Nei giorni scorsi, in occasione della fiera Apimell, nella sala convegni della fiera di Piacenza si sono svolti una serie di congressi organizzati dalle maggiori associazioni di apicoltori. Abbiamo scelto di partecipare per la prima volta al convegno della associazione Anai, l’ultima nata tra le più rappresentative a livello nazionale, per capire in che modo venissero interpretate e affrontate le molteplici problematiche inerenti il comparto. E ci siamo accorti che nella trattazione di questi importanti tematiche era del tutto assente la “voce” della veterinaria pubblica. Anzi, secondo alcuni relatori, i medici veterinari che operano in ambito apistico sono figure “tollerate e sopportate” perchè svolgono attività obbigatorie di controllo. Ma andiamo con ordine.
Il convegno è iniziato con una introduzione del dottor Ilari della redazione della rivista Apitalia nella quale, oltre ad altre valutazioni, quella che ci ha più colpiti riguardava il fatto che la legge prevede che nel miele, alimento consumato in media per circa 400 grammi procapite dalla popolazione italiana, i residui di antibiotici devono essere pari a 0, mentre nel latte o nella carne, consumati in quantità ben maggiori, vengono tollerati limiti anche di venti/trenta volte superiori. Ilari si è dimenticato di informare i numerosi presenti che gli antibiotici in apicoltura non sono consentiti anche se vengono tollerati nei mieli residui sino a 5 microgrammi/Kg.
Successivamente è intervenuto il presidente di Anai, Sergio D’Agostino che ha parlato dell’arrivo di nuovi parassiti di piante nettarifere (eucalipto e castagno) che a breve creeranno problemi per la produzione dei rispettivi mieli uniflorali e ha esposto l’attività sua e della associazione che rappresenta.
Il dottor Ballavanti ha successivamente parlato del diffuso inquinamento ambientale e del conseguente rischio di inquinamento chimico dei prodotti dell’alveare anche dipendenti da alcune tecniche apistiche (il cloroformio nel miele può essere riscontrato in seguito a errate disinfezioni dei materiali con ipoclorito).
I signori Martellini e Capis hanno esposto un caso pratico di inquinamento di propoli e di altri prodotti dell’alveare forse giustificabile dal fatto che le api erano andate ad abbeverarsi su liquami provenienti da allevamenti intensivi dove gli animali erano stati trattati con antibiotici. Per avvalorare questa tesi hanno presentato una prova di campo effettuata in collaborazione con l’IZS di Brescia: la mancanza descrizione del protocollo operativo e dei dati sperimentali ottenuti non hanno convinto la platea sull’attendibilità delle conclusioni che sono sembrate un po’ “affrettate”. Pertanto si resta in attesa della pubblicazione del lavoro scientifico.
Il dottor Mortarino, docente della facoltà di Veterinaria di Milano (parassitologia) ha parlato
del nuovo progetto denominato Stranova , che interesserà la Regione Lombardia e nel quale verranno effettuati controlli, sperimentazioni, ricerche, per evidenziare (cercandone se possibile le soluzioni) le cause di mortalità delle api.
Quindi l’apicoltore toscano Gualdani ha fatto alcune valutazioni sul nuovo farmaco Apibioxal e sulle difficoltà in ambito sanitario in cui si dibattono gli apicoltori in questo momento storico. Ha concluso il suo intervento chiedendo che qualche veterinario ASL indichi a tutti gli apicoltori un trattamento antivarroa molto efficace, facile da applicare e poco costoso.
Infine un altro apicoltore laziale, D’Angeli, ha parlato dell’importanza dell’avvio dei giovani all’apicoltura partendo da una approfondita educazione scolastica.
A questo punto sono doverose alcune considerazioni personali.
Durante il convegno alcuni relatori, più volte, hanno descritto i medici veterinari che operano in ambito apistico come figure “tollerate e sopportate” dalla maggioranza degli apicoltori. Inoltre che le attività obbligatorie di controllo, da parte dei funzionari pubblici, sono viste dagli operatori del settore come vessazioni.
Molte valutazioni sono sembrate superficiali, errate o fuorvianti. Ad esempio si è detto che in Italia non esistono Regioni nelle quali vengano emanati piani di controllo della varroasi annuali, che gli apicoltori devono arrangiarsi da soli e non possono chiedere assistenza ai servizi veterinari pubblici, che l’inquinamento generalizzato dell’ambiente è la causa della presenza di residui di antibiotici nel miele, che la sperimentazione del farmaco Apibioxal è stata pagata praticamente dagli apicoltori, ecc..
Nella relazione sul progetto Stranova non si è parlato di coinvolgere i veterinari pubblici, responsabili secondo normativa del controllo delle sperimentazioni sul territorio, ripetendo il medesimo errore fatto con Apenet, con la differenza che quest’ultimo progetto era a livello nazionale.
Per fortuna qualcuno della platea ha fatto presente che a quel convegno mancava la rappresentanza della veterinaria pubblica ed il presidente D’Agostino ha promesso che il prossimo anno le cose cambieranno… Speriamo.
Gianluigi Bressan – Giulio Loglio
22 marzo 2011 – © Riproduzione riservata