La Provincia di Verona blocca la pesca delle anguille, quelle di Brescia e quella di Trento, per adesso no. Ha del clamoroso l’ulteriore puntata di quella che è ormai una vera e propria «saga delle anguille», contaminate da diossine e policloribifenili. Se infatti il vicepresidente della Provincia di Verona, Fabio Venturi, proseguendo quanto aveva anticipato alcune settimane fa a «L’Arena» presenterà proprio oggi ai Palazzi Scaligeri il provvedimento di stop alla pesca dei pesci lacustri, il suo omologo di Brescia vuole invece ottenere chiarimenti dalla Regione Lombardia prima di adottare un simile provvedimento.
Da Trento, invece, per ora nessuna notizia sulle decisioni ma qui l’anguilla è praticamente inesistente, come pure i pescatori professionisti.
Aderendo a quanto avevano chiesto già da diverso tempo sia l’ittiologo provinciale di Verona, Ivano Confortini, che il Responsabile del servizio veterinario della Ulss 22, Alessandro Salvelli, l’assessore Venturi ha spinto per fare adottare, con un decreto firmato dal presidente Miozzi, il provvedimento di blocco della pesca all’anguilla. E stamane saranno resi noti i dettagli del documento. Invece l’omologo provinciale bresciano, Alessandro Sala, ha preso carta e penna e ha scritto sia all’assessore regionale alla sanità, Bresciani, che al sottosegretario alla salute, Francesca Martini.
L’esponente scaligera del Carroccio infatti, il 21 giugno scorso aveva chiarito che «le competenze per decidere il blocco della pesca delle anguille contaminate è delle Province. Con l’ordinanza del 17 maggio, il ministero ha bloccato per 12 mesi il consumo e il commercio, spetta ora alle Province fare provvedimenti che sospendano la pesca».
Con una missiva ministeriale datata 23 giugno, la Martini invitava inoltre tutti gli assessori provinciali e regionali di Brescia, Trento e Verona, «per garantire la massima sicurezza dei consumatori», «…a valutare l’opportunità di promuovere idonee disposizioni che prevedano specifici divieti di pesca limitati alle anguille, come da vostra specifica competenza. Provvedimenti integrativi della ordinanza ministeriale a livello locale tenderebbero a diffondere maggiore consapevolezza anche per chi cede pescato occasionalmente», concludeva la lettera.
A Brescia, però, la pensano diversamente e con una lettera del 28 giugno l’assessore Sala ha risposto alla Martini. «Pur nella piena disponibilità a collaborare con il ministero… mi corre l’obbligo di evidenziare come, in capo a questo assessorato, non vi sia la competenza di istituire divieti di pesca per ragioni di sanità e salute pubblica in quanto la legislazione regionale, in materia di pesca e di tutela della fauna ittica (Legge Regionale numero 31 del 5 dicembre 2008), non affronta tale materia». Conclusione: «Resta inteso che, se la Regione Lombardia, dovesse fornire indicazioni che consentano a questo assessorato di assumere legittimamente tale provvedimento, questa Provincia procederà come la Regione vorrà indicare».
Insomma: a Brescia non sono convinti di poter emanare autonomamente una ordinanza o un decreto per bloccare la pesca delle anguille e attendono lumi dal Pirellone. Ciò crea, per ora, una situazione davvero strana, se non anche incredibile. È chiaro infatti che un provvedimento valido solo su una delle sponde lacustri rischia di alimentare ulteriori problemi per i controlli che le Ulss e la Polizia provinciale devono fare su quanto si trova nelle barche dei pescatori. Come può fare chi controlla a sapere se una anguilla sia stata pescata nel Garda veronese, dove la pesca da oggi è vietata, o nella sponda bresciana o trentina dove, per il momento, non lo è? E ancora: le anguille contaminate si trovano su tutto il Garda, che senso ha non vietarne la pesca in Lombardia o in Trentino?
L’esponente scaligera del Carroccio infatti, il 21 giugno scorso aveva chiarito che «le competenze per decidere il blocco della pesca delle anguille contaminate è delle Province. Con l’ordinanza del 17 maggio, il ministero ha bloccato per 12 mesi il consumo e il commercio, spetta ora alle Province fare provvedimenti che sospendano la pesca».
Con una missiva ministeriale datata 23 giugno, la Martini invitava inoltre tutti gli assessori provinciali e regionali di Brescia, Trento e Verona, «per garantire la massima sicurezza dei consumatori», «…a valutare l’opportunità di promuovere idonee disposizioni che prevedano specifici divieti di pesca limitati alle anguille, come da vostra specifica competenza. Provvedimenti integrativi della ordinanza ministeriale a livello locale tenderebbero a diffondere maggiore consapevolezza anche per chi cede pescato occasionalmente», concludeva la lettera.
A Brescia, però, la pensano diversamente e con una lettera del 28 giugno l’assessore Sala ha risposto alla Martini. «Pur nella piena disponibilità a collaborare con il ministero… mi corre l’obbligo di evidenziare come, in capo a questo assessorato, non vi sia la competenza di istituire divieti di pesca per ragioni di sanità e salute pubblica in quanto la legislazione regionale, in materia di pesca e di tutela della fauna ittica (Legge Regionale numero 31 del 5 dicembre 2008), non affronta tale materia». Conclusione: «Resta inteso che, se la Regione Lombardia, dovesse fornire indicazioni che consentano a questo assessorato di assumere legittimamente tale provvedimento, questa Provincia procederà come la Regione vorrà indicare».
Insomma: a Brescia non sono convinti di poter emanare autonomamente una ordinanza o un decreto per bloccare la pesca delle anguille e attendono lumi dal Pirellone. Ciò crea, per ora, una situazione davvero strana, se non anche incredibile. È chiaro infatti che un provvedimento valido solo su una delle sponde lacustri rischia di alimentare ulteriori problemi per i controlli che le Ulss e la Polizia provinciale devono fare su quanto si trova nelle barche dei pescatori. Come può fare chi controlla a sapere se una anguilla sia stata pescata nel Garda veronese, dove la pesca da oggi è vietata, o nella sponda bresciana o trentina dove, per il momento, non lo è? E ancora: le anguille contaminate si trovano su tutto il Garda, che senso ha non vietarne la pesca in Lombardia o in Trentino?
L’Arena – 6 luglio 2011