Una settimana fa ho scritto all’assessore alla salute, Luca Coletto, e al direttore del Dipartimento di prevenzione, Giovanna Frison, per chiedere linee guida su come le Ulss venete debbano comportarsi di fronte alle richieste dati indirizzate nei giorni scorsi dalla Lav ai Dipartimenti di prevenzione. Quando ho inviato la nota ai vertici della sanità regionale non avevo ancora avuto modo di vedere una richiesta dati della Lav del 4 gennaio 2011, sugli allevamenti degli animali da pelliccia, ma solo una precedente sulle “morti” dei bovini del 7 dicembre 2010. Dirò subito che, se davanti alla prima istanza dell’associazione le mie perplessità erano molteplici, di fronte a quella seguente, che chiede alle Ulss documentazione sugli allevamenti degli animali da pelliccia, ho provato addirittura incredulità.
La Lav cita gli articoli 22 e seguenti della legge 241 del 1990 e sostiene di avere un interesse diretto, concreto e attuale e quindi rilevante ad accedere agli atti, in quanto svolge un’attività di tutela degli animali, prevista per statuto.
Ma l’articolo 22, comma 1, lettera b) della legge 241 regola il diritto all’accesso ai dati dalla pubblica amministrazione in base a “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Appare subito evidente che la Lav non ha un interesse diretto collegato al documento chiesto, ma solo un interesse diffuso in quanto associazione genericamente a tutela di tutti gli animali.
Quello della Lav appare, anche e soprattutto, come un tentativo di esercitare “un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”. Condizione chiara di non ammissibilità all’accesso agli atti, ai sensi dell’articolo 24, comma 3 della 241.
Se poi analizziamo la richiesta documentazione per gli allevamenti degli animali da pelliccia, c’è di più e c’è da rimanere increduli. La Lav vuole sapere informazioni dettagliatissime: nome e ubicazione di ogni azienda zootecnica. E poi dati sugli animali presenti, sui riproduttori, sui cuccioli. Evidentemente alla Lav non hanno letto bene gli articoli 22 e seguente della 241. Diversamente saprebbero che, in base all’articolo 24, comma 6, lettera d) della legge in questione, dando risposta alla loro richiesta si concretizzerebbe una lesione ingiustificata del diritto alla “riservatezza di persone giuridiche, imprese, con particolare riferimento agli interessi industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”.
A margine, una nota. Nella mia lettera ai vertici regionali avevo ricordato anche che i veterinari pubblici non sono autorizzati alla divulgazione di dati sulla propria attività istituzionale. Disposizioni delle direzione Ulss venete cui noi, dipendenti del Ssn, ci siamo sempre attenuti. Anche se, va detto per inciso, siamo convinti che rendere pubblici la mole e i risultati del nostro lavoro, nei modi adeguati e nel rispetto della privacy, avrebbe il vantaggio di rassicurare l’opinione pubblica, con dati puntuali e correttamente interpretati. Invece la comunicazione delle emergenze, anche da parte dello stesso ministero, non viene, nei fatti, affidata alla sanità pubblica, il cui ruolo viene minimizzato.
Così noi, in nome di un malinteso senso della privacy e della necessità di non creare allarmismi (!?), siamo costretti, paradossalmente, a fingere quasi di non esistere. Poi però ci arrivano richieste come questa della Lega anti vivisezione, cui dovremmo comunicare addirittura dati sensibili. Vorremmo capire dove portano queste logiche.
Roberto Poggiani
segretario SIVeMP Veneto