L’inflazione resta alta. Più che in Eurolandia. Non inganni la flessione dell’1,7% mensile dei prezzi nell’indice armonizzato, che ha portato l’inflazione annua – sempre calcolata con i metodi di Bruxelles – al 2,1% dal 3% del mese scorso: è l’effetto dei saldi, calcolati per la prima volta quest’anno. Non inganni nemmeno la frenata dei prezzi di Eurolandia, rallentati al 2,5% dal 2,7% di giugno: è in gran parte l’effetto proprio del dato dell’Italia (e di altri paesi dove le promozioni estive sono incisive) ed è quindi del tutto passeggero. A settembre, il rimbalzo sarà brusco.
Al di là delle variazioni mensili, l’inflazione italiana e quella europea resteranno superiore al tetto del 2% fissato dalla Bce, e non mancano analisti – come Fabio Fois di Barclays – che pensano a un rimbalzo della dinamica dei prezzi, nel nostro paese, fino al 3,2%, dopo la pausa estiva.
Per l’Italia è un male. Avere un’inflazione più elevata della media è, all’interno di un’Unione monetaria, qualcosa di simile a un apprezzamento del cambio, proprio mentre l’euro appare sopravvalutato (sicuramente in relazione alle condizioni della nostra economia). Un po’ di sollievo può dare la dinamica dei salari, più lenti (+1,8% a giugno) dei prezzi, ma solo se questo si trasforma in un incentivo – per lavoratori e imprese – ad aumentare la produttività (allo scopo di alzare gli stipendi senza contraccolpi) e non a tentare di recuperare il terreno perduto – il potere d’acquisto in calo – “a bocce ferme”.
Anche per questo motivo,la frenata dei prezzi non cambierà la politica monetaria: gli economisti si aspettano un nuovo rialzo dei tassi nel quarto trimestre, a dicembre o forse già a ottobre. La Banca centrale europea teme che l’inflazione faccia scattare adeguamenti salariali automatici (informali ma di ampia portata in Italia), che si concentrano soprattutto in gennaio. Senza contare il fatto che la quantità di moneta in circolazione – il livello, non la crescita, piuttosto anemica – turba i sogni dei banchieri centrali: temono che possa alterare la valutazione dei rischi, particolarmente importante in una fase di turbolenza dei mercati.
La stretta, inevitabilmete, si sommerà all’innalzamento degli spread di Italia e Spagna che, spiega una nota di Citigroup, «irrigidirà anche le condizioni finanziarie per i privati nei due paesi». Per i governi di Roma e Madrid, allora, è tempo di agire. Con rapidità e intelligenza.
Riccardo Sorrentino – Ilsole24ore.com – 30 luglio 2011