La liberalizzazione delle professioni esce definitivamente dal decreto legge sulla manovra ma rischia di rientrare, sotto forma di proposta di legge delega concepita dal ministero dell’Economia, con effetti ben più dirompenti per Ordini e iscritti. Nonostante le rassicurazioni giunte ieri pomeriggio dall’entourage del Guardasigilli Angelino Alfano sullo stralcio definitivo delle norme di semplificazione sull’accesso agli Albi, ieri è circolata, negli ambienti ministeriali, una bozza di proposta di legge delega ben più articolata, esaminata in sede di preconsiglio, ma poi ufficialmente scomparsa dalla seduta-fiume di ieri a Palazzo Chigi.
Una delega che si spingerebbe ben oltre il “vituperato” decreto legge Bersani, prevedendo, ad esempio, per avvocati e commercialisti, l’accesso previo tirocinio, ma senza dover superare un esame di Stato. Inoltre, sempre per avvocati e commercialisti sarebbero soppresse le incompatibilità con lo svolgimento di attività commerciali e con la professione di giornalista professionista.
Il Governo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, sarebbe delegato ad adottare uno o più decreti, per vietare tariffe fisse o minime, ma anche la possibilità, per gli Ordini, di verificare la corrispondenza di un compenso richiesto al decoro professionale e all’importanza dell’opera (in coerenza con gli orientamenti dell’Authority Antitrust). Inoltre, far sì che gli stessi Ordini non possano vietare la pubblicità agli iscritti per ragioni di dignità e decoro professionale, valutando eventuali anomalie per casi concreti e motivati.
E ancora: la possibilità di costituire società professionali di capitali, oltre al fatto di far cadere ogni barriera di incompatibilità tra professionisti e loro esercizio di attività commerciali. Infine, andrebbero previste misure agevolative – già adottate, in realtà, da alcune Casse e Ordini – per sostenere la contribuzione previdenziale dei giovani e consentire di anticipare il tirocinio già in fase di studi universitari
Se, nel 2006, la prima “lenzuolata” dell’allora ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, per tre commi, aveva portato 50mila professionisti in piazza, l’ipotesi di delega andrebbe molto oltre le restrizioni all’accesso, prevedendo un forte ridimensionamento del potere di vigilanza e della stessa ragione d’essere degli Ordini professionali.
«Misure assurde, se realmente previste» per Claudio Siciliotti, presidente dei commercialisti, secondo il quale «pensare di concepire una semplificazione all’accesso per le sole due professioni già oggi più numerose (dopo i medici) non ha senso. Se passasse mai una misura del genere – ha affermato – ci tuteleremmo in tutte le sedi, a partire dalla Consulta, dato che l’esame di Stato è previsto dall’articolo 13 della Costituzione. Ma ho fiducia nel ministro Alfano».
«Se così fosse – ha sottolineato il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa – non solo si vanificherebbero anni di attività per migliorare la formazione e la qualità professionale degli avvocati, ma si rivoluzionerebbe dalle fondamenta un sistema che già ora è gravemente carente. Non “troppi avvocati” ma “tutti avvocati”. L’articolo 33 della Costituzione sarebbe clamorosamente violato».
Prudente, infine, Marina Calderone, presidente del Cup (il Comitato unitario delle libere professioni) e dei consulenti del lavoro, che alla vigilia del Consiglio dei ministri, aveva scritto un duro appello al Guardasigilli per lo stralcio del “pacchetto” professionale dalla manovra: «Confidiamo nelle rassicurazioni forniteci dall’entourage del ministro Alfano e chiederemo chiarimenti».
Ilsole24ore.com – 1 luglio 2011