Lavoro frenetico nel cantiere del federalismo regionale. I tecnici del governo si sono impegnati anche ieri fino a tarda sera per apportare le ultime limature al testo che sarà depositato oggi sotto forma di parere di maggioranza. Due le modifiche più rilevanti: un assegno da 300 milioni per le regioni a ristoro (parziale) dei tagli al trasporto pubblico locale; lo slittamento al decreto successivo del premio da 213 milioni per le regioni benchmark che mettano un freno agli acquisti al ribasso di beni e servizi. Novità che non incidono però sul cuore del quinto decreto attuativo della riforma federale. Su Irpef, Irap e sanità resta confermato l’impianto anticipato dal Sole 24 Ore di ieri.
Già da quest’anno i governatori potranno tornare a muovere l’addizionale Irpef in su o in giù dello 0,5 per cento. Ferma restando una parte fissa dello 0,9% (che tale resterà fino alla determinazione attesa entro un anno), da qui al 2013, ogni regione potrà decidere di portarla all’1,4% su tutti gli scaglioni d’imposta. Per poi salire, dal 2014 e solo sui redditi da 28mila euro in su, al 2% e, dal 2015, al 3 per cento. Anche l’ultima bozza conferma la possibilità di introdurre detrazioni regionali per la famiglia cumulabili con quelle nazionali e blocca il tetto all’1,4% per chi ha già ridotto l’Irap. Dal 2013, infatti, i presidenti di regione potrebbero abbassare fino a zero il tributo che grava sulle attività produttive e apportare deduzioni di tipo territoriale. Allo stesso modo chi ha già alzato l’addizionale Irpef oltre l’1,4% non potrà diminuire l’Irap.
Completano il set di risorse regionali tutta una serie di ex prelievi erariali minori (come la tassa di abilitazione professionale e l’imposta sui canoni di concessione del demanio marittimo) e la compartecipazione all’Iva territoriale che fino al 2012 resterà ai livelli attuali (44,7%) mentre dall’anno seguente sarà ricalcolata. L’Iva presa a riferimento sarà quella del quadro Vt delle dichiarazioni. A cui si aggiungeranno quella immobiliare, calcolata sul luogo di ubicazione dell’immobile, e quella versata da Pa e onlus. In aggiunta – per finanziare al 100% prima gli obiettivi di servizio e poi i livelli essenziali delle prestazioni (lep) in sanità, istruzione, assistenza e trasporto locale – i governatori potranno contare sui proventi dell’evasione fiscale e sulle quote del fondo perequativo che inizierà a operare nel 2013. Mandando in pensione definitivamente i trasferimenti statali.
Passando ai cambiamenti dell’ultim’ora, spicca sicuramente l’assegnazione di 300 milioni alle regioni per compensare la sforbiciata del 2011 al trasporto locale. Una novità che farà felici i governatori ma che risulta inferiore di oltre 100 milioni a quella concordata con l’esecutivo il 16 dicembre scorso. Quanto alla spesa sanitaria, vanno registrate una new entry, un rinvio al decreto su premi e sanzioni e una modifica in bilico. Il rinvio riguarda il bonus complessivo da 213 milioni per le regioni benchmark e per quelle che faranno più controlli su ricoveri, acquisti di beni e servizi e specialistica ambulatoriale (su cui si veda anche l’articolo in basso).
La new entry conferma invece la volontà di rimuovere le carenze infrastrutturali locali che fanno crescere i costi sanitari. Il gap inevitabilmente riguarda il sud – e in genere zone montane o isole minori, ma non solo – che potrebbero recuperare parte delle risorse che reclamano col riparto delle risorse sanitarie, visto che gli attuali indici non vengono toccati. Le carenze infrastrutturali saranno valutate con indicatori socio-economici (da costruire) e in particolare con l’«indice di deprivazione». Anche se – a scanso di pressing eccessivi a caccia di finanziamenti – si terrà conto della «complementarietà» con gli interventi per ammodernare l’edilizia sanitaria che proprio al sud da oltre 20 anni sono spesso rimasti al palo: prima di tutto si dovrà dar fondo alle risorse nei cassetti e ai progetti colpevolmente al palo.
In bilico resta infine la stretta per l’acquisto di beni e servizi. Da una formulazione minuziosa per arrivare a prezzi di riferimento quasi voce per voce, si è scelto ora nella bozza di parere del relatore di maggioranza di chiedere al governo di «valutare» se introdurre più puntuali verifiche e monitoraggi dei prezzi di riferimento per l’acquisto di prestazioni e beni sanitari «valorizzando la responsabilizzazione» degli amministratori. Starà al governo decidere se tornare alla stretta che già era stata messa nero su bianco.
Il Sole 24 Ore – 18 marzo 2011
Acquisti al ribasso di Asl e ospedali, arriva la stretta
Uso dell’indice di deprivazione per superare i gap infrastrutturali nell’accesso ai servizi sanitari. Premio di 100 milioni da dividere tra le 3 regioni benchmark. E giro di vite per gli acquisti sopra le righe: dalle siringhe alle Tac, dai telefoni ai servizi di lavanderia, dalle auto blu agli impianti o alla gestione del riscaldamento, del gas e dell’acqua. Tutte le spese per beni e prestazioni dei servizi sanitari e non di asl e ospedali finiranno sotto la lente degli sprechi da azzerare. Per acquistare al meglio, come le regioni benchmark. E senza più differenze anche in una stessa regione. Con una tagliola già pronta: l’obbligo di segnalare alla Corte dei conti gli acquisti fuori ordinanza superiori ai futuri prezzi di riferimento.
Fin qui più che altro minacciata come ipotetico risultato dei costi standard sanitari figli del federalismo fiscale che sarà, è ora scritta nero su bianco la stretta per razionalizzare le spese sopra le righe – o peggio – nella sanità pubblica. La novità arriva dal nuovo testo del governo su cui è in corso la mediazione con l’opposizione per cercare di arrivare la settimana prossima a un parere condiviso sullo schema di decreto. E sulla sanità sembra che l’accordo ormai sia vicino.
Con un risultato ormai dato per scontato: se i costi standard scattassero subito, le tre regioni di riferimento sarebbero Lombardia (nord), Toscana (centro Italia) e Basilicata (sud). Anche se i tarocchi del benchmark li leggeremo solo nel 2013 sulla base dei bilanci 2011.
D’altra parte il nuovo testo riserva non poche novità al capitolo sanità. Anche facendo comparire in qualche modo l’indice di deprivazione tanto caro al sud. Per ora c’è la conferma che le 3 regioni benchmark saranno pescate in una rosa di cinque con i conti a posto, che saranno di ognuna delle tre aree del paese e che non dovranno essere sotto piano di rientro. Per il sud e per tutte le aree territoriali in difficoltà (come zone di montagna o piccole isole) si prevedono «specifici interventi straordinari» (leggi: fondi) per rimuovere le carenze infrastrutturali che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie: per calcolare le «carenze» si ricorrerà a «specifici indicatori socio-economici» e in particolare proprio a quell’indice di deprivazione che il sud vorrebbe come criterio di riparto dei fondi.
Come dire: almeno un riconoscimento del problema sollevato dai governatori del mezzogiorno in maniera bipartisan. Anche se poi non mancano i premi alle regioni con le carte dell’assistenza e dei bilanci in regola. Tra le regioni benchmark per determinare i fabbisogni standard sarà assegnato ogni anno lo 0,1% del fondo sanitario, poco più di 100 milioni. La stessa cifra andrà tra chi ha creato centrali d’acquisto e aggiudicazioni gare per l’acquisto di beni e servizi per almeno 300 milioni, ha controllato le schede di dimissione dopo il ricovero e ha verificato almeno i 3% delle pratiche di specialistica ambulatoriale verificando la correttezza di ricette e prestazioni.
L’Istat intanto curerà «rilevazione ed elaborazione» dei prezzi di riferimento «alle condizioni di maggiore efficienza» di beni, prestazioni e servizi sanitari e non che saranno individuati dall’Agenas. Per beni e servizi non legati alle prestazioni sanitarie i prezzi di riferimento dovranno tener conto «dei prezzi più bassi» applicati nelle regioni benchmark e dei listini all’interno delle stesse regioni. Se gli acquisti supereranno i prezzi di riferimenti per gli amministratori scatterà l’obbligo di segnalare i casi alla Corte dei conti. Con tutte le conseguenze erariali del caso.
di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore- 17 marzo 2011)