Il divieto di assunzione per gli enti che non rispettano il patto di stabilità si estende anche ai casi di mobilità in entrata. È questa la conclusione delle sezioni riunite della Corte dei conti in sede di controllo contenute nella deliberazione n. 53/Contr/2010. Negli ultimi anni la mobilità è stata al centro di diverse analisi a seconda della dimensione demografica degli enti locali. Da una parte si trovano gli enti non assoggettati a patto di stabilità che hanno avuto interpretazioni differenti da parte delle sezioni regionali di controllo sul considerare o meno la mobilità tra le cessazioni al fine di poter assumere dall’esterno.
Il problema non si pone però per gli enti sopra i 5mila abitanti; questi ultimi applicano infatti il comma 557 della Finanziaria 2007 che non prevede delle limitazioni alle assunzioni, ma solo l’obbligo di contenere la spesa di personale entro il risultato raggiunto nell’anno precedente.
Pertanto la questione su come considerare la mobilità, assunzione e cessazione, potrebbe costituire un falso problema. A meno che l’ente non abbia rispettato il patto di stabilità. In questo caso infatti scatta la sanzione prevista all’articolo 76, comma 4, del Dl 112/2008 convertito dalla legge 133/2008: in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nell’esercizio precedente è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale. Si tratta di una delle sanzioni più forti del nostro ordinamento tenuto conto che il divieto si estende anche alla possibilità di stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della norma. Va inoltre ricordato che con la deliberazione n. 605/2009 la Corte dei conti della Lombardia aveva affermato che la sanzione scatta fin dall’anno in corso quando il comune è a conoscenza che non rispetterà il patto fin da subito. La stessa sanzione è inoltre prevista anche in caso di mancato rispetto delle disposizioni sul contenimento della spesa di personale a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 78/2010.
Unico spiraglio alla morsa particolarmente rigida imposta dal legislatore potrebbe quindi essere l’utilizzo della mobilità, la quale, se attuata contemporaneamente in entrata e in uscita, potrebbe apparire neutra per il contenimento della spesa e quindi scampare al divieto.
Non a caso il comune richiedente il parere faceva leva sulla deliberazione n. 21/2010 della sezione autonomie della Corte dei conti nella quale era tra l’altro indicato che la mobilità non genera alcuna variazione della spesa complessiva e quindi l’operazione è neutra per la finanza pubblica.
Il fatto è che nel tempo il concetto di “divieto di assunzione” per chi non rispetta il patto è stato esteso a un più ampio principio di obbligo a carico degli enti di ridurre la spesa di personale. In tale ottica quindi la natura sanzionatoria ha il fine di colpire direttamente l’ente interessato così da indurlo a non adottare alcuna scelta di incremento della spesa quale potrebbe essere la mobilità in entrata. Le conclusioni da parte delle sezioni riunite sono quindi inevitabili: il divieto di assunzione per chi non rispetta il patto di stabilità è assolutamente strumentale alla realizzazione dei risparmi di spesa previsti dall’articolo 1, comma 557, della finanziaria 2007 e pertanto la sanzione si estende al caso della mobilità. Da ultimo, vale la pena di richiamare anche l’articolo 1, comma 47, della Finanziaria 2005, il quale, pur legittimando i trasferimenti dei dipendenti nelle amministrazioni assoggettati ai limiti per le assunzioni, di fatto crea un blocco per gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità.
ilsole24ore.com
29 novembre 2010