Abbiamo finito le scorte. Ci siamo mangiati l’ultimo pesce preso in Italia il 30 aprile e da ieri portiamo a tavola pesce importato. L’intera Europa consumerà la propria produzione ittica entro il 2 luglio, giorno in cui scatterà la dipendenza dagli altri mercati. Il calcolo è stato fatto dalla Nef (New Economics Foundation), che si definisce un “think-and-do tank”, un gruppo indipendente di ricerca e azione che studia il reale benessere economico dei vari Paesi. E la stima viene elaborata in base a una simulazione statistica: ogni anno si calcola la capacità produttiva dei mari dei vari Paesi europei e la si confronta con i consumi di pesce negli stessi Paesi.
Il risultato è sconfortante. Dal 2000 la differenza tra la ricchezza dei mari e il prelievo è diventata sempre maggiore, il deficit alimentare è cresciuto senza sosta. Ogni anno i nostri mari si impoveriscono rispetto all’anno precedente e il Fish Dependence Day, il giorno in cui finisce l’autosufficienza alimentare per il pesce, si anticipa. Ecco i dati relativi ad altri Paesi: in Spagna il pesce autoctono si esaurisce l’8 maggio; in Portogallo il 26 aprile; in Francia il 13 giugno; in Germania il 27 aprile; nel Regno Unito il 16 luglio. L’unico paese quasi in pareggio è la Svezia, autosufficiente fino al 30 dicembre.
Gli effetti del sovrasfruttamento degli stock ittici europei sono mascherati dall’aumento delle importazioni di pesce proveniente da altri mari. Ma il dato di fondo – si osserva nel rapporto – è che lo sviluppo dell’acquacoltura non è riuscito a bloccare la crescente dipendenza dal pesce importato Ogni anno i nostri mari si impoveriscono rispetto all’anno precedente.
“Le catture sono in declino e gli studiosi avvertono che il 54% dei 46 stock ittici del Mediterraneo esaminati sono sovrasfruttati”, dichiara Aniol Esteban di Nef/Ocean2012 e coautore del rapporto. “Gli italiani consumano la stessa quantità di pesce del 1999 ma poiché le catture sono molto diminuite hanno bisogno di importare il 37 per cento di pesce in più”.
Nell’Unione europea, che vanta alcune delle più potenti flotte di pesca del mondo, le catture sono diminuite del 2 per cento l’anno dal 1993. I consumi invece sono cresciuti: tra il 1960 e il 2007 il consumo di pesce mondiale è quasi raddoppiato passando da 9 a 17 chili pro capite l’anno e in Europa si arriva a 22 chili. Secondo la Banca Mondiale le perdite economiche determinate, a livello globale, dall’eccesso di pesca, ammontano a 50 miliardi di dollari l’anno.
Repubblica.it – 2 maggio 2011
Pesca, Coldiretti: serve il fermo per salvare il prodotto italiano (-50%)
Fermo pesca di quattro mesi per la fascia costiera e blocco dell’attività delle imprese per 30 o 60 giorni, per invertire una tendenza che nei primi mesi dell’anno ha visto crollare la produzione ittica (-50 per cento), tanto che dal prossimo 30 aprile l’Italia dipenderà sempre di più dalle importazioni di pesce straniero.
E’ la proposta di Coldiretti ImpresaPesca dopo l’allarme lanciato dal dossier “Fish Dependence Day” presentato da Nef (New Economics Foundation) e Ocean2012, secondo il quale il calo della produzione a livello nazionale ed europeo porterà il nostro Paese a dover acquistare sempre più prodotto dagli altri paesi. Dal 2000, secondo quanto si legge nello studio, la differenza tra la ricchezza dei mari e il prelievo è diventata sempre maggiore e il deficit alimentare è cresciuto senza sosta.
Il risultato è che, secondo il rapporto, il 54% dei 46 stock ittici del Mediterraneo esaminati è sovra sfruttato, tanto che le catture sono diminuite. E, visto che gli italiani consumano la stessa quantità di pesce del 1999, c’è bisogno di importare il 37 per cento in più di prodotto estero.
Dal 30 aprile, secondo il “Fish dependance day” finirà dunque l’autosufficienza alimentare per il pesce, in anticipo rispetto agli altri stati europei (in Spagna il pesce autoctono si esaurirà l’8 maggio; in Portogallo il 26 aprile; in Francia il 13 giugno; in Germania il 27 aprile; nel Regno Unito il 16 luglio), mentre a livello comunitario la data indicata è quella del 2 luglio.
“Lo sforzo messo in atto negli ultimi 20 anni dai sistemi a traino ha superato la capacità di tenuta dell’ecosistema ed è ora di ripensare politiche e regole a partire dal centro e nord Adriatico – spiega Tonino Giardini, presidente di Coldiretti ImpresaPesca -. Serve un provvedimento d’urgenza per fermare la pesca dal 1° giugno al 30 settembre che preveda la tutela della ristretta fascia costiera fino a 6 miglia, abbinato a un blocco delle attività delle imprese di pesca, almeno in Adriatico, per 30 o 60 giorni in base alla disponibilità economica”.
Dopo il fermo, Coldiretti ImpresaPesca ritiene necessaria una ripartenza graduale per evitare un depauperamento veloce delle risorse, vanificando gli effetti positivi della pausa e distruggendo i prezzi sul mercato. Dall’autunno, in particolare, occorrerebbe poi effettuare una riduzione da 5 a 4 giornate settimanali per i sistemi a traino.
Serve inoltre creare un distretto di gestione, a partire dal centro Adriatico, per fare in modo che gli areali del Nord possano essere gestiti in maniera differente, con la riduzione dei tempi di pesca ma anche con l’ottenimento di deroghe almeno per quel segmento di flotta con una bassa potenza motore”.
“Solo richiamandoci a un senso etico della pesca – sottolinea Giardini – potremo essere ascoltati e la nostra attività condivisa e sostenuta dal cittadino e dal consumatore, e questo potrà avvenire, come è avvenuto in agricoltura, sposando politiche che tutti comprendono, che non siano vocate solo al profitto, in barba ad una corretta gestione del mare”.
Ilpuntocoldiretti – 2 maggio 2011