Prendete una confezione di wurstel e leggete gli ingredienti. In molti casi capita di trovare la scritta: “Carne separata meccanicamente”. Una dicitura che inquieta abbastanza, a dire il vero… Si tratta di un “impasto” ottenuto mediante un procedimento industriale che mira a recuperare la maggior quantità possibile di carne dalle ossa degli animali macellati (fino a qualche anno fa destinate alla discarica o alle aziende specializzate nella produzione di cibo per animali). Vedere le operazioni industriali su you tube è interessante, ma fa passare un pò l’appetito. Semplificando: le carcasse di pollo e le ossa carnose di suino o coniglio vengono raccolte e trasferite in una macchina che le spreme
Facendo uscire da una parte una “pasta” dal colore rosa e dall’altra le ossa sminuzzate e pressate.
A seconda del grado di pressione impiegato durante la lavorazione, si parla di carni separate meccanicamente ad “alta pressione” o a “bassa pressione”. Le prime, evidentemente, subiscono il trattamento più stressante, che altera profondamente le fibre muscolari, le seconde, invece, possono ancora assomigliare alla carne macinata.
Da qui la diversa destinazione fissata dalla legislazione europea. La carne ottenuta con alte pressioni si può usare per prodotti che verranno sottoposti a trattamento termico nello stabilimento (wurstel, piatti pronti a base di carni avicole o suine), mentre quella lavorata a bassa pressione si può usare anche in preparazioni crude da consumarsi previa cottura (hamburger di pollo o misti). Sono diversi anche i requisiti igienici richiesti: le carni a bassa pressione hanno standard microbiologici più severi e non devono contenere più di un certo quantitativo di calcio (spremendo le ossa parte del calcio finisce nella carne). Per quanto attiene l’etichettatura le regole sono uguali, bisogna specificare nell’elenco degli ingredienti la presenza e la percentuale di carni separate meccanicamente.
È facile intuire l’interesse economico intorno a questo nuovo ingrediente, che consente di recuperare grandi quantità di carne che altrimenti andrebbero perdute. In Europa si producono annualmente circa 700.000 tonnellate di carne separata meccanicamente, per un valore compreso tra 400 e 900 milioni di euro. Il 77% della produzione avviene ad alta pressione, il restante 23% a bassa pressione. Si tratta per lo più di carni avicole (88%) e in minima parte di carni suine (12%). Vige invece il divieto assoluto per le carni bovine, ovine e caprine dopo la vicenda della “mucca pazza”.
In Italia il settore è ancora relativamente poco sviluppato rispetto al giro di affari dei Paesi del nord Europa (notoriamente grandi consumatori di prodotti alimentari a base di carne lavorata). Ma l’interesse sta crescendo anche da noi e c’è chi avanza l’ipotesi di utilizzo in prodotti non soggetti a cottura come i salumi stagionati.
Per questo motivo lo scorso dicembre l’Unione europea ha presentato al Parlamento un documento “Sulla necessità e l’uso futuro di carne separata meccanicamente”, da cui emerge la necessità di definire «in modo migliore e armonizzato i prodotti che devono rientrare nella categoria ».
Secondo Giordano Iotti, medico veterinario dell’Azienda USL di Modena, intervenuto sull’argomento nel corso della Convention sulla sicurezza alimentare Sicura 2011, «il documento europeo evidenzia una certa ambiguità sulla definizione di carne separata meccanicamente nei diversi Stati. In alcune situazioni è possibile che quella a bassissima pressione venga usata per preparazioni crude al posto della carne macinata, senza dichiarazioni in etichetta. L’evoluzione tecnologica, con macchinari sempre più sofisticati, permette ormai di ottenere carne separata meccanicamente con un aspetto molto simile alla carne macinata. Questo vuol dire che la legislazione in materia risulta obsoleta». Inoltre, in Italia alcune aziende hanno cominciato a usare carne di suino solo da lavorazione a bassa pressione, perché le caratteristiche della fibra muscolare sono meno alterate e questo ne facilita l’impiego.
«Per tutte queste ragioni, oggi il criterio di discrimine tra alta pressione e a bassa pressione non è più significativo – prosegue Iotti -. La legislazione dovrebbe puntare decisamente sulla definizione chiara dei criteri qualitativi della carne separata meccanicamente: bisogna stabilire meglio le caratteristiche della materia prima, il grado di destrutturazione della fibra muscolare, la carica microbica massima e, soprattutto, la destinazione d’uso».
Cosa fare come consumatori? Da quanto detto emergono diverse criticità per la carne recuperata con questi nuovi metodi. Quando si acquistano wurstel, altri alimenti che contengono ripieni a base di carne (tortellini) o piatti pronti conviene sempre leggere l’elenco degli ingredienti sull’etichetta e preferire quelli che non usano carne separata meccanicamente.
E qui potremmo aprire un altro capitolo: quello delle irregolarità che in linea teorica sono possibili, perchè attualmente esistono grosse difficoltà a effettuare controlli. Spiega infatti Iotti: «Quando la carne separata meccanicamente è dichiarata in etichetta, possiamo stare tranquilli. Se invece non è dichiarata, è possibile che ne siano state usate comunque piccole quantità, visto che l’impiego del 20% di carne ottenuta da lavorazioni a bassa pressione non è rilevabile attraverso l’esame istologico». In questi casi il controllo può avvenire solo tramite i documenti: «Verificando quanta carne viene acquistata settimanalmente da un’azienda e controllando l’effettiva corrispondenza tra le quantità comprate e quelle dichiarate».
Ilfattoalimentare.it – 10 ottobre 2011