interessante spunto per tante situazioni che ci riguardano. La Suprema Corte fornisce una precisa denìfinizione di viaggio comandato: è tale ogni ogni trasferimento inevitabile per l’organizzazione dei turni derivante da disposizioni aziendali. In altre parole, si ha viaggio comandato quando non vi è coincidenza tra il luogo di inizio e quello di cessazione del turno giornaliero, e tale circostanza è determinata da una necessità logistica aziendale e non, invece, da una scelta del dipendente. Seconda la sentenza 10020 del 2011 il lavoratore ha diritto alla retribuzione di metà del tempo che impiega per prendere servizio o per fare ritorno, quando il luogo di inizio e quello di fine turno sono distinti.
Il caso. Un lavoratore, conducente di linea presso una società di trasporti, chiede di calcolare come lavoro effettivo e retribuito la metà del tempo impiegato per recarsi sul luogo di presa di servizio o fare ritorno da quello di cessazione della giornata lavorativa, assumendo che, in ragione dei turni assegnati, raramente tali luoghi coincidono. La domanda è respinta in primo grado e accolta in appello. La società di trasporti propone ricorso per cassazione.
La Suprema Corte fornisce una precisa definizione di viaggio comandato: è tale ogni trasferimento inevitabile per l’organizzazione dei turni, derivante da disposizione aziendale. In altre parole, si ha viaggio comandato quando non vi è coincidenza tra il luogo di inizio e quello di cessazione del turno giornaliero, e tale circostanza è determinata da una necessità logistica aziendale e non, invece, da una scelta del dipendente.
Date queste premesse, il diritto all’attribuzione patrimoniale della metà del tempo che il lavoratore impiega nei viaggi comandati discende dall’oggettiva separazione dei luoghi di inizio e termine della giornata lavorativa, che è una circostanza indipendente dalla sua volontà e imposta dall’organizzazione aziendale.
La scelta, operata dal lavoratore, di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro, non incide in alcun modo sul fatto oggettivo della suddetta separazione dei luoghi, dal quale unicamente dipende il riconoscimento del diritto.
Tratto da lastampa.it – 16 ottobre 2011 – ripproduzione riservata