Un comparto in piena ripresa quello avicolo che ha superato con decisione l’allarme e la crisi di qualche anno fa. A questa ripresa hanno concorso in modo determinante i continui e capillari controlli ufficiali dei servizi veterinari che hanno rassicurato i consumatori e che rappresentano una garanzia della salubrità della produzione avicola. E quindi costituiscono un valore aggiunto per le imprese. Il sistema italiano dei controlli, affidato ai veterinari del Ssn, è un fattore decisivo per la competitività sui mercati e una risorsa per l’agroalimentare italiano. Mettere a rischio questo modello, magari a vantaggio di visioni nordeuropee meno rigorose della nostra, rappresenterebbe non solo un rischio reale per la salute pubblica ma anche un forte handicap in termini di immagine qualitativa per la produzione italiana.
Le prestazioni veterinarie concorrono, quindi, alla determinazione del reddito delle imprese, anche se spesso i loro costi sono vissuti come un inutile e oneroso balzello. Per questo motivo ci auguriamo che vengano risolte al più presto le questioni legate all’applicazione del decreto 194 sulle modalità di rifinanziamento dei controlli sanitari ufficiali e sulle tariffe delle prestazioni veterinarie. Di seguito l’articolo dell’Arena sui dati resi noti da Una.
«Il Veneto si conferma determinante con 25mila addetti su un totale nazionale di 80mila. A Verona gli occupati sono oltre 5.000 tra diretti e indiretti. Nel 2010 consumo da record per il pollo a 12 chili a testa Il pollo fa sorridere l’avicoltura italiana: nel 2010 la produzione è aumentata del 5,2%, l’esportazione del 40,9% e le quantità avviate al consumo interno del 2,7%. Il consumo per abitante ha segnato il record di 11,96 chilogrammi. Lo rende noto l’Una, Unione nazionale dell’avicoltura, www.unionenazionaleavicoltura.it, presentando i dati dell’annata avicola 2010.
Nel 2005, «anno dell’influenza aviaria mediatica», sottolinea un comunicato dell’associazione, di pollo se ne erano consumati 9,80 chili a testa. Da allora, i consumi sono aumentati del 22,04%. La produzione nazionale di carni di pollame nel 2010 ha toccato quota 1.221.700 tonnellate (+2% rispetto al 2009); il consumo totale si è collocato a 1.125.200 tonnellate (+0,6% rispetto al 2009), pari a 18,58 chili per abitante. E se il 2010, come precisa l’Una , può essere considerato l’anno del pollo, non lo è stato altrettanto per il tacchino che ha perduto sia in produzione (-4,58%) sia nei consumi (-5,25).
Per quanto riguarda le uova da consumo, il processo di adeguamento degli allevamenti alla normativa europea sul benessere delle galline ovaiole ha determinato una flessione delle quantità prodotte (-2,06%) mentre i consumi evidenziano una riduzione dell’1,27%. Scende leggermente la produzione di uova: nel 2010 ne sono state prodotte 12 miliardi e 824 milioni contro i 13 miliardi e 84 milioni del 2009 (-2,06%), mentre è stabile il consumo con 12 miliardi e 901,5 milioni di uova, contro i 12 miliardi e 901,5 milioni del 2009 (-1,27%). Il consumo medio per abitante nel 2010 è di 210 uova, contro le 215 del 2009. Sono proprio le famiglie quelle che hanno acquistato la quota maggioritaria (il 64%), pari a 135 uova. Le restanti 75 uova, sono state consumate sotto forma di pasta, dolci e preparazioni alimentari varie.
Dal 2000 a oggi, prosegue l’Una, il fatturato del settore, tenuto conto del tasso cumulato di inflazione 2000/2010 (pari al 22,5%), è rimasto sostanzialmente invariato.
«Prosegue senza battute d’arresto la ripresa del settore avicolo iniziata nel 2007 e consolidatasi nei due anni successivi», commenta Aldo Muraro, presidente dell’Una «Per il 2011 le produzioni avicole dovrebbero assestarsi su valori prossimi a quelli del 2010. Tuttavia», precisa Muraro, «l’anno di è aperto all’insegna delle preoccupazioni per la crescita del prezzo delle materie prime cerealicole la cui corsa al rialzo continuerà almeno fino all’estate quando, si spera, si potrà contare su raccolti più abbondanti dello scorso anno. Sul fronte della redditività si nutrono quindi preoccupazioni stanti le difficoltà a trasferire sui prezzi di vendita l’aumento dei costi di produzione». Sul fronte redditività il quadro offerto dai prodotti avicoli, rileva l’Una, è relativamente positivo. Mentre i costi sono aumentati del 5%, i prezzi, nella media generale dell’avicoltura, sono rimasti allineati a quelli del 2009.
«Il Veneto e Verona sono le zone maggiormente significative nell’ambito del bilancio nazionale dell’avicoltura e hanno contribuito in maniera determinante alla ripresa di un settore», precisa Muraro, «che impiega 80mila persone a livello nazionale, circa 25 mila tra dirette e indirette nel Veneto e 5.000 nella provincia di Verona». Ed è anche a Verona che ha le radici, frutto dell’evoluzione della tradizione agricola, un’industria avicola nazionale, prima con la società Pollo Arena, e attualmente con il Gruppo Veronesi maggiore rappresentante con una ricaduta sul territorio che supera i 250 milioni di euro».
testi: rp-cfo e larena.it (30 aprile 2011) – © Riproduzione riservata