Il Pdl non si opporrà al commissariamento «pilotato» della sanità veneta escogitato dal governatore Zaia per ripianare i conti in rosso e rastrellare nuove risorse mediante l’addizionale Irpef. Il veto iniziale – dettato dal rifiuto dell’inasprimento fiscale in coerenza con l’abolizione dell’imposta regionale voluta da Giancarlo Galan nell’ultimo anno di mandato – è caduto davanti alla promessa di un congruo numero di poltrone: quelle dei direttori generali di Usl e Aziende, che saranno automaticamente azzerate dalla procedura commissariale e – attraverso le nuove nomine – ripartite nella percentuale del 55% alla Lega e del 45% ai berlusconiani.
L’accordo è stato raggiunto mertedì scorso, nel corso di un incontro ristretto che ha preceduto la seduta di giunta. A riferirlo è il Mattino di Padova. Le opposizioni attaccano.
Poltrone Usl: 55% alla Lega, 45% al Pdl
La Nuova Venezia 12 gennaio 2011
Il Pdl non si opporrà al commissariamento «pilotato» della sanità veneta escogitato dal governatore Zaia per ripianare i conti in rosso e rastrellare nuove risorse mediante l’addizionale Irpef. Il veto iniziale – dettato dal rifiuto dell’inasprimento fiscale in coerenza con l’abolizione dell’imposta regionale sul reddito sancita da Giancarlo Galan nell’ultimo anno di mandato – è caduto davanti alla promessa di un congruo numero di poltrone: quelle dei direttori generali di Usl e Aziende, che saranno automaticamente azzerate dalla procedura commissariale e – attraverso le nuove nomine – ripartite nella percentuale del 55% alla Lega e del 45% ai berlusconiani. L’accordo è stato raggiunto in mattinata, nel corso di un incontro ristretto che ha preceduto la seduta di giunta.
Intorno al tavolo, Luca Zaia, il numero due di Palazzo Balbi Marino Zorzato, il capogruppo del Carroccio Federico Caner e l’omologo pidiellino Dario Bond accompagnato – per l’occasione – dal vice Piergiorgio Cortellazzo esponente dell’ala An del partito, e dal consigliere Carlo Alberto Tesserin, presidente della commissione Statuto. Senza troppi preamboli Zaia ha riassunto i termini della questione, ribadendo la sua strategia d’intervento. In sintesi: i conti della sanità 2010 si annunciano in profondo rosso con un “buco” stimato intorno ai 900 milioni. Ad acuire il disavanzo “fisiologico” (oscillante intorno 130 milioni e tamponando ogni anno dalla Regione con risorse proprie), tre fattori concomitanti: il mancato introito dell’Irpef, i tagli al Fondo sanitario nazionale e l’aumento dei trasferimenti dello Stato limitato all’1% per volontà di Tremonti, con riduzione reale del potere di spesa stimato in 400 milioni. L’effetto combinato si è rivelato insostenibile, vanificando anche i risparmi – 70,80 milioni – architettati nei mesi precedenti dallo “zar” della sanità nostrana, Domenico Mantoan.
L’unica strada per evitare un taglio doloroso dei servizi, ha concluso Zaia, è ampliare le entrate con il tacito assenso del ministero dell’Economia. Escluso l’aumento del ticket (sgradito e poco efficace) l’obiettivo può essere conseguito attraverso il commissariamento che imporrà la reintroduzione dell’addizionale all’aliquota massima (0,9%) per ogni fascia di reddito e per l’intera durata del piano di rientro triennale dal debito. Il gettito conseguente si aggirerà intorno a 1,2 miliardi, un tesoretto insperato. Già. Ma perché il Pdl, che ha fatto della «no tax» una bandiera elettorale, dovrebbe condividere l’impopolarità di una stangata fiscale a tutto beneficio dell’alleato-rivale “padano”? Il motivo di annida tra i paragrafi del Patto per la Salute, che è legge dello Stato e prevede, simultaneamente alla nomina del commissario ad acta dotato di poteri straordinari – nella persona di Zaia – la decadenza immediata dall’incarico dei direttori generali, amministrativi e sanitari. Con facoltà di nominare i nuovi manager. L’offerta di Zaia agli alleati: ridisegnare la mappa dei vertici della sanità con una suddivisione delle poltrone – 55% al Carroccio, 45% al Pdl – che rispecchi le rispettive quote di consensi elettorali. Obiezione: l’organigramma attuale privilegia largamente il partito di Berlusconi, perché accettarne una ridefinizione al ribasso? La ragione, oltre che nel mutato equilibrio in seno all’alleanza dopo il sorpasso alle urne del 28 marzo, è tutta interna al centrodestra.
I manager attuali, in buona parte, sono espressione del potere galaniano e riflettono una stagione che vedeva l’attuale ministro saldamente al timone degli azzurri. Non è più così. Perché in seno a giunta e gruppo consiliare, la componente “sacconiana” si è consolidata proprio a scapito di Galan che ora, tra i fedelissimi, conta Isi Coppola, Renato Chisso e pochi altri. Mentre sale l’insofferenza verso Zorzato che, nella duplice veste di vice governatore e vice coordinatore pidiellino, è giudicato troppo remissivo nei confronti dello straripante governatore. Comprensibile, allora, l’ansia dei post-galaniani di ritagliarsi una fetta della torta – quella sanitaria – che vale una decina di miliardi e calamita l’80% del bilancio regionale. Tant’è. L’accordo è stato raggiunto e il copione è noto. Certifica, definitivamente, l’epilogo dell’era Galan e lo smantellamento del sistema di consenso costruito in quindici anni di governo del Veneto. Così la Lega canta vittoria, et pour cause, mentre il Pdl si consola con l’imminente scorpacciata di nomine, rassegnato, a quanto pare, al ruolo di satellite.
Patto sui direttori generali nervi già tesi
La Nuova Venezia – 13 gennaio 2011
VENEZIA. Mattinata campale, con i leader leghisti e pidiellini tempestati dalle chiamate dei manager delle aziende sanitarie. Toni allarmati, richiesta di chiarimenti e un punto di domanda prevalente: quali criteri ispireranno la girandola di poltrone che, a fine aprile, muterà radicalmente l’assetto di vertice delle Usl venete? In altre parole, quanti tra i 24 direttori generali conserveranno l’incarico? Chi e perché sarà costretto a sgombrare la scrivania? Negli standard di valutazione prevarrà la competenza tecnica o l’appartenenza politica? Inquietudine legittima, alla luce dell’accordo di massima sulla futura spartizione delle nomine raggiunto tra Lega e Pdl e anticipato dal nostro giornale. Non si tratta di un’intesa definitiva, ma la percentuale ipotizzata in un incontro ristretto a Palazzo Balbi – 55% al Carroccio e 45% ai berlusconiani – appare realistica. In giornata, ha trovato conferma ufficiosa da più fonti, né viene smentita in modo sostanziale dalle parti. Silenziosa la Lega, è il Popolo delle Libertà a commentare la notizia, escludendo che la “ripartizione” dei nuovi direttori generali includa un via libera al commissariamento della sanità con conseguente applicazione dell’Irpef regionale (abolita da Galan nell’ultimo scorcio di mandato) con aliquota massima su tutti i redditi. «Mai e poi mai appoggeremo la reintroduzione dell’addizionale e a maggior ragione la reintroduzione di tale imposta in una forma indiscriminata che colpisce anche i redditi più bassi. La nostra posizione è categorica», affermano Dario Bond e Piergiorgio Cortellazzo, capogruppo e vice dei pidiellini in consiglio regionale.
Circa il commissariamento “pilotato” dal governatore Zaia, Bond aggiunge: «Non siamo così certi che debba avvenire. Altre regioni lo scorso anno sono riuscite a bypassare l’ostacolo; non vogliamo essere sottoposti a questa prova del nove del modello della sanità per l’intera nazione. Anche perché, dati alla mano, prima del Veneto dovrebbero essere commissariate chissà quante altre regioni. Bisogna invece lavorare ancora sul risparmio, su tagli da applicare con intelligenza e capacità: un lavoro del genere compiuto nei primi tre mesi dell’anno porta successivamente a riscontri positivi di bilancio». «Sì, martedì abbiamo avuto un incontro col presidente Zaia» fa eco Cortellazzo «ma abbiamo parlato di altro: di crono-programma dei lavori, di bilancio di previsione e finanziaria regionale. E sicuramente non abbiamo dato il via libera all’addizionale Irpef. Vista la situazione, che preoccupa, dico con lealtà: stiamo attenti a non ispirare il commissariamento, perché poi potrebbe diventare più difficile intervenire con le contromisure adatte».
Chi non ha dubbi, è l’opposizione democratica a Palazzo Ferro Fini. «Leggo i retroscena di un accordo Lega-Pdl per la spartizione delle poltrone dei direttori generali delle Usl», commenta il capogruppo Laura Puppato «se questo scenario dovesse concretizzarsi, ci troveremmo di fronte ad un’evidenza, ovvero che in Veneto il potere viene gestito in maniera sporca, superando di gran lunga il peggio della tanto vituperata Prima Repubblica. Sarebbe il degno epilogo di una politica fallimentare del centrodestra: incapace di risolvere i problemi dei veneti, usa i voti dei cittadini per autoappaltarsi cariche e nomine, fuori da ogni logica meritocratica». Dura anche l’Udc: «L’aumento dell’addizionale Irpef, che la giunta Zaia si appresta a varare, è sicuramente un vero e proprio salasso per i tanti veneti raggelati da una crisi economica infinita», dichiara il consigliere regionale Stefano Valdegamberi «quanto al Pdl, è bastato l’accordo sulle nomine dei direttori Usl a trasformare il suo urlo antitasse in un rassegnato belato». Il centrista annuncia battaglia: «Faremo le barricate contro l’Irpef, in un momento come questo le fasce deboli della popolazione hanno bisogno di ossigeno, non del colpo di grazia».